Chissà se mentre preparava la Lettera al popolo di Dio che è in cammino in Germania, poi pubblicata alla fine di giugno del 2019, il Papa stava pensando al punto 32 del più importante documento del suo pontificato, l’esortazione apostolica Evangeli gaudium, il programma, la tabella di marcia, la bussola che ha orientato e tenta ancora di orientare i passi di Francesco. Era deciso, Bergoglio, in quel punto-chiave del testo, a dire che bisognava finalmente avviare la “conversione del papato”, coinvolgendo le conferenze episcopali nazionali affinché potessero “portare un molteplice e fecondo contributo acciocché il senso di collegialità si realizzi concretamente”. Scriveva, il Papa, che era necessario renderle “soggetti di attribuzioni concrete, includendo anche qualche autentica autorità dottrinale”, perché “un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria”.
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