Il cardinale Marx vuole i preti sposati. Ma perché non punta sui robot?
Il capo della conferenza episcopale tedesca riapre il dibattito sul celibato sacerdotale. Forse, già che c'è, può puntare direttamente sull'intelligenza artificiale
Forse parlare di ossessione è eccessivo, ma di sicuro l'argomento del celibato sacerdotale sta molto a cuore al cardinale Reinhard Marx, presidente della Conferenza episcopale tedesca. Tanto a cuore che, lo scorso 29 giugno, lo stesso Papa Francesco fu costretto a intervenire con una lettera in cui ricordava che “gli interrogativi presenti, come pure le risposte che diamo, esigono, affinché ne possa derivare un sano aggiornamento, una lunga fermentazione della vita e la collaborazione di tutto un popolo per anni”.
Insomma, nessuna accelerazione. La lettera nasceva con la necessità di fare un po' di chiarezza dopo che a marzo il cardinale aveva annunciato di aver indetto un Sinodo, “vincolante per la chiesa in Germania”, con l'obiettivo di dare risposte definitive a tutte quelle questioni che lo Zeitgeist, lo spirito del tempo, vorrebbe vedere approfondite: celibato sacerdotale, insegnamento della chiesa in materia di morale sessuale, riduzione del potere ecclesiastico. Un modo, spiegava, per cercare di arginare l'emorragia di fedeli che la chiesa tedesca continua a registrare.
Ora Marx torna alla carica e in un'intervista alla Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung, interrogato sul Sinodo per l'Amazzonia che si terrà dal 6 al 27 ottobre, rilancia: “Si può immaginare di poter giungere alla conclusione che in determinate regioni ha senso consentire la presenza di sacerdoti sposati”. Il motivo, spiega Marx è duplice: da un lato affrontare il problema della mancanza di sacerdoti, dall'altro il dover tenere conto delle identità e dei valori culturali delle singole regioni. Dove evidentemente, si crede, un prete sposato può avere più presa sui fedeli di uno celibe.
Sarà, ma se questa è la linea della chiesa tedesca, forse Marx può spingersi anche oltre ed eliminare il problema alla radice. Un articolo apparso su Vox racconta infatti come, negli ultimi tempi, i robot e l'intelligenza artificiale stanno cambiando il mondo delle religioni.
L'ultimo esempio è quello di Mindar, robot-sacerdote buddista che “esercita” il suo ministero nel tempio di Kodaiji. Per ora, in realtà, la sua interazione con i fedeli è minima e la macchina si limita a recitare, in loop, un sermone preprogrammato, ma l'ambizione di chi lo ha creato è di dotarlo della capacità di apprendimento automatico dandogli così la possibilità di evolversi.
Le sembianze di Mindar, spiega Vox, sono quelle di Kannon, divinità buddista della misericordia. Ma a parte il viso in silicone il resto del “corpo” è fatto di materiale metallico. La speranza, comunque, è quella che grazie a questo robot i fedeli possano riavvicinarsi alla fede.
Precursore di Mindar era stato, nel 2017, in India, un robot in grado di eseguire il rituale indù aarti. Mentre nello stesso anno, in Germania (Marx sarà felicissimo), la chiesa protestante aveva lanciato Bless U-2, progettato per fornire benedizioni preprogrammate. Mentre il professor Gabriele Trovato, ha progettato SanTO - abbreviazione di Sancfied Theomorphic Operator - un robot pensato come “compagno di preghiera” per anziani e malati, che non possono uscire di casa per andare in chiesa.
Insomma, ancor prima del celibato, potrebbe essere l'intelligenza artificiale la vera novità attorno a cui costruire il sacerdote del futuro. Sempre che poi il robot non diventi così intelligente da volersi sposare.
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