Discutere sull'eresia papale
Il documento antiereticale, adversus haereses, ha un segno per così dire tremendo, ma in direzione canonica e non apocalittica. Non è una cenciata di tradizionalisti o sedevacantisti fanatizzati da ostracizzare e delegittimare
Io accuso il Papa di essere un eretico, delitto canonico. Cioè uno che mette in dubbio o nega la verità di fede fondata sulla divina rivelazione cristiana, in aspetti essenziali, con pertinacia, costanza, coerenza, consapevolezza, in parole e opere. Faccio appello ai successori degli apostoli, ai vescovi, affinché lo inducano al mea culpa o, in alternativa, lo separino dalla chiesa, lo considerino deposto. Accipicchia. Il documento dei teologi, filosofi, canonisti e altri uomini di chiesa e di pensiero non è cosa di tutti i giorni. E non è una cenciata di tradizionalisti o sedevacantisti fanatizzati, un foglio di ciclostile online nel circuito delle lotte di potere vaticane. Lo ha firmato tra gli altri un domenicano di Cambridge, Aidan Nichols, un settantenne piuttosto rispettato nella sua figura e nell’abito tradizionale, lana bianca cotta di lino e cappa nera, teologo ai Blackfriars, priorato fondato nel 1238. Di Nichols avevo letto una breve monografia sulla teologia di Ratzinger, aperta da un lungo prologo di geografia storica bavarese (Ratzinger è bavarese) tutto incentrato sul profilo speciale del casato reale dei Wittelsbach, la più antica dinastia d’Europa, per dire di uno studioso e della sua non banale curiositas antropologica, uno che connette la storia e il carattere di una dinastia con la struttura e lo sviluppo di una teologia.
Il documento antiereticale, adversus haereses, ha un segno per così dire tremendo, ma in direzione canonica e non apocalittica (Francesco è un Papa che ha sbroccato, non necessariamente un Anticristo). E’ ben scritto, chiaro anche per i profani, e segue uno schema apodittico, nei due sensi possibili e ambiguamente compresenti del termine: (a) giudizio dimostrativo logicamente fondato, (b) enunciato di assoluta evidenza al di là di ogni dubbio. Leggendolo e rileggendolo, in base ai riferimenti di dottrina della fede, sembra di essere tornati ai tempi del Concilio di Trento della riforma cattolica o controriforma (seconda metà del Cinquecento), se non di san Paolo (Primo secolo dell’èra cristiana). Avete presente la procedura, il tono dogmatico e inquisitoriale, sia detto in senso storico e senza il sovraccarico oggi negativo legato ai due termini? Cose così: chiunque affermi questo e questo – e segue la delineazione precisa di una proposizione eretica – anathema sit. Per il nostro saltabeccante e indulgente relativismo culturale, una bella lezione in contraddittorio. Ci sono parole, affermazioni, che valgono la loro stessa condanna; almeno per chi intende custodire un deposito di fede nella tradizione. Il mondo certo va in tutt’altra direzione e da parecchio, quella del libero pensiero e dell’esperimento sensibile, ma vedere all’opera nel presente una rigorosa lingua delle definizioni e della loro congruità rispetto ai misteri e alle certezze della fede, devo dire, è emozionante come una riscoperta.
L’informazione di regime, e anche il Vaticano è a suo modo un regime, ha voluto minimizzare per ostracizzare, per delegittimare, per evitare di discutere con chi accusa il Papa di eresia. Allo scopo, ci ha comunicato che i cacciatori di eresia sono i soliti bacchettoni, incapaci di capire il valore pastorale della scelta indulgente, misericordiosa, di Francesco in materia di morale, e in particolare di morale matrimoniale e sessuale (chi sono io per giudicare?). Dicono i portavoce del Papa, e tra loro fior di giornalisti laici, che questi bigotti sono ossessionati dal sesso, e perciò non capiscono quanto sia importante integrare appieno nella chiesa, eucaristia compresa, fedeli che vivono per svariati motivi in stato adulterino rispetto a un matrimonio canonico e sacramentale fallito, e altri fedeli che si uniscono in coppie omosessuali, e varie altre schiere di pansessualisti fuori dal matrimonio, insomma non capiscono il famoso testo papale della Amoris laetitia, seguito come esortazione apostolica a due drammatici sinodi su famiglia, matrimonio e sesso in cui la chiesa si è divisa, voto contro voto, su tali spinose questioni.
Ci torneremo in una seconda puntata, anche con l’aiuto di un celebre conte russo, ma intanto andiamo al dunque. Il Papa è accusato di eresia per aver predicato sette proposizioni, innanzitutto.
Prima proposizione. Se hai la grazia che ti giustifica, che ti salva, puoi però non avere la forza di rispettare i comandamenti, la legge divina, perché la grazia da sola, in un individuo, non ha invariabilmente e per sua natura la forza sufficiente a produrre la sua conversione da seri peccati.
Seconda proposizione. Un credente cristiano può conoscere la legge e volontariamente violarla in questione seria, senza per questo risultare in peccato mortale.
Terza proposizione. Ubbidendo alla legge, è possibile che una persona pecchi contro Dio in virtù di quella stessa obbedienza.
Quarta proposizione. In coscienza puoi giudicare come moralmente giusto, o perfino comandato da Dio, un insieme di atti sessuali tra persone che sono civilmente sposate, nonostante che una di loro o entrambi siano sacramentalmente sposate con altra persona.
Quinta proposizione. E’ falso che gli unici atti sessuali moralmente giusti siano quelli tra marito e moglie.
Sesta proposizione. La legge divina e naturale non dètta proibizioni assolute in relazione a certi tipi di azione che sono intrinsecamente trasgressive per il loro stesso oggetto.
Settima e ultima proposizione. Dio non solo permette, ma vuole che esistano un pluralismo e una diversità delle religioni, cristiane e non cristiane.
Come vedete, solo la quarta e la quinta proposizione incriminate per eresia riguardano direttamente il sesso e il matrimonio e l’adulterio. La prima, la seconda, la terza, la sesta e la settima hanno un altro oggetto, non riguardano direttamente la pastorale matrimoniale o la morale sessuale, bensì il centro della questione teologica che separa un cattolico da un protestante. Lutero, il cui genio teologico è indiscutibile, fissò un dogma nel momento in cui metteva sottosopra i sacramenti, la messa e il sacerdozio ovvero pilastri della chiesa cattolica romana. E questo dogma, diciamo così, era semplice o semplificabile: non ti salvi per obbedienza alla legge, attraverso le opere, perché l’uomo è iustus et peccator, è una figura ambivalente di giusto e di peccatore irriducibile, e si salva solo per la fede in Cristo crocifisso, solo per la grazia; e solo ricorrendo alla scrittura e al suo libero esame, altro che sacramenti, sono stabilite le condizioni di questa salvezza ultraterrena (sola fide, sola gratia, e sola scriptura). Ora, la chiesa cattolica ha sempre affermato più o meno l’opposto (notate il “più o meno”, che è una mia affettazione di personale modestia e più che modestia teologica). Riassumendo, in particolare riferendosi alla prima proposizione: la grazia divina per sua natura e invariabilmente, secondo i cattolici, dà all’uomo la forza di emendarsi dal peccato e ubbidire alla legge attraverso le opere, cooperando con essa attraverso i sacramenti e l’osservanza morale, e così conquistando la salvezza (quando la chiesa aveva bisogno di soldi si aggiungevano le indulgenze venali, certificati costosi ma utili al salto dal purgatorio al paradiso). L’uomo cattolico non è quella stupenda costruzione ancipite, lo iustus et peccator di Lutero, è un peccatore che coopera alla sua redenzione nell’ubbidienza alla legge divina e naturale, emendandosi, confessandosi, pentendosi, riconciliandosi attraverso la sua chiesa e con l’aiuto dell’ordine consacrato. La comunità, la predica scritturale, il pastore e la coscienza individuale, per quanto essa sia lo specchio della legge naturale iscritta nel cuore umano, non bastano. Per una prima puntata va bene così. Non credete a chi vi dice che i teologi tradizionalisti sono dei bacchettoni orripilati dal sesso: sono cattolici rigorosi convinti del fatto loro, abbiano o no tutte le pezze d’appoggio necessarie per accuse tanto temerarie, che è un’altra cosa. Quanto al sesso, quarta e quinta proposizione, ci divertiamo alla seconda puntata.