Papa Francesco chiama, la Cina risponde
Sul volo di ritorno dal viaggio in Asia il Pontefice aveva espresso il desiderio di andare a Pechino. Il portavoce del ministro degli Esteri cinese apprezza e rilancia “gli scambi reciproci con il Vaticano”. La realpolitik su Hong Kong funziona
Prima un diplomatico e neutrale silenzio. Poi sul volo di ritorno dal viaggio in Thailandia e Giappone, una risposta altrettanto diplomatica e neutrale. Quando infatti i giornalisti, prendendo spunto dal telegramma inviato alla governatrice della città-stato Carrie Lam, gli avevano chiesto un commento sulla situazione di Hong Kong, Papa Francesco aveva risposto: “I telegrammi si mandano a tutti i capi di stato, è una cosa automatica di saluto ed è anche un modo cortese di chiedere permesso di sorvolare il loro territorio. Questo non ha un significato né di condanna né di appoggio. E’ una cosa meccanica che tutti gli aerei fanno quando tecnicamente entrano, avvisano che stanno entrando, e noi lo facciamo con cortesia”. Insomma, solo un gesto di cortesia, privo di qualsiasi significato politico.
Anche perché, aveva aggiunto, in situazioni del genere la Santa Sede “chiama al dialogo, alla pace, ma non è solo Hong Kong, ci sono varie situazioni con problemi che io in questo momento non sono capace di valutare”.
Inutile, quindi, provare a far schierare il Pontefice dalla parte del manifestanti. Troppi i fattori in campo a cominciare dalla necessità di mantenere i rapporti con la Cina. Anche perché, come aveva spiegato pochi giorni prima in un articolo pubblicato su Cattolica News (Università Cattolica del Sacro Cuore) lo storico Agostino Giovagnoli, “il futuro di Hong Kong è la Cina, non l’occidente”. Una sintesi perfetta della realpolitik vaticana che il Papa, al termine della sua chiacchierata in aereo, aveva espresso con una semplice frase: “Mi piacerebbe andare a Pechino, io amo la Cina”.
La diplomazia vaticana ha lavorato benissimo, soprattutto su Hong Kong, tanto che l'ambasciata cinese in Italia pubblica una foto di Bergoglio // cc @matteomatzuzzi pic.twitter.com/xRXuPwySdj
— Giulia Pompili (@giuliapompili) November 28, 2019
E se il Papa ama la Cina, la Cina ama il Papa. Così dopo due giorni, ecco la risposta del portavoce del ministro degli Esteri cinese, Geng Shuang che, come informa un tweet dell'ambasciata della Repubblica popolare cinese in Italia, “ha detto che la Cina apprezza la sua amicizia e gentilezza, e che guarda con apertura agli scambi reciproci con il Vaticano”. Il tutto con foto sorridente del Pontefice col braccio destro alzato come nell'atto di impartire una benedizione.
Dopotutto anche il segretario di Stato, Pietro Parolin, gran regista del dialogo tra Vaticano e Cina, a margine dell'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università Cattolica del Sacro Cuore spiega che nella crisi di Hong Kong “chi ha scelto come metodo la violenza deve rinunciare, e invece percorrere la strada del dialogo, dell'incontro e dell'ascolto. Dopo le elezioni il governo ha detto 'dobbiamo ascoltare con umiltà le richieste della gente e dei giovani e dobbiamo rifletterci seriamente'. Mi pare che questo sia un atteggiamento giusto. Mi pare che questi siano piccoli segnali che pur nella gravità della situazione ci dicono come si possa trovare una strada per risolvere queste problematiche. Il Papa ne ha parlato inserendo questo conflitto all'interno della situazione generale di oggi e richiamando tanti altri conflitti che sono in atto in tante altre parti nel mondo. Credo che questo forse sia l'atteggiamento giusto”. Chissà cosa ne pensano i manifestanti di Hong Kong, di sicuro per Pechino è l'atteggiamento giusto.
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