Le dimissioni del cardinale Marx, un missile contro il pontificato di Francesco
“La Chiesa è a un punto morto”. Duro j'accuse per gli insabbiamenti relativi agli abusi sessuali. Ma c'è di più
L’addio dell’arcivescovo rende manifesto lo stallo in cui versa il pontificato e – più in generale – la Chiesa cattolica. Marx chiede un “nuovo inizio” e una riforma: il problema è che Francesco è colui che più ha aperto in tale direzione
Roma. "Santo Padre, indubbiamente la Chiesa in Germania sta attraversando dei momenti di crisi. Certamente vi sono molti motivi – anche oltre la Germania in tutto il mondo – che qui non ritengo dover elencare dettagliatamente. Tuttavia, la crisi viene causata anche dal nostro personale fallimento, per colpa nostra. Questo mi appare sempre più nitidamente rivolgendo lo sguardo sulla Chiesa cattolica in generale e ciò non soltanto oggi, ma anche in riferimento ai decenni passati. Mi pare – e questa è la mia impressione – di essere giunti ad un punto morto”. Inizia così la lettera con cui il sessantasettenne cardinale Reinhard Marx chiede al Papa di accettare le sue dimissioni dalla guida dell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga. Non si può più andare avanti così, spiega il potentissimo ex capo della Chiesa tedesca, e la causa è la poca voglia mostrata in tanti settori ecclesiali di combattere la piaga degli abusi sessuali: “Per me – scrive Marx – si tratta di assumersi la corresponsabilità relativa alla catastrofe dell’abuso sessuale perpetrato dai rappresentanti della Chiesa negli ultimi decenni. Le indagini e le perizie degli ultimi dieci anni mi dimostrano costantemente che ci sono stati sia dei fallimenti a livello personale che errori amministrativi, ma anche un fallimento istituzionale e ‘sistematico’. Le polemiche e discussioni più recenti hanno dimostrato che alcuni rappresentanti della Chiesa non vogliono accettare questa corresponsabilità e pertanto anche la colpa dell’Istituzione. Di conseguenza rifiutano qualsiasi tipo di riforma e innovazione per quanto riguarda la crisi legata all’abuso sessuale”.
Fin qui le motivazioni ufficiali addotte per giustificare le dimissioni, mediaticamente succulente visto che trattasi di abusi, sesso e potere. Argomenti che si portano di più rispetto a dotte disquisizioni sull’eucaristia, naturalmente. Sarebbe però errato ritenere che l’addio del cardinale sia dovuto solo a questo. La porta sbattuta da Marx fa rumore, è un colpo tremendo al pontificato di Francesco, benché l’arcivescovo bavarese dimissionario da anni si fosse spinto su posizioni assai più innovatrici rispetto alle aperture papali. Durante il Sinodo biennale sulla famiglia, Marx invocò svolte radicali in fatto di dottrina e morale, aggiungendo che di certo non sarebbe stata “Roma a dirci cosa dobbiamo fare in Germania”. E’ andato avanti con il cammino sinodale “vincolante” in patria nonostante da Roma facessero notare a lui (e al suo successore alla testa della Conferenza episcopale tedesca, mons. Georg Bätzing) che bisognava rallentare, riversando ogni energia più sulla necessità di unire che non di dividere ulteriormente la Chiesa. Appelli – tutti – rispediti al mittente. Marx si dimette ma non recede dall’intento per lui – e per la gran parte dei confratelli vescovi tedeschi – prioritario, che resta “una riforma della Chiesa”. E, aggiunge, “un punto di svolta per uscire da questa crisi può essere, secondo me, unicamente quello della ‘via sinodale’, una via che davvero permette il discernimento degli spiriti”.
L’addio dell’arcivescovo, si vedrà poi cosa deciderà il Papa in proposito, rende manifesto lo stallo in cui versa il pontificato e – più in generale – la Chiesa cattolica. Marx chiede un “nuovo inizio” e una riforma: il problema è che Francesco, vescovo di Roma dal 2013 e non da ieri, è colui che più ha aperto in tale direzione. Ha concesso, primo nella storia, “autorità dottrinale” alle conferenze episcopali nazionali, ha puntato tutto sul Sinodo come strumento di dialogo e confronto all’insegna della parresia, ha rinnovato e innovato laddove umanamente possibile. E ora uno dei suoi uomini più fedeli, manager scaltrissimo e politico potentissimo, lascia la Barca parlando di fallimento proprio su uno dei punti cardine dell’agenda di Bergoglio: la lotta, coraggiosa nonostante qualche passo falso (la vicenda cilena con conseguenti interviste ad alta quota ha lasciato ferite che stentano a cicatrizzarsi), agli abusi sessuali commessi da membri del clero. Francesco è il Pontefice che convocò a Roma, due anni e mezzo fa, esperti e prelati a discutere della protezione dei minori nella Chiesa, con mea culpa sinceri mentre alle porte del Vaticano s’agitavano manette e cappi e s’invocava la galera per i vescovi.
Per anni ci si è arrovellati su questioni laterali, dalle commissioni sulle diaconesse allo stato delle finanze vaticane, dagli eventi sul cambiamento climatico alla sensibilizzazione sulla fauna in via d’estinzione. E mentre il mondo plaudiva alle rivoluzioni vere o presunte e agli ammiccamenti mondani, le fondamenta si squagliavano poco a poco, continuando l’erosione iniziata decenni fa e proseguita ora nonostante gli spot sulla Chiesa 3.0 che non giudica. Marx ha accompagnato l’episcopato tedesco alla resa dei conti con Roma, opera che prosegue ora con il successore mons. Bätzing. Il Sinodo tedesco è in corso e procede nonostante l’attenzione, negli ultimi mesi, si sia spostata su altre questioni, come il dossier sugli abusi nella diocesi di Colonia, dove il Papa ha mandato due visitatori (il cardinale Anders Arborelius e il vescovo di Rotterdam mons. Johannes van den Hende) chiamati a fare chiarezza su come la faccenda è stata gestita anche dall’attuale arcivescovo, il cardinale Rainer Maria Woelki. Il fatto che ieri sia stato sottolineato il passaggio conclusivo della lettera di Marx in cui assicura di voler continuare “con piacere a essere prete e vescovo di questa Chiesa” rende l’idea della crisi: se un cardinale, membro del gruppo ristretto che consiglia il Papa circa il governo della Chiesa universale, sottolinea di voler rimanere in comunione con Roma, significa che il quadro è allarmante.