Si sta sgretolando il cattolicesimo di Francia. L'allarme di alcuni studiosi
Il dibattito dopo il silenzio delle campane di Notre-Dame
Parigi. Per la prima volta dopo duecentosedici anni, non c’è stata nessuna messa di Natale nella cattedrale di Notre-Dame, le campane, a mezzanotte, sono rimaste silenti, e tutt’attorno c’era una strana atmosfera, quasi sinistra, con quella gru di settantacinque metri a svettare nel cielo, installata a metà dicembre in via d’urgenza per smontare entro il 2020 la maledetta “ragnatela di ferro”, come è stata soprannominata dai parigini l’impalcatura da cui è partito l’incendio dello scorso 15 aprile. In molti ci hanno visto l’ultimo simbolo di un “annus horribilis” per il cattolicesimo francese, come lo ha definito il Figaro, di dodici mesi terribili, costellati da drammi e sventure, come non succedeva da mezzo secolo.
Non solo il rogo della cattedrale culla della cristianità francese, ma anche la condanna dell’arcivescovo di Lione Philippe Barbarin per aver coperto gli abusi sessuali commessi da padre Preynat tra gli anni Settanta e Ottanta, il calo dei battesimi e l’aumento degli atti di cristianofobia (solo nei primi due mesi dell’anno, si sono registrati sessantacinque casi) hanno caratterizzato un 2019 che la Chiesa vuole rapidamente dimenticare, nella speranza di un 2020 di riscatto e di luce. “Secondo l’Ifop, quasi il 70 per cento dei nostri concittadini si è detto ferito dal dramma di Notre-Dame de Paris. Questa commozione indica la persistenza delle radici cristiane nella nostra società. Ma se è vero che le radici cristiani sono ancora presenti, è vero anche che c’è sempre meno linfa a irrigare il tronco del cattolicesimo. E’ quello che io chiamo la dislocazione terminale della matrice cattolica. Il numero dei battezzati è in netto calo. Il substrato antropologico del cattolicesimo si sta ormai sgretolando”, ha spiegato al Figaro il direttore dell’istituto Ifop, Jérôme Fourquet, autore del saggio “L’Archipel français”.
Più pessimista del politologo e sondaggista Fourquet, è il sociologo Olivier Roy, che a gennaio ha pubblicato un saggio, “L’Europe est-elle chrétienne?”, nel quale ha provato a descrivere la nostra condizione di europei orfani del proprio passato cristiano. “Il dramma di Notre-Dame ha portato a una patrimonializzazione culturale della cattedrale a discapito della sua funzione cultuale. Lo stato e la società valorizzano ciò che è puramente culturale nel cristianesimo, a detrimento della fede e dei valori, il che equivale a secolarizzare ciò che resta del cristianesimo nella nostra società”, ha detto Roy al Figaro. Il demografo Hervé Le Bras si è chiesto “se il crollo della navata di Notre-Dame non sia in realtà la materializzazione simbolica dei molti fallimenti spirituali della Chiesa, piuttosto che un segno di rinnovamento”.
Ma c’è anche chi intravede una luce in questo anno nero del cattolicesimo, rifiutando l’idea della “crisi terminale” evocata da Fourquet, e riprendendo anche il discorso che il presidente, Emmanuel Macron, aveva tenuto pochi giorni prima del rogo nella cattedrale al collège des Bernardins. Allora Macron aveva valorizzato il ruolo dei cristiani nella società francese e aveva evocato la necessità di recuperare i rapporti tra lo stato e la Chiesa che sono, secondo le sue parole, “lacerati”. Lo storico Guillaume Cuchet, autore del saggio “Comment notre monde a cessé d’être chrétien”, non nega il declino, ma mette in risalto i numeri che i pessimisti, tantissimi nella Francia di oggi, spesso trascurano: “Il 50 per cento dei francesi si considera ancora cattolico. Il cattolicesimo rimane la prima religione di Francia. L’emozione suscitata dall’incendio di Notre-Dame non era puramente patrimoniale. C’è necessariamente qualcosa, nascosto nella coscienza ‘patrimoniale’ dei francesi, una specie di inconscio spirituale e teologico che fatica certo a ritrovare il filo della propria storia, ma esiste”, dice Cuchet. E aggiunge: “Non bisogna sottovalutare la gravità della crisi, ma se si va in profondità, si osserva che la Chiesa ha una vera e propria storia di uomini e di donne libere, il cui futuro non è scritto, e che a ogni generazione hanno saputo assumersi le proprie responsabilità”. Sarà il 2020 a dirci se la “luce rivelatrice dell’esistenza di una realtà cristiana in Francia”, come scrive il Figaro a proposito del fervore popolare suscitato dall’incendio di Notre-Dame, sarà portatrice di un futuro roseo per il cattolicesimo francese o uno degli ultimi fuochi.