Il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, mons. Massimo Camisasca, è stato fra i primi a dubitare delle ricostruzione fornite dai media sul passaggio “incriminato” del documentario “Francesco”, in cui il Papa sembrava benedire la famiglia omosessuale, con tanto di prole, quasi fosse uguale a quella composta da mamma e papà. Ne è seguito un dibattito su cosa volesse davvero dire Francesco. Non è la prima volta che accade in questi sette anni e mezzo di pontificato. Ma insomma, il Papa ha cambiato la dottrina e innovato la prassi, o è stato vittima di una trappola? “Offro una lettura di quello che è accaduto”, risponde Camisasca al Foglio: “Naturalmente è una mia lettura, di una persona che non possiede tanti elementi per valutare con più profondità. Il Papa ha rilasciato un’intervista nel maggio del 2019 a una giornalista messicana. In quest’intervista, che era per un pubblico latinoamericano e che ha come sfondo l’esperienza di Bergoglio in America latina, Francesco ha sostanzialmente detto due cose. Innanzitutto, che i giovani omosessuali devono poter essere riconosciuti dalle proprie famiglie come figli di Dio, come persone, come soggetti che non devono in alcun caso essere espulsi dalla famiglia e respinti. Il riferimento, qui, è a una prassi ancora presente in America latina. Quindi, chi ha interpretato la frase del Papa ‘le persone omosessuali devono avere una famiglia’ come ‘devono essere una famiglia’, ha volutamente o non volutamente equivocato quanto detto dal Santo Padre. Se si va a leggere la frase in spagnolo, essa mi sembra inequivocabile. Un secondo aspetto riguarda ciò che il Papa chiama in spagnolo ‘ley de convivencia civil’. Effettivamente egli, come arcivescovo di Buenos Aires, per evitare che nell’ordinamento argentino le unioni omosessuali fossero equiparate ai matrimoni, favorì una ‘ley civil’ che riconoscesse i diritti delle persone. Da questo punto di vista, mi sembra che non ci sia alcuna innovazione della dottrina come ben hanno capito gli esponenti del movimento lgbt in Argentina che, non a caso, hanno accolto negativamente le parole del Papa nell’intervista. Il Vaticano deve però aver avvertito che questa seconda risposta del Papa poteva essere strumentalizzata, e così è stata tagliata. Non si sa da chi, questa parte è stata data al regista russo che ha composto il film documentario intitolato ‘Francesco’. Rimane a me misterioso – prosegue Camisasca – perché il Vaticano non abbia chiarito l’accaduto. Forse, si sta cercando chi ha operato questo passaggio. Per quanto riguarda l’altra parte della domanda, la prassi pastorale, io penso che sia mutata: non solo con Papa Francesco, ma lentamente anche con i Pontefici precedenti. Effettivamente c’è un grosso interrogativo nella Chiesa oggi a riguardo della vita di persone omosessuali o addirittura di coppie omosessuali. Dal documento Persona Humana della congregazione per la Dottrina della fede (1975), al Catechismo fino ai pronunciamenti più recenti, penso ad Amoris laetitia, la Chiesa ha compiuto un percorso reale di scoperta delle persone con orientamento omosessuale, accogliendo loro e accogliendo il loro mistero, valutandone l’integrazione nella vita pastorale delle parrocchie, delle comunità e dei movimenti. Soprattutto, però, la Chiesa si è posta l’interrogativo sulla questione più dirimente e importante: se una persona ha orientamenti omosessuali fin dalla nascita, questo rivela un disegno di Dio su di lui? E’ una vocazione? E quindi come giudicare l’affetto di una persona con orientamento omosessuale verso una persona con analogo orientamento? Penso che questo sia davvero un tempo propizio per riflettere e per coniugare ascolto e attenzione con la strada che la Chiesa ha ritenuto nei secoli di dover indicare a queste persone”.
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