Il Papa che illumina il volto in ombra dell'Europa
Il tempo ci dirà se Ratzinger sia stato quel clown cui nessuno ha creduto mentre gridava “al fuoco!” o se, invece, non sia stato un nuovo Benedetto in grado di salvare la civiltà dal grande incendio
Pubblichiamo un brano del nuovo libro di Giulio Meotti, “L’ultimo Papa d’Occidente?” (Liberilibri, 130 pp., 14 euro). Il saggio, dedicato a Joseph Ratzinger, è da pochi giorni in libreria.
Parlando al Palazzo della musica e dei congressi di Strasburgo il 29 aprile 1979, Joseph Ratzinger disse: “Le società occidentali di oggi mi sembrano già in gran parte società post-europee”. Gli attacchi che il futuro Pontefice avrebbe ricevuto dimostrarono l’importanza che il cristianesimo svolgeva ancora nella coscienza occidentale. Nella fase di massimo splendore dell’Occidente europeo, Ratzinger, che ha sempre avuto il coraggio di smuovere acque chete, scorgeva le ombre di un imminente tramonto. La sua lampada ha illuminato, almeno per un attimo, la faccia nascosta del Vecchio Continente.
“Ratzinger è l’ultimo Papa a proprio agio nella storia intellettuale europea” ha scritto Alan Posener. Per il direttore di First Things R. R. Reno, Ratzinger è “l’ultimo della generazione eroica” che ha permesso al cattolicesimo di unirsi al moderno umanesimo per ricostruire l’Europa dopo gli orrori della guerra e contro la minaccia del marxismo sovietico, la generazione degli Adenauer e dei De Gasperi. “Benedetto XVI era preoccupato per l’Europa, qui è iniziato il movimento suicida in Occidente che oggi si sta intensificando. L’Europa è il continente malato, siamo al suo capezzale”, ha spiegato il medievista della Sorbona Rémi Brague.
Nel 1990, da Spira, Ratzinger aveva parlato di Zivilisation des Todes, una “civiltà della morte”. Nel 2011, due anni prima di dimettersi dal soglio pontificio, denunciò “una forte corrente di pensiero laicista che vuole emarginare Dio dalla vita delle persone e della società, prospettando e tentando di creare un ‘paradiso’ senza di Lui. Ma l’esperienza insegna che il mondo senza Dio diventa un ‘inferno’”. Ratzinger evocò una “eclissi di Dio”, come se l’umanesimo europeo si prolungasse nel nichilismo e nel ripudio sdegnato del mondo in nome dell’utopia, la società “liberata” (…) Tutto il pontificato di Ratzinger è stato una difesa della civiltà occidentale o, più semplicemente, dell’Occidente. Ma non c’è una sola sfida da cui Ratzinger sia uscito apparentemente vincente, come se il nichilismo dovesse essere il solo destino dell’Occidente, come se la seduzione fosse così smisurata che potesse trovare soddisfazione soltanto nell’annientamento. Leggi che insidiano il diritto naturale sono approvate anche nelle roccaforti cattoliche europee, l’Europa è ovunque un deserto di macerie post-cristiane, nessuno osa più mettere in discussione l’islam e la “dittatura del relativismo” si è saldata al mercato.
Da capo dell’ex Sant’Uffizio e poi da Papa, Ratzinger ha visto le nozze gay approvate nei tre paesi più segnati dall’identità cattolica in Europa: Spagna, Francia e Irlanda. Il piccolo uomo vestito di bianco che ha svettato come un gigante del pensiero è stato sconfitto. E’ il compimento catastrofico di un intero ciclo storico, chiamato “Occidente”, arrivato alla resa dei conti finale con se stesso. Agli occhi dei secolaristi dell’Europa e dell’America del Nord, Ratzinger era l’ultimo ostacolo di fronte a quella che egli stesso aveva chiamato “dittatura del relativismo”. Altri pontefici verranno, magari popolari, magari figli delle periferie del mondo, magari dall’Europa, ma rischiano di essere post-europei e post-occidentali, perché l’Europa che ha prodotto Ratzinger sta morendo. Ratzinger ha contribuito a garantire che qualcosa di riconoscibile come “cristianesimo” sia sopravvissuto al caos contemporaneo. Ci ha fornito gli strumenti per superare la crisi e per ricostruire qualcosa che assomigli a quello che un tempo, con orgoglio, chiamavamo “Occidente”. Non è poco, per un solo uomo. Ratzinger è stato però anche la grande “vittima” di quella dittatura del relativismo che è il suo grande cavallo di battaglia, come se l’attacco continuo alla cultura contemporanea abbia contribuito all’erosione delle sue forze fisiche e morali. Il tempo ci dirà se – grazie a cinquant’anni di dinamite intellettuale che ha piazzato sotto l’inespugnabile edificio della postmodernità – Ratzinger sia stato quel clown cui nessuno ha creduto mentre gridava “al fuoco!” o se, invece, non sia stato un nuovo Benedetto in grado di salvare la civiltà dal grande incendio.
Vangelo a portata di mano