Chiesa, non museo
La riflessione di Del Noce sull’abbandono del clericalismo e la necessità di calarsi nella storia
Pubblichiamo un’anticipazione tratta dal saggio “Augusto Del Noce e il cattolicesimo clericale” che apparirà sul quaderno 4070 della Civiltà Cattolica in uscita sabato 18 gennaio
Una recente pubblicazione [L. Del Pozzo, Filosofia cristiana e politica in Augusto Del Noce, Roma 2019, ndr] mette bene in luce che la posizione filosofico-politica di Del Noce era finalizzata all’abbandono del clericalismo, perché, a suo giudizio, il cattolicesimo clericale accettava la libertà non come valore in sé, ma soltanto come strumento per raggiungere determinati obiettivi. Da qui due derive negative per la Chiesa. La prima la condurrebbe verso un “cattolicesimo assolutistico o reazionario”, come fu quello che apparentò la Chiesa con la nobiltà e, successivamente, con la piccola borghesia. La seconda condurrebbe la Chiesa a un “cattolicesimo machiavellico”, volto a creare “alleanze con forze che devono servire da strumento per abbattere altre forze non cristiane”. Entrambi i cattolicesimi condurrebbero a successi sul piano pratico, ma alla lunga inaridirebbero la fede ed esporrebbero la Chiesa a subire il relativismo della modernità, perdendo la sua influenza propria e rendendosi da sola emarginata.
A questo punto, Del Noce suggeriva alla Chiesa di liberarsi dall’ascetismo astorico e di fare esperienza del soprannaturale calandosi nella storia, sapendo che anche all’interno della modernità esiste un pensiero religioso.
Il cattolicesimo clericale ha il pregio di possedere cultura ed erudizione, ma dimentica che anche questi valori hanno un limite in ordine alla comprensione dei tempi, quando restano ancorati a premesse storiche non più operanti. La conservazione perde il suo pregio quando i suoi valori fanno parte di una struttura storica ormai tramontata. Ogni epoca nuova esige strumenti nuovi di intelligenza. Se il progressista commette l’errore di criticare il passato giudicandolo in base a premesse storiche presenti, il conservatore commette l’errore di criticare il presente in base a premesse storiche superate.
Sia il cattolicesimo assolutistico e reazionario sia quello machiavellico, per usare le formule di Del Noce, sono estranei all’autocoscienza della Chiesa. Diciamo “autocoscienza” per intendere l’intuizione che la Chiesa ha di se stessa, dell’origine divina della sua esistenza, della purità della sua dottrina evangelica, conservata incorrotta lungo i secoli.
Questa intuizione non ha escluso che nei secoli molti dei suoi figli, di ogni grado e dignità, si siano comportati, in privato e in pubblico, in maniera anche gravemente difforme dalle esigenze e dallo stile del Vangelo. “Anche in questo nostro tempo sa bene la Chiesa quanto distanti siano tra loro il messaggio che essa reca e l’umana debolezza di coloro cui è affidato il Vangelo. Qualunque sia il giudizio che la storia dà di tali difetti, noi dobbiamo esserne consapevoli e combatterli con forza”. A questo fine, la Chiesa confida innanzitutto sulla grazia, ma anche «sa bene quanto essa stessa debba continuamente maturare, in forza dell’esperienza dei secoli, nel modo di realizzare i suoi rapporti con il mondo”.
E il Concilio Vaticano II, che stiamo citando, prosegue: “La Chiesa può far tesoro, e lo fa, dello sviluppo della vita sociale umana, non come se le mancasse qualcosa nella costituzione datale da Cristo, ma per conoscere questa più profondamente, per meglio esprimerla e per adattarla con più successo ai nostri tempi”, al punto che professa che “molto giovamento le è venuto e le può venire dalla stessa opposizione di quanti la avversano o la perseguitano”.
Perciò la Chiesa “riconosce tutto ciò che di buono si trova nel dinamismo sociale odierno e considera con grande rispetto tutto ciò che di vero, di buono e di giusto si trova nelle istituzioni, pur così diverse, che l’umanità si è creata e continua a crearsi”.
“Questo richiede che, innanzitutto nella stessa Chiesa, promoviamo la mutua stima, il rispetto e la concordia, riconoscendo ogni legittima diversità, per stabilire un dialogo sempre più profondo. Sono più forti, infatti, le cose che uniscono i fedeli che quelle che li dividono: ci sia unità nelle cose necessarie, libertà nelle cose dubbie e in tutto carità”. Da ciò dipende “il massimo rispetto per la giusta libertà che spetta a tutti nella città terrestre”.
Questi testi del Magistero conciliare contengono la posizione della Chiesa su cosa sia e debba essere il cattolicesimo autentico, la sua incarnazione nella storia e la sua apertura alle conquiste della libertà.
Quando, dunque, si sostiene il cosiddetto “cattolicesimo clericale” come fosse l’esperienza autentica della Chiesa, si confondono fenomeni storici, che vanno contestualizzati, con la natura e il fine della Chiesa in quanto tale, che è un organismo che si sviluppa nel corso delle varie epoche e, fatti salvi i suoi fondamenti ad essa dati dalla Rivelazione divina, attinge liberamente dalla storia degli uomini concetti, prassi e istituti che a quei fondamenti non si oppongono. La Chiesa non è un museo quale l’intende la mentalità reazionaria. Creatura dello Spirito, essa cammina per le vie degli uomini sotto la guida invisibile dello Spirito. Del Noce scriveva dopo il Vaticano II e certo aveva meditato sui testi ecclesiologici del Concilio.