La Pasqua, Notre-Dame e le altre chiese da salvare
Vandalismi, attacchi, trasformazioni. In Francia ma non solo. “Non possiamo abbandonare il nostro patrimonio cristiano”. A colloquio con Besançon, Scruton, Delsol e Millet dopo il rogo della cattedrale di Parigi
Prima la basilica di Saint-Denis, dove sono sepolti i re di Francia. Poi la chiesa di Saint-Sulpice, il più importante luogo di culto cattolico di Parigi, dove sono stati battezzati il marchese de Sade e Baudelaire, dove un grande come Huysmans ha ambientato una parte del “L’abisso” e Delacroix ha dipinto la “Lotta di Giacobbe con l’angelo”. Infine, un altro tesoro della cultura giudeo-cristiana europea, la grande cattedrale di Notre-Dame.
Nell’ultimo mese, delle tre principali chiese di Parigi, le prime due sono state vandalizzate, la terza è andata a fuoco per un incidente. Rémi Brague, il medievista della Sorbona, sul Point ha definito il rogo di Notre-Dame “un po’ il nostro 11 settembre”. Il governo francese segue la pista dell’incidente. “Spero che questa non sia una notizia falsa”, dice al Foglio Chantal Delsol, filosofa francese. “Se è un incidente, si potrebbe pensare che i servizi statali non siano abbastanza vigili. Alcune persone pensano sia così. Se crediamo nel destino o nella provvidenza, possiamo pensare che Notre-Dame sia il simbolo di una caduta interiore, anche una punizione per la chiesa dei Borgia che abbiamo in questo momento…”. Certo, gli attacchi alle chiese da mesi si ripetono, nel silenzio pubblico. “Perché il cattolicesimo, essendo un colpevole storico, non può essere vittima allo stesso tempo, o non merita di lamentarsi, c’è un’idea inconscia per cui ‘se la sono cercata’”, continua Delsol. “Questa cristianofobia è una vendetta storica. I cattolici non saranno mai abbastanza indeboliti”. La Francia è stanca di difendere e preservare la propria identità? “Le reazioni dopo il rogo di Notre-Dame mostrano che la difesa dell’identità è ancora viva e vegeta. C’è una grande distanza tra le élite politiche e i media, che sono multiculturali e mirano all’astrazione e alla grande massa di cittadini”.
“Se crediamo nel destino, Notre-Dame è il simbolo di una caduta interiore e una punizione per la chiesa dei Borgia di oggi” (Delsol)
“Il rogo della cattedrale è stato una mutilazione, per un giorno intero non sono stato in grado di parlare” (Besançon)
Quando si parla di attacchi alle chiese cristiane in Francia si pensa subito al martirio di Jacques Hamel e alla strage al mercatino di Natale di Strasburgo. C’è però anche una aggressione “bianca”, che non fa vittime, ma che lentamente sta cambiando il paesaggio culturale. Le cifre ufficiali del ministero degli Interni parlano di 875 chiese vandalizzate in Francia soltanto l’anno scorso. In tutto il paese, decine di chiese sono date alle fiamme o hanno visto le vetrate rotte, le porte spezzate, le statue rovesciate, le ostie a terra e anche le pareti imbrattate di escrementi. La deputata repubblicana Valerie Boyer ha dichiarato: “Ogni giorno, almeno due chiese sono profanate”. Il Service central de renseignement criminel della gendarmeria parla di quasi tre atti di vandalismo anticristiano (2,75) al giorno. Due attacchi anche dopo Notre-Dame, nella Loira e nella Mosella.
Cinquantatré furono gli attacchi ai luoghi di culto cristiani censiti in Francia nel 2008 dal ministero degli Interni. Sono stati 1.057 nel 2016, un aumento del 690 per cento in otto anni. E’ quello che si chiama “una tendenza”. Soltanto fra il 28 gennaio e il 10 febbraio scorso sono state prese di mira almeno nove chiese. E’ stata saccheggiata la chiesa di Notre-Dame des Enfants, a Nimés, e hanno usato degli escrementi per disegnare una croce su un muro; delle ostie consacrate sono state ritrovate all’esterno della chiesa, in un bidone della spazzatura. A febbraio, la chiesa di Saint-Nicolas, a Houillesée, è stata attaccata per tre volte: una croce appesa a un muro è stata gettata sul pavimento e una statua del XIX secolo della Vergine Maria è stata “letteralmente polverizzata”, secondo un sacerdote, con un danno considerato “irreparabile”. Vandali hanno profanato e distrutto croci e statue nella cattedrale di Saint-Alain, a Lavour, e hanno mutilato le braccia di una statua di Gesù in croce. Inoltre, una tovaglia dell’altare è stata bruciata.
I vescovi tendono a minimizzare la portata di questo capillare vandalismo. La Conferenza episcopale non si espone e il suo portavoce, monsignor Olivier Ribadeau Dumas, si è limitato a pubblicare questo messaggio su Twitter: “Chiese bruciate, saccheggiate, profanate. Non possiamo mai abituarci al fatto che questi luoghi di pace siano preda della violenza”. I deputati repubblicani Annie Genevard e Philippe Gosselin hanno appena chiesto una inchiesta parlamentare per capire meglio la natura e le motivazioni di questi atti anticristiani.
“Di tanto in tanto rimango sull’isola in città, in un appartamento che mi presta un amico”, ci racconta il filosofo inglese Roger Scruton. “Dalla finestra della cucina posso vedere sui tetti le torri solenni di Notre-Dame. La più bella è la guglia, c’è una leggerezza e una umiltà in questa freccia che non ha mai cessato di affascinarmi. Questa è la promessa fatta dall’angelo, posta in cima al tetto: Notre-Dame resusciterà. Risorgerà perché è il cuore di una città, unica tra tutte le capitali della terra, che è sempre rimasta se stessa, dai tempi in cui era l’anima spirituale dell’Europa agli sconvolgimenti presenti, e ricorda ancora al nostro continente devastato questa eredità spirituale che non deve morire”.
E poi ci sono le chiese in vendita. Come un’affascinante cappella nota a tutti gli amanti di Etretat (Senna marittima). Dalla metà del XIX secolo, questa cappella si trova di fronte al mare, in cima alle famose scogliere. Distrutta dai tedeschi nel 1942, ricostruita dopo la guerra, Notre-Dame-de-la-Garde ha resistito a molte tempeste. Ma non al languore. Questo edificio spettacolare è in vendita per 280 mila euro. “Sormontata da una lastra ricoperta di ardesia e facciate in pietra, decorata con gargoyle con testa di pesce”, dice l’annuncio, che non passa inosservato.
Ogni anno, una ventina di chiese sono oggetto di un “decreto di sconsacrazione”, secondo la terminologia ecclesiale. In breve: sono riportate a stato laicale prima di essere vendute e convertite. Béatrice de Andia, fondatrice nel 2006 dell’Osservatorio del patrimonio religioso, ha scritto che “per la prima volta distruggiamo dei luoghi di culto senza causa apparente, lasciando al loro posto dei parcheggi, ristoranti, boutique, piazze con giardini pubblici, abitazioni. Il messaggio di tali demolizioni è chiaro: il religioso, il sacro, il patrimonio, il ‘non redditizio’ deve farsi da parte di fronte al presente e alle sue esigenze. I distruttori passano per dei bravi gestori”.
Come biasimare le diocesi e le autorità pubbliche se le chiese sono ormai inservibili e costose? Eppure, le immagini delle ruspe restano indelebili. Lo storico dell’arte Didier Rykner, che dirige la rivista Tribune de l’Art, ha scritto che “è dalla Seconda guerra mondiale che non vedevamo chiese ridotte in macerie”. Un sindaco a Suze-la-Rousse che sta vendendo la vecchia cappella gotica Bon Coin, la popolazione che si mobilita ad Andigné (Maine-et-Loire) per salvare la chiesa minacciata di demolizione da parte del comune, l’altare della chiesa di Saint-Roch a Nizza di nuovo bruciata, la cappella del Convento delle Clarisse a Rennes trasformata in una palestra, la cappella del convento di Charity-Notre-Dame che diventa un’agenzia Axa. E poi ancora la chiesa di Saint-Jean-de-la-Rive a Graulhet (Tarn) diventata una moschea, l’antica chiesa Saint-Christophe de Meaux trasformata in locale, un hotel a Poitiers, una discoteca ad Angers, un negozio di mobili a Nantes, un centro culturale a Tourcoing, una sala da concerto a Hirson.
Poi ci sono le chiese demolite. Secondo l’Observatoire du Patrimoine Religieux, al 31 gennaio 2019 in Francia sono state demolite 44 chiese cattoliche. E fra il 5 e il 10 per cento del patrimonio religioso francese potrebbe essere perso entro il 2030. Tre demolizioni si sono verificate di recente. Due a Brest lo scorso settembre: la chiesa Saint-Yves, a Bellevue, e la cappella Saint-Paul, distretto di Saint-Marc. La terza è in corso vicino a Crozon. Si tratta della cappella di Notre-Dame-de-Gwel-Mor. Rémi Perrin, economo della diocesi di Quimper, spiega: “Quando prendiamo la decisione di demolire, in realtà guardiamo se ci sono chiese nelle vicinanze. Se prendiamo il caso della chiesa di Quizac, a Brest, un’altra già esisteva nello stesso distretto. Quarant’anni fa, entrambi gli edifici venivano riempiti durante le messe. Oggi ce n’era uno di troppo…”. O come la cappella del seminario di Quimper, che era diventata deserta a causa della fine delle vocazione e dei seminaristi. Prezzo, 798 mila euro. Quest’autunno, la chiesa di Sainte-Famille a Roubaix è stata venduta a una società immobiliare. Prima deve essere rasa al suolo. Una costruzione tirata su in tre mesi, tra aprile e giugno 1949, al tempo del boom industriale e demografico del distretto di Oran-Cartigny, a Roubaix. Nelle stesse ore, i quasi 450 metri quadrati di vetrate e soffitti alti della chiesa di Saint-Jules di Longwy finivano in vendita per 190 mila euro. Sono passati due anni da quando questa chiesa, costruita nel 1911, è permanentemente chiusa. “Dieci, quindici anni fa, c’erano 250 fedeli alla messa domenicale”, ricorda Robert Marchal, l’ex vicario episcopale. Ma negli ultimi anni c’erano solo una ventina di persone mentre si stava accumulando il costo dei lavori di manutenzione. La diocesi di Nancy ha deciso di separarsi. A Clairmarais nel Pas-de-Calais, la cappella di San Bernardo, di proprietà della diocesi e costruita nel 1878, è stata completamente rasa al suolo due anni fa, per far posto a un parcheggio.
“E’ la promessa fatta dall’angelo in cima al tetto: Notre-Dame resusciterà. Questa eredità spirituale non deve morire” (Scruton)
“La cristianofobia è odio di sé in un contesto postmoderno di narcisismo ed edonismo. Il re oggi è il sesso” (Millet)
Per le comunità e le congregazioni religiose, è grande la tentazione di vendere questi beni a investitori privati, francesi o stranieri. Ci sono stati non meno di quaranta edifici religiosi sul mercato durante l’estate 2017. Secondo l’Osservatorio, una ventina di chiese sono vendute ogni anno in Francia. Entro il 2030, non meno di cinquemila edifici religiosi potrebbero finire sul mercato immobiliare. Parlando dalle colonne di La Croix dopo il rogo a Notre Dame, il presidente del consiglio scientifico dell’Istituto nazionale del patrimonio, Jean-Michel Leniaud, denuncia una “lugubre mutilazione della storia del nostro paese. Questo disastro è una responsabilità collettiva. Questo fuoco mostra la nostra miseria e la nostra debolezza”.
“Il rogo a Notre-Dame è uno dei tanti segni della fine dell’Europa, tutti lo capiscono in questo modo”, dice al Foglio Richard Millet, che fu cacciato come editor dalla celebre casa editrice Gallimard dopo aver pubblicato un saggio controverso sulla strage di Utoya, e che da allora si è imposto nel panorama culturale francese come saggista e romanziere. “Ci ricorda anche che l’Europa è un affare spirituale. Siamo in pochi ad aver davvero pianto e pregato affinché tutto non bruciasse. Ma anche la Notre-Dame di Victor Hugo ha bruciato a lungo: i francesi non sono più in grado di leggere un libro del genere”.
Gli attacchi alle chiese aumentano. “La Francia è venduta agli arabi. Preferisce risolvere la questione dell“islam francese’. La cristianofobia è odio di sé in un contesto postmoderno di narcisismo ed edonismo. I giovani francesi sono ufficialmente istruiti a non credersi francesi ma europei, nel senso dell’Unione europea, non di Thomas Mann o di Pasolini. Qui viene insegnato che parlare dell’identità è di estrema destra”. Millet non crede ai discorsi sul paese che si riscopre cattolico di fronte alle fiamme di Notre-Dame. “Siamo piuttosto felici qui per l’agonia della chiesa. Il sesso è re. La chiesa non può fare nulla contro l’ideologia della liberazione della morale. Il testo di Benedetto XVI sul Sessantotto è illeggibile per un cattolico ordinario… Intanto, il fuoco di Notre-Dame è uno spettacolo planetario”.
Altrettanto pessimista il grande storico Alain Besançon, studioso di Russia e dal 1996 membro dell’Accademia di scienze morali e politiche, dove ha preso il posto del filosofo Jean Guitton. “Il rogo di Notre-Dame è stato una mutilazione, per un giorno intero non sono stato in grado di parlare”, dice Besançon al Foglio. “Non sappiamo ancora se sia stato doloso o meno e se anche fosse negligenza, sarebbe terribile. Tutte le chiese di Parigi sono infatti in uno stato pietoso. Dopo il Concilio Vaticano II qui c’è stata una totale mancanza di pensiero e la bellezza cattolica è stata saccheggiata e distrutta. Ora dicono che Notre-Dame sarà ricostruita, ma io forse morirò prima, senza poterla rivedere”.
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