Nessuna sorpresa dietro al no del Papa alla benedizione delle coppie gay
“La Chiesa non benedice né può benedire il peccato". Brutto colpo per la narrazione che ha costruito il Pontefice liberal
Francesco approva la risposta data dalla congregazione per la Dottrina della fede a un dubium portato alla sua attenzione. Il presidente della Conferenza episcopale tedesca: "E' solo un parere"
Domanda: “La Chiesa dispone del potere di impartire la benedizione a unioni di persone dello stesso sesso?”. Risposta: “No”. Fine dei discorsi. Non è un riassunto giornalistico di una questione da tempo aperta e delicatissima, quella della benedizione delle coppie gay: è la risposta (responsum) che la congregazione per la Dottrina della fede ha dato a un dubium pervenuto. Un interrogativo sempre più diffuso, soprattutto in quelle conferenze episcopali che da più di un anno lavorano a rivoluzioni profonde nella dottrina e nella pastorale, nonostante i moniti papali e curiali. E’ un colpo non da poco quello inflitto oggi dall’ex Sant’Uffizio alle istanze tedesche. Perfino il presidente dei vescovi di Germania, mons. Georg Bätzing, nella sua lista di richieste – tra cui spiccano come è noto l’ordinazione delle donne e la resa facoltativa del celibato sacerdotale, pilastri del percorso sinodale biennale – aveva detto che tutto sommato non c’erano elementi ostativi a tale pratica e oggi spiega che quello pubblicato lunedì dal Vaticano “è solo un parere”. Invece no.
Non è solo la nota esplicativa firmata dal cardinale Luis Ladaria S.I. a stabilirlo con chiarezza cristallina – “Non è lecito impartire una benedizione a relazioni, o a partenariati anche stabili, che implicano una prassi sessuale fuori dal matrimonio (vale a dire, fuori dell’unione indissolubile di un uomo e una donna aperta di per sé alla trasmissione della vita), come è il caso delle persone dello stesso sesso” – ma a rilevare è la constatazione che il Papa è perfettamente d’accordo: Francesco, infatti, “è stato informato e ha dato il suo assenso alla pubblicazione del suddetto Responsum ad dubium, con annessa Nota esplicativa”. Immaginabile la reazione emotiva che subito ha inondato siti internet, blog e social. Ma come?, si domandavano i più, ma non era il Papa del chi-sono-io-per-giudicare, quello premiato dalla rivista americana rivolta a lettori lgbt The Advocate come uomo dell’anno nel 2013? Sì, era lui.
L’errore è stato quello di scegliere ciò che delle parole papali, dei suoi scritti e dei suoi discorsi a braccio risultava utile per sostenere una certa “narrazione”. Sarebbe stato sufficiente leggere quanto ha detto sul gender paragonato a “una guerra mondiale per distruggere il matrimonio” (in Georgia nel 2016) e a uno “sbaglio della mente umana che fa tanta confusione” (a Napoli, nel 2015 – solo per fare due esempi – e proporlo al pubblico fedele con la stessa profondità con cui si presentano i discorsi sul surriscaldamento climatico e la deforestazione amazzonica. Subito sarebbe risultato chiaro che la linea di Francesco sul tema in oggetto è sempre stata quella della continuità. Anzi, semmai ha usato toni più duri e – in qualche caso – assai poco politicamente corretti. Più che prestare attenzione alla linea del Pontefice si è voluto costruire un santino da portare in tasca ed esibire ad assemblee di partito, convegni liberal, sit-in rivendicanti diritti e pari opportunità. Cercando frasi a effetto del Papa ganzo e decontestualizzandole. Un problema, questo delle benedizioni, che per Francesco non esiste: “La Chiesa non benedice né può benedire il peccato: benedice l’uomo peccatore, affinché riconosca di essere parte del suo disegno d’amore e si lasci cambiare da Lui”. Fonte: udienza generale del 2 dicembre 2020. Ecco perché, “la Chiesa non dispone, né può disporre, del potere di benedire unioni di persone dello stesso sesso”.