I trentadue morti dell’attentato di Baghdad rivendicato dall’Isis hanno confermato, ammesso che ce ne fosse bisogno, quanto problematico sia il programmato viaggio che il Papa effettuerà in Iraq all’inizio di marzo. A parole è tutto confermato: qualche giorno fa i giornalisti intenzionati a viaggiare sull’aereo papale sono stati invitati a prenotarsi. Sul resto, però, è buio fitto. Il piano è ambizioso: Baghdad e le terre curde martoriate dalla violenza jihadista, un pellegrinaggio sulle orme dei martiri di oggi, “più numerosi di quelli dei primi secoli”, come ha più volte detto Francesco. Il problema è che a oggi la sicurezza non è garantita né può esserlo. Chi dovrà sorvegliare sui trasferimenti del corteo ufficiale e delle troupe al seguito? Non è un mistero che la Segreteria di stato abbia da tempo sollevato qualche perplessità sulla trasferta irachena.
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