Il senso della buona novella e della salvezza tra l'iPhone X e un'auto ibrida
“La scommessa cattolica” di Chiara Giaccardi e Mauro Magatti
Ciò che ha vita evolve, muta, va in crisi, si rigenera, o avvizzisce e scompare. Tutto ciò che è, è nel tempo, e si trova in un equilibrio reciproco e instabile con il mondo di cui è parte. La Chiesa cattolica, come tutte le altre istituzioni, non si sottrae a questa legge e due sociologi italiani, moglie e marito, hanno provato a interrogare la crisi della Chiesa, e la sua possibilità di rinnovamento e rilancio, in un testo recentemente pubblicato dal Mulino. In La scommessa cattolica, Chiara Giaccardi e Mauro Magatti riflettono, con la passione dei credenti e la lucidità degli studiosi, sul futuro e sul presente del cattolicesimo.
In una contemporaneità in cui di Dio “sembra proprio non sentirsi la necessità” come punto di riferimento del nostro stare nel mondo, viene meno quella fonte di energia spirituale che ha costituito un propellente essenziale all’azione umana nei millenni. La tecnoscienza, secondo l’analisi di Giaccardi e Magatti, ha provato a riassorbire in sé tutte le istanze che un tempo appartenevano alla religione. Ma se da un lato il progresso scientifico e tecnico ha dato vita a un mondo eccezionale, dall’altro non ha contribuito in nessun modo a rispondere al quesito esistenziale dell’uomo sul suo cammino su questa terra e sul suo destino. E se la depressione latente dell’uomo contemporaneo, che ha tutto ma sente di abitare nella terra desolata dell’inverno del proprio scontento e che vagheggia, tra un iPhone X e un’auto ibrida, la via di fuga del buon selvaggio, può apparire un po’ patetica e piagnucolosa, è comunque una condizione reale. Non si può allora non vedere tutto questo come l’esito di una vita che perde senso al di fuori di una prospettiva deprivata di quella fonte di energia spirituale, di possibilità di salvezza, costituita dalla religione. “Di certo non ci può essere alcuna buona novella senza la capacità del cristianesimo di parlare all’uomo contemporaneo di una salvezza. Ma quale salvezza? La vita nell’aldilà, la felicità terrena, la salvezza dell’anima?”.
Giaccardi e Magatti vedono quindi la necessità di pensare l’esperienza umana all’interno di un orizzonte cristiano che però non può più essere quello che è stato, perché ciò che è stato non è più, non dialoga più con la contemporaneità e rischia di trasformarsi in simbolo cristallizzato, strumentale persino, buono da agitare nelle piazze ma incapace di parlare davvero a ciascuna persona. Quindi la Chiesa deve pensare la propria crisi e porsi di fronte al mondo contemporaneo non tanto per resistere e non scomparire, ma come un momento attraverso cui, rinnovandosi, può tornare a creare una prospettiva di senso per l’uomo. “La genialità del cattolicesimo, infatti, è sempre stata quella dell’‘universale concreto’ che ha consentito di generare forme di vita inedite, capaci di incarnare la buona novella in risposte originali alle domande delle diverse fasi storiche. […] Non però come mero fatto organizzativo e tanto meno economico. Ma come profezia concreta capace di realizzare un ponte tra la condizione contemporanea e ciò che ancora non è”.
La famiglia, la comunità e la preghiera sono tre punti cardinali attorno a cui Giaccardi e Magatti fanno ruotare la loro scommessa. Se la famiglia è forse l’istituzione sociale più in crisi, che si disgrega e cambia forma, è allo stesso tempo la più importante perché è il nucleo originario di ogni tipo di stare insieme, è il luogo in cui s’impara la reciprocità, il confronto e lo scontro che educano, il rapporto con l’autorità, ed è un centro di ordine capace di generare, di essere origine fertile e non caos sterile. La famiglia non può quindi essere abbandonata senza pensare di abbandonare una buona parte del nostro modo di stare nel mondo. È, inoltre, l’istituzione di base della comunità che è il luogo sia ideale, sia pratico, in cui si condivide un orizzonte comune con gli altri e in cui si genera quella rete di relazioni che costituisce la vita reale di tutti i giorni. E la preghiera, questa estranea ormai, che deve ripensarsi al di fuori delle fredde forme procedurali delle litanie ma che è pur sempre il modo in cui ci si apre al mistero, in cui ci si affida e in cui si fa esperienza concreta di ciò verso cui tendiamo.
Nel nostro tempo, ogni discorso che non sia “innervato di esperienza” perde di significato e “l’unico linguaggio in grado di parlare è quello della testimonianza”. Perché l’uomo contemporaneo è affamato di continue nuove esperienze che si esauriscono però nel loro stesso consumo. La scommessa cattolica è allora quella di riempire ogni gesto, ogni esperienza, di un significato che stia all’interno della tradizione, della parola cristiana, e che allo stesso tempo parli alla contemporaneità e sia capace di rinnovare la speranza e l’apertura verso il futuro.
Editoriali
Mancavano giusto le lodi papali all'Iran
l'anticipazione