Roma. Generalizzare i sentimenti è un’attività sommaria e iniqua (qualcuno la chiama anche giornalismo) ma tocca talvolta ricorrervi quando ci si trova di fronte ad accadimenti straordinari, di quelli che, appunto, suscitano sentimenti. L’evento in questione è la preghiera, con benedizione Urbi et Orbi, di Papa Francesco venerdì scorso in piazza San Pietro, davanti al crocifisso miracoloso di San Marcello al Corso e all’icona bizantina di Santa Maria Maggiore. Il gesto ha prodotto un’impressione dirompente, a prescindere dall’osservanza religiosa. Gabriele Romagnoli su Repubblica ha scritto: “Neppure il giorno in cui uscì dal conclave per presentarsi al mondo ha mai avuto tanti occhi su di sé, tante anime in affidamento, tante persone disponibili, fede o non fede, a sentirlo, non ascoltarlo, sentirlo”. Ci saranno state anche le milionate di persone che sfottevano e bestemmiavano contro il popolo dei beghini che credono nella mano divina che ferma la pandemia, ma da una selezione aneddotica dei commenti e delle timeline è emersa la sensazione che il Papa, in quel momento, abbia detto qualcosa anche a chi è lontanissimo dalla fede. Un tweet di Federico Ferrazza, direttore di Wired, sembra testimoniarlo: “Sono ateo da circa 28 anni. Ma quella immagine è di una forza incredibile. E fa piangere”.
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