In Cina radono al suolo le chiese, ma il Vaticano piange per Pachamama
Vatican News contro gli “iconoclasti”, padre Spadaro cita l'Isis
Roma. Con tutte le questioni che ci sarebbero da discutere, tra minacce di dissesti finanziari, epurazioni di gendarmi e Sinodi che s’arrovellano sul dire sì o no ai viri probati e alle diaconesse – ma non s’era fatta una commissione ad hoc che non aveva ottenuto alcun risultato? – e una fede che in tante parti del mondo s’assopisce ogni giorno che passa, la polemica sulle statuette gettate nel Tevere appare la più sterile. Superflua.
All’alba di lunedì scorso un uomo dal volto misterioso entra nella chiesa di Santa Maria in Traspontina e ruba le piccole Pachamama che lì erano state portate, tra canoe, reti arcobaleno, mestoli e altre variopinte espressioni dell’artigianato amazzonico. Installazione lecita e autorizzata per sensibilizzare tutti ai drammi della regione latinoamericana. Prese le statuette, una a una sono state scaraventate nel Tevere, come volevano fare nell’Ottocento gli anticlericali con il cadavere imbalsamato di Pio IX. Sarebbe finita lì la vicenda, con l’ola di chi considera il raid una riparazione per la profanazione e chi ritiene che si trattasse nient’altro che d’un furto e quindi un reato.
Martedì, però, è tornato sull’argomento il sito ufficiale Vatican News, con un editoriale del direttore Andrea Tornielli che – citando anche san John Newman – definisce i responsabili di quanto accaduto “nuovi iconoclasti”. E qui, anziché chiudere il caso, si scatena il pandemonio. Perché parlare di iconoclastia a proposito delle statuine che ritraggono una signora ignuda e incinta significa attribuire a esse il significato di immagine sacra. Ma sacra per chi?
Dal Vaticano, la scorsa settimana, è stato spiegato che la statua non rappresenta la Vergine Maria. Quindi? Per chi sarebbe sacra? Se non è la Madonna, in cosa consisterebbe la sua sacralità? Nell’essere la dea della fertilità? Non risulta che il cristianesimo contempli tale divinità. Padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica e membro del Sinodo, è andato oltre con un tweet che paragona l’affogamento delle Pachamama lignee alla devastazione delle statue operata dalle milizie del Califfato islamico: “L’operazione dell’Isis – scrive Spadaro commentando la foto postata che ritrae i fondamentalisti armati di piccone scagliarsi contro le statue – che fu definita come ‘la più grande demolizione degli idoli pagani dell’epoca moderna’. I miliziani hanno giustificato la loro azione affermando di dover ‘distruggere gli idoli in quanto rappresentazioni diverse da Dio’”.
L’operazione dell’#Isis che fu definita come «la più grande demolizione degli idoli #pagani nell’epoca moderna». I miliziani hanno giustificato la loro azione affermando di dover «distruggere gli #idoli in quanto rappresentazioni diverse da Dio». pic.twitter.com/fPP95wQ5Ui
— Antonio Spadaro (@antoniospadaro) October 22, 2019
A parte che c’è una differenza evidente tra installare degli idoli in un museo e sull’altare di una chiesa cattolica, sarebbe stato interessante che analoghi parallelismi storico-artistici fossero stati fatti ogniqualvolta che il regime cinese ordina di radere al suolo le chiese cattoliche tra una provincia e l’altra dell’immenso paese asiatico. O quando un amministratore voglioso di compiacere Pechino ordina di rimuovere tutte le croci visibili perché “deturpano lo skyline cittadino”. O quando, ancora, si impedisce al clero locale di partecipare alle esequie di un vescovo rimasto fedele a Roma, negando alla salma di riposare in cattedrale, come ultimo sfregio. Su questo, mai un tweet, mai un editoriale indignato con l’ausilio di citazioni di santi. E qui di iconoclastia ci sarebbe da parlare in abbondanza. Ma non si può dire: le ragioni della politica, del più verace realismo politico oggi imperante, impongono il silenzio. O meglio, impongono di dire che tutto va bene, che il dialogo vince su tutto, che la riconciliazione è avviata e che il sogno ora è di fare i biglietti del viaggio aereo papale per Pechino. Chi dissente è istantaneamente iscritto nel catalogo di coloro che “attaccano il Papa” (come è solito dire il cardinale Maradiaga). E così il cardinale Joseph Zen, che non appare meno degno d’attenzione di un altro illustre porporato qual è il cardinale Cláudio Hummes, relatore del Sinodo amazzonico e redattore del documento finale, diventa un anziano prete che vive nel passato, incapacitato a comprendere come va il mondo. E le chiese rase al suolo? Capita. Il problema sono le Pachamama buttate nel Tevere.
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