Ratzinger nelle rovine della civiltà occidentale
Benedetto XVI, un dissidente come Solgenitsin. Il crollo della propria Chiesa, il Mondo Nuovo, l’Europa post-europea, un Islam rinvigorito, il nichilismo strisciante, le scosse del ’68 e l’insurrezione neo-marxista. Storia di un Papa nel libro di Giulio Meotti
Pubblichiamo un estratto della prefazione del giornalista irlandese John Waters al libro di Giulio Meotti “L’ultimo Papa d’Occidente?” (Liberilibri)
In una serie di discorsi radiofonici del 1969, quando era un giovane professore di teologia a Ratisbona, Joseph Ratzinger aveva parlato del futuro della Chiesa come qualcosa di marginale, con un minor numero di membri e di chiese, ignorate, umiliate e socialmente irrilevanti, a partire dal suo capo. Aveva previsto che questa Chiesa sarebbe sopravvissuta e che sarebbe diventata più forte e vitale, ma lungo il cammino avrebbe affrontato molte prove. Era un momento di impareggiabile fermento nella Chiesa e nella società̀ europea, dopo il Concilio Vaticano II, sulla scia delle rivolte studentesche del Sessantotto.
Nell’ultima di quelle cinque conferenze, trasmessa il giorno di Natale del 1969, Ratzinger confidò che la Chiesa stava attraversando un’epoca simile alla Rivoluzione francese o all’Illuminismo. Egli paragonò quella fase storica all’incarcerazione di Papa Pio VI, rapito dalle truppe francesi e gettato in prigione, dove morì nel 1799. “Siamo”, disse, “a un punto di svolta nell’evoluzione del genere umano”. La Chiesa, avvertì, si trovava di fronte a un nemico simile, altrettanto determinato a distruggerla, a confiscare i suoi beni e a criminalizzare sacerdoti e suore. “Un momento”, disse, “rispetto al quale il passaggio dal Medioevo ai tempi moderni sembra quasi insignificante”.
Sebbene non ci fossero dubbi sulla sua determinazione a riportare la Chiesa ai fondamenti, Papa Giovanni Paolo II era stato una figura molto carismatica, il cui moralismo senza compromessi era in gran parte compensato dalla sua immagine populista e dal suo essere un viaggiatore globale. Anche se la maggior parte dei commentatori di affari ecclesiastici ha respinto il suo messaggio, ne ha accolto il populismo, celebrato il carisma, e lo ha abbracciato come una vecchia rockstar, il cui dogmatismo occasionale poteva essere trascurato in virtù del suo successo al botteghino.
Papa Benedetto XVI presentava una proposta diversa. Il fatto che fosse considerato il più brillante teologo del suo tempo ha raggelato i commentatori. Uomo riservato e gentile, non offriva loro nulla del potenziale da rockstar del suo predecessore. In verità, i giornalisti lo consideravano il peggiore di tutti i papi possibili: tradizionalista, si esprimeva con frasi lunghe e complesse, rifiutava completamente la loro visione del mondo. La nuova narrazione era, a suo modo, utile ai commentatori come lo erano stati i viaggi epici di Giovanni Paolo II. Per i media, Ratzinger era il “Panzer-cardinale”, il “poliziotto del Papa”, “il rottweiler di Dio”, il nemico implacabile del “progresso”. Benedetto era, secondo l’analisi dei media, un reazionario, un oscurantista. Ma ciò che è emerso, a dispetto degli scribi, è ciò che era già stato implicito nei suoi maestosi scritti di diversi decenni prima: un intelletto supremo, un uomo che nella vita aveva guardato l’umanità oscillare tra il grande bene e il più grande male, e che aveva cercato nella sua testimonianza e missione di conciliare queste osservazioni con le verità che aveva ereditato.
Ratzinger aveva trascorso la sua vita rivolto a quella cultura la cui malevolenza era diventata un elemento centrale. La maggior parte dei giornalisti, specialmente quelli cattolici, è ostile alla Chiesa. Essendo essenzialmente i promulgatori della mentalità “progressista”, essi cercano inevitabilmente di usare le proprie posizioni per plasmare gli eventi in modo calcolato al fine di promuovere quella che viene definita una visione delle cose più “liberale” e “progressista”.
Ratzinger era vicino all’opposto di ciò che questa narrazione suggeriva: una voce ai margini, pur parlando dal centro. Il progetto principale di Benedetto XVI fu il recupero della cultura occidentale e di un concetto integrato di ragione. Era un uomo che non poteva essere incasellato in nessuna categoria, un paradosso vivente. Era forse il lettore più intelligente del modernismo, uno che comprendeva l’impulso post-moderno meglio di molti dei suoi aderenti.
Mentre le ideologie del progetto di “libertà” degli anni Sessanta si frantumavano sulle rocce della realtà; mentre i fautori di queste ideologie cominciarono a percepire che non avevano, dopo tutto, risposte ai dilemmi fondamentali dell’umanità; mentre ci inclinavamo verso ciò che si profilava più chiaramente come il suicidio della civiltà occidentale, Ratzinger continuava a sussurrare in silenzio i pensieri più urgenti e scintillanti sul perché tutto questo stava accadendo e su ciò che dovevamo fare per ripristinare le cose.
Lontano dall’essere l’orco della mitologia mediatica, Benedetto XVI si è rivelato come una voce totalmente nuova nella cultura moderna, parlando con chiarezza e profondità enormi dell’umanità in un mondo che cerca di vivere senza Cristo. Le sue parole taglienti come ghiaccio hanno penetrato i paradossi della realtà estraendone i segreti, come un poeta. La posta in gioco era una preoccupazione molto laica: il meccanismo stesso di propulsione della specie umana.
In un certo senso, Joseph Ratzinger è stato l’equivalente nella Chiesa di Václav Havel e di Aleksandr Solgenitsin, un dissidente delle ortodossie dominanti, bandito per la sua narrazione della verità. Ratzinger era un diverso tipo di dissidente: gli altri, spinti nella clandestinità da regimi la cui tirannia era diventata incontrovertibile, sono diventati, almeno per un certo tempo, eroi inequivocabili per i loro popoli e tempi. Ratzinger era la voce profetica dell’inquietudine umana e di un futuro oscuro.
Wojtyla era la finestra attraverso la quale guardavamo per vedere come poteva apparire Dio. Ratzinger era il vigile del fuoco che si arrampicava sul cornicione della disperazione per far scendere lo scettico.
In questo libro ben documentato, L’ultimo Papa d’Occidente? Giulio Meotti racconta di Papa Benedetto in mezzo a una civiltà in disintegrazione e che un tempo era il gioiello del mondo. Diagnostica le condizioni esterne e le patologie che avrebbero accelerato questo processo. Meotti descrive Ratzinger di fronte al crollo della propria Chiesa dal 1969, al “Nuovo Mondo” ideologico inaugurato dalle Nazioni Unite, all’addio senza lacrime dell’Europa al cattolicesimo, all’avvento di una “Europa post-europea”, alla crisi del relativismo con i suoi tentacoli intorno alla cultura occidentale, all’esplosione di un Islam rinvigorito, alle scosse di assestamento del Sessantotto, all’insurrezione neo-marxista nelle aree più intime dell’esistenza umana.
Col passare del tempo, possiamo vedere sempre più chiaramente la precisione della diagnosi di Václav Havel, secondo cui la tirannia sovietica non era altro che “un’immagine convessa a specchio” del capitalismo occidentale. Ratzinger era preoccupato dalla possibilità che l’Occidente cadesse in un nuovo periodo buio proveniente dai laboratori scientifici, dai media mendaci, dalla perversione dell’istruzione universitaria, dalla corruzione della democrazia parlamentare, dalla crescita insidiosa dell’influenza ideologica delle Nazioni Unite – tutti quei pilastri della “dittatura del relativismo” contro cui questo piccolo uomo bianco aveva combattuto per mezzo secolo.
Joseph Ratzinger è stato, come lo descrive Meotti, un colosso che alla fine è stato “sconfitto” nei suoi sforzi per salvare la civiltà occidentale, ma ha lasciato dietro di sé i codici che possono ancora permettere all’umanità di mettere le cose a posto. Ha visto il crollo e lo ha descritto con una chiarezza che nessun altro aveva raggiunto, e ha anche precisato l’antidoto. Dopo essersi offerto come scudo vivente contro la secolarizzazione, il relativismo, l’islamizzazione e il nichilismo strisciante, alla fine si è sentito costretto a ritirarsi, con il pericolo che si avvicinava al suo punto peggiore. Ha viaggiato ovunque in Europa per cercare di arrestare il crollo, ma senza riuscirvi. Questa è la storia raccontata da L’ultimo Papa d’Occidente?. Il tempo ci dirà se sia stata una tragedia, o poco ci sia mancato.