Il consueto messaggio augurale del Pontefice ai cardinali e ai vescovi non tradisce le attese: "La Chiesa, letta con le categorie di conflitto – destra e sinistra, progressisti e tradizionalisti – frammenta, polarizza, perverte e tradisce la sua vera natura"
Roma. “Chi non guarda la crisi alla luce del Vangelo, si limita a fare l’autopsia di un cadavere”. Il discorso natalizio del Papa alla curia non smentisce le attese: il canovaccio seguito è simile ai precedenti, quando cardinali e vescovi si accostano terrorizzati al canonico appuntamento paradossalmente e ironicamente intitolato “Presentazione degli auguri natalizi”. Francesco parla di crisi e conflitto, inizia con i riferimenti alla pandemia che tutto ha cambiato, per poi arrivare all’impietosa fotografia dello stato della chiesa. “Siamo spaventati dalla crisi non solo perché abbiamo dimenticato di valutarla come il Vangelo ci invita a farlo, ma perché abbiamo scordato che il Vangelo è il primo a metterci in crisi. Ma se troviamo di nuovo il coraggio e l’umiltà di dire ad alta voce che il tempo della crisi è un tempo dello Spirito, allora, anche davanti all’esperienza del buio, della debolezza, della fragilità, delle contraddizioni, dello smarrimento, non ci sentiremo più schiacciati, ma conserveremo costantemente un’intima fiducia che le cose stanno per assumere una nuova forma, scaturita esclusivamente dall’esperienza di una Grazia nascosta nel buio”.
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