La croce non si tocca
La Corte suprema americana salva un monumento in Maryland: “E’ un simbolo religioso e non si demolisce”
Roma. La Corte suprema degli Stati Uniti ha deciso che la croce di Bladensburg, nel Maryland, monumento ai caduti del luogo nella Prima guerra mondiale, non si deve toccare. Il verdetto era atteso perché riguardava una questione centrale e assai delicata: la croce è un esplicito richiamo al cristianesimo oppure è ormai qualcosa di meramente culturale? Secondo una corte federale della Virginia, che ne aveva ordinato la demolizione (o “il trasferimento in altro sito”), quel monumento di cemento armato alto novantatré metri e posto in mezzo a un incrocio stradale rappresentava un’esplicita “preferenza” per una determinata religione. Era stato accolto il ricorso dell’Associazione umanista americana, a giudizio della quale quella croce “discrimina i soldati patriottici non cristiani, trasmettendo loro il messaggio secondo cui solo i cristiani sono degni di venerazione, mentre gli altri possono essere dimenticati”. In altre parole, era violato il Primo emendamento costituzionale che tutela la libertà religiosa. I giudici della Corte suprema hanno stabilito che “anche se l’intento originario del monumento fosse legato alla religione, il tempo trascorso può mettere in secondo piano tale significato e il monumento potrebbe essere mantenuto per il suo retaggio storico e la sua comune eredità culturale”. Un verdetto schiacciante, che ha visto opporsi alla demolizione i cinque giudici conservatori e due liberal, Stephen Breyer ed Elena Kagan. Contrarie solo Ruth Bader Ginsburg e Sonia Sotomayor. L’opinione di maggioranza è stata scritta da Samuel Alito, che ha sottolineato come l’eventuale rimozione rappresenterebbe questo sì un atto “non neutrale”, rovesciando quindi il cuore stesso della denuncia mossa dagli “umanisti” che erano pronti a usare una sentenza loro favorevole per avviare una campagna su vasta scala per lanciare i bulldozer contro monumenti simili sparsi qua e là dalla East coast alla California.
L’elemento centrale della sentenza – che rappresenta una pietra miliare nella giurisprudenza americana – è quando la Corte scrive che “senza dubbio” la croce di Bladensburg “è un simbolo cristiano”. E nonostante ciò non va rimosso. Certo, ha un suo significato culturale, ricorda coloro che “non sono tornati a casa”, è un luogo “per onorare tutti i veterani e i loro sacrifici per questa nazione”, ma è prima di tutto un riferimento cristiano. Eliminarlo – ha scritto Samuel Alito – “non sarebbe neutrale e non favorirebbe gli ideali di rispetto e tolleranza contenuti nel Primo emendamento”. Il giudice Clarence Thomas, il più conservatore della Corte, ha osservato che “la croce di Bladensburg sarebbe costituzionale anche se avesse solo un significato religioso. Manifestazioni e discorsi religiosi non devono essere limitati a quelli considerati non settari. Insistere diversamente è incoerente con la storia e le tradizioni di questa nazione”. Una decisione che va oltre anche le tesi perorate dai difensori del monumento del Maryland, che davanti alla Corte federale della Virginia avevano preferito mettere in risalto la valenza culturale del simbolo, eretto a imperitura memoria dei caduti in Europa e Africa durante il Primo conflitto mondiale. Un segno di umana pietà, insomma, come si vede nelle centinaia di cimiteri al di qua e al di là dell’Atlantico. Il giudice Alito ha sottolineato, tra le altre cose, che c’è una bella differenza tra il giudicare sulla rimozione di monumenti o simboli religiosi da tempo presenti in luoghi pubblici e lo stabilire se una costruzione – di qualunque fattura essa sia – possa essere autorizzata. La storia non si può discutere e nemmeno le tradizioni di un paese.
Su questo hanno concordato anche i due giudici liberal più moderati. Di diversa opinione Ruth Bader Ginsburg, a giudizio della quale “mantenendo la croce della pace su una strada pubblica, la Corte pone il cristianesimo su una posizione privilegiata rispetto alle altre fedi, e così la religione sulla non-religione”. Posizione minoritaria, come s’è visto: “Sarebbe inopportuno che i tribunali ordinassero la rimozione di monumenti storici sulla base di supposizioni”, si legge ancora nella decisione della Corte, senza tenere conto delle ragioni che avevano portato alle loro edificazioni in epoche remote. I ricorrenti però non si arrendono e promettono nuove battaglie per affermare la separazione tra stato e chiesa. Farlo ora, considerato il 7-2 della più alta magistratura americana, appare un’impresa ardua.