La racconta, e ride. Ma prima con la mano dà una botta all’indietro al suo ciuffo ribelle. Lo fa di frequente. Un vezzo. Un cedimento, forse, alla sua precedente vita. Quando era fidanzato faceva l’operaio, giocava a ramino, fischiava alle donne. “Ecco, sì, era sotto Ferragosto, stavo qui, seduto su un muretto. Un po’ nascosto, stavo scrivendo sul cellulare. Si ferma una bella ragazza, elegante. Vestiti attillati, italiano non perfetto, ma buono. Scende da una Polo celeste. Mi chiede: per caso hai 50 euro di cocaina? Io la guardo. Apro le braccia. E le rispondo di getto: io qui spaccio Gesù Cristo, te lo consiglio. Funziona molto di più. E’ candido ed è gratis. Vuoi provare?”. La ragazza – “di Roma Nord” – dopo poco realizza: ha chiesto la droga a un prete. Seguirà una scena penosa e quasi comica. Si passerà a un lei con suggestione incorporata: ah, mi scusi; ho sbagliato; stavo scherzando; volevo giocare; l’avevo confusa con un mio amico. Buonasera, don. Gas. La giovane se ne andrà subito dopo, coda tra le gambe e naso asciutto, da San Basilio. Samba, per chi è costretto ad abitare qui. Periferia Nord-Est della Capitale, Rebibbia come punto di riferimento e monito più vicino. Ventiseimila persone, il pil procapite più basso dell’Urbe: meno di 20mila euro all’anno. Reddito di cittadinanza come se piovesse. Questo apologo racconta il contagio. I borgatari che spingono la roba per sognare di diventare come i “pariolini di 18 anni” che vengono qui a comprare la merce. “Tutto molto semplice, purtroppo”.
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