Quel Papa che cammina per le vie di Roma e ci fa sentire meno soli
L'immagine del Pontefice lungo via del Corso è quella che racconta meglio di tutte la nostra quarantena. Francesco cammina per noi, prega per noi, insieme a noi, nella lontananza che si fa vicina e nella solitudine che si fa abbraccio
Quando la pandemia Covid-19 sarà passata, nel rileggere inevitabilmente ciò che è accaduto, cercheremo immagini che la raccontino, ne traccino il profilo simbolico, ci offrano chiavi di lettura. Allora riemergeranno dalle cronache la fotografia commovente dell’operatrice sanitaria crollata per la stanchezza, quella terribile della colonna di camion dell’esercito che trasporta le bare delle vittime del virus, ma anche le più banali file ai supermercati con le mascherine, e i tanti esempi di comportamenti incoscienti o virtuosi, che sempre costellano le vicende umane.
Esselunga di Prato. Ora. Vera. pic.twitter.com/d5D4zissZv
— Sandro Veronesi (@SandroVeronesi) March 21, 2020
La mia scelta personale, già da ora, riguarda una foto che fin da subito ha prodotto qualche analisi interessante (ne ha parlato per esempio Maurizio Crippa su Il Foglio): ritrae Papa Francesco mentre, dopo aver pregato in Santa Maria Maggiore, si sposta a piedi nella Chiesa di San Marcello al Corso.
L’immagine mostra la sezione finale in Via del Corso: una prospettiva che fa parte della memoria visiva di chiunque conosca Roma, da abitante, da turista o da semplice passante.
La strada è quasi deserta. Si contano – in quello spazio che sembra enorme – non più di dieci persone e due automobili, entrambe parcheggiate sul marciapiedi di sinistra. Sulla destra, di schiena, un ciclista va in direzione dell’Altare della Patria. Una giacca a vento sportiva con cappuccio, calzoni corti, scarpe da ginnastica e calzini, un tatuaggio sul polpaccio sinistro. Alzando lo sguardo si scorgono tre figurette alla fine della via. Poi sulla sinistra, accanto e davanti alle automobili un gruppetto di persone procede nella nostra direzione scrutandosi intorno. La figura vestita di bianco di Papa Francesco è in un angolo, accanto al bordo sinistro della fotografia: cammina con gli occhi bassi ma a passo deciso, forse mentre prega fra sé.
Ci sono teorici della fotografia che dicono che gli scatti davvero epocali – consapevolmente o meno – richiamano allo spettatore un’immagine già nota, attivando un vago meccanismo di déjà vu. Ecco perché alcuni media, a proposito della foto di Papa Francesco, hanno rievocato l’episodio di Pio XII, uscito in visita al Verano dopo il bombardamento alleato nel 1943. Nel reportage sull’evento Pio XII ha le braccia aperte, fra l’abbraccio e la crocifissione, in un’icona davvero indimenticabile. In questo caso la similitudine riguarda il contenuto: in entrambe le foto c’è un Pontefice uscito dal Vaticano, in un frangente doloroso per la collettività.
Le foto, però, sono profondamente diverse fra loro. Pio XII è circondato dalla folla. Francesco, sotto lo sguardo vigile della scorta alla distanza imposta dalle norme contro il contagio, è solo, in privato pellegrinaggio a un crocefisso che ha difeso la città dalla peste nel XVI secolo. Pio XII doveva far sentire ai cittadini romani che la Chiesa era lì, dove si soffriva, ad accoglierli a braccia aperte, a portare loro la consolazione. Papa Francesco cammina nella strada semideserta, fa ciò che noi non possiamo fare, al posto nostro. Lo fa, in primo luogo, perché è un sacerdote. In un breve scambio via mail qualche giorno fa, il mio parroco diceva che lui e gli altri preti della comunità pastorale, con il dovuto permesso delle autorità, camminano per le strade tenendo le distanze consentite, per salutare chi è alle finestre e ai balconi, per rendersi presenti a chi è solo e spaventato, chi aspetta senza sapere cosa, chi si rassegna e chi non si rassegna, magari chi convive nella propria casa con qualcuno in quarantena o addirittura malato, chi piange un lutto.
Cammina al posto nostro, Francesco, e per noi, con le spalle un po’ curve che richiamano un figura di Isaia, l’“uomo dei dolori, che ben conosce il patire”, e il cammino deciso di chi non si vuole fermare. Lo fa come Pontefice, che si carica le sofferenze del mondo, perché il Vicario di Cristo non può e non vuole chiudere gli occhi davanti al dolore di tutti. I Pontefici sono chiamati spesso a portare questa croce: Paolo VI con il terrorismo, Giovanni Paolo II con l’attentato subito.
Cammina, Francesco. Lo fa come credente per chi crede, ed è lontano dalle chiese e dalle eucaristie, e con lui prega perché tutto questo passi, fiducioso che Dio porta sempre aiuto con la sua attenzione e il suo abbraccio. E per chi non crede, ma comunque si sente solo, e si chiede perché. La preghiera è per tutti, senza distinzioni.
In questo momento terribile, in cui oltre alla malattia, al dolore e alla lontananza dobbiamo sopportare ciò a cui nessuno ci ha abituato, l’incertezza, questa foto ci dice che – almeno - non siamo abbandonati. Che là fuori, in una Roma deserta, qualcuno cammina per noi, prega per noi, insieme a noi, nella lontananza che si fa vicina e nella solitudine che si fa abbraccio. Quando sarà finita, riguardando questa foto, chissà, forse capiremo di non essere mai stati davvero soli.
*Fausto Colombo è professore di Teoria e tecniche dei media e di Media e Politica presso la facoltà di Scienze politiche e sociali, dell'università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Presso la stessa università è anche direttore del Dipartimento di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo e dirige il Master in Comunicazione, marketing digitale e pubblicità interattiva.
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