“L'eutanasia è un atto omicida che nessun fine può legittimare e che non tollera alcuna forma di complicità o collaborazione, attiva o passiva", si legge nel documento vaticano
Non c’è più spazio per le interpretazioni, per i distinguo, per le valutazioni caso per caso, per i vescovi e i teologi che discettano in libri, interviste e prediche di come si può accompagnare un malato terminale in modo così ambiguo che non si comprende più ciò che divide tale accompagnamento dall’eutanasia. Venti pagine fitte della congregazione per la Dottrina della fede, firmate dal cardinale prefetto Luis Ladaria S. I., chiudono il dibattito. È stata pubblicata e presentata ieri, infatti, la lettera Samaritanus bonus sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita. “La chiesa – si legge nel testo – ritiene di dover ribadire come insegnamento definitivo che l’eutanasia è un crimine contro la vita umana perché, con tale atto, l’uomo sceglie di causare direttamente la morte di un altro essere umano innocente”. Ancora, “l’eutanasia si situa, dunque, al livello delle intenzioni e dei metodi usati. La valutazione morale di essa, e delle conseguenze che ne derivano, non dipende pertanto da un bilanciamento di princìpi che, a seconda delle circostanze e della sofferenza del paziente, potrebbero secondo alcuni giustificare la soppressione della persona malata. Valore della vita, autonomia, capacità decisionale e qualità della vita non sono sullo stesso piano”.
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