Preti sposati, diaconesse, suore fuori dalla clausura. S’è sentito di tutto in questi sette anni e mezzo di pontificato bergogliano, tra rivoluzioni profetizzate e date per imminenti, con cardinali che davanti a microfoni e taccuini annunciavano radiosi l’arrivo della primavera che avrebbe portato folate d’aria fresca nei corridoi dei palazzi vaticani. Mentre gli osservatori esperti di cose di chiesa, estasiati dalla nomina di donne nel Consiglio dell’Economia – quasi fosse il segno di qualcosa di nuovo, epocale e sublime – vestivano i panni degli aruspici, cercando di indovinare dove la Barca stesse andando, tra sinodi amazzonici e riforme della curia che non si vedono, sfuggiva che Francesco una rivoluzione enorme la sta compiendo davvero. E’ per palati fini, non è l’evento traumatico che tutto cambia d’improvviso, non offrirà su vassoi d’argento titoli per le aperture di giornali e telegiornali. Ma è una rivoluzione profonda che sta mettendo radici, le cui conseguenze dureranno per anni. E’ il grande ricambio dei vescovi nelle diocesi del mondo, ancora più evidente in quelle italiane. E’ su questo terreno che la mano del Papa si vede con più evidenza. E’ qui che il cambiamento si sta concretizzando senza incontrare le lamentazioni e le trenodie che su altri dossier, un giorno sì e l’altro pure, si levano sul pontificato. Tra ex nunzi che da località sconosciute denunciano il Pontefice per eresia fino a chiedere la cancellazione del Vaticano II e siti internet che diffondono appelli, petizioni e raccolte di firme che ottengono sempre, inesorabilmente, l’effetto contrario rispetto a quello prefissato.
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