Esclusiva
Il cardinale Pell: "Il Papa è stato raggirato, il processo sui fondi vaticani andrà avanti"
Le accuse di pedofilia, l'arresto, il carcere: "Ho trovato la giustizia, passo dopo dopo passo, grazie alla fede"
A cena con il porporato australiano in questi giorni a Roma: "Francesco è arrabbiato perché si è sentito ingannato sugli investimenti all'estero, ma andrà fino in fondo"
“Possiamo farle una domanda? Certo, ma non sono sicuro che riceverà una risposta”. Risata generale della tavolata. George Pell è di buon umore. E anche i suoi commensali. È da poco arrivata la grappa. Il bicchiere del cardinale è pieno per metà. La cena è finita, si può andare in pace. Pell è seduto con cinque preti in una saletta riparata del ristorante “Da Vincenzo”, locale che da anni lo vizia con specialità di pesce. Ha portato il suo corpo da ex rugbista pantagruelico fin qui. In via Castelfidardo, all’incrocio con Via XX Settembre, sede del ministero dell’Economia. Un richiamo alla sua precedente vita di prefetto delle finanze vaticane. Nei suoi soggiorni romani si divide tra la sua casa a due passi dal Vaticano e la Domus Australia, in via Cernaia, angolo con Cassa depositi e prestiti.
Altra suggestione. I soldi, il potere, gli investimenti. Il cardinale si staglia su tutti. Due giovani ministri del culto, due di mezza età e uno che sembra suo coetaneo, anche lui sull’ottantina. Riempie la stanza. Porta dentro di sé una storia incredibile. Quattrocentoquattro giorni di carcere in Australia prima di essere prosciolto dalla Suprema corte da un’accusa infamante: pedofilia. E’ tutto raccontato nel libro Diario di prigionia. Un po’ “George Pellico”. “Se sono stato coraggioso? Non lo so, questo dovete dirmelo voi”. Ma come ha fatto a resistere alla gogna, alla calunnia, alla mancanza di luce e verità? “Ho pazientato. Con la fede. Passo dopo passo”. La compagnia si fa seria. Fin troppo banale dire come ci sia stato un primo e un dopo per Pell. A bruciapelo: ma l’inchiesta sui fondi vaticani rischia di bloccarsi perché le scelte di Becciu furono avallate dal Papa? “No, l’inchiesta andrà avanti. Francesco è molto arrabbiato: si è sentito ingannato. Raggirato”.
Pell parla con il Foglio con cortese fermezza. Sembra, ma è il suo corpo a parlare chissà il suo spirito come sta, che la caccia grossa scatenata nei suoi confronti sia ormai solo un ricordo. “Ultimamente ho ricevuto giustizia”, dice ancora con una serena rassegnazione dopo il lungo calvario giudiziario, umano e religioso.
Eccolo. E’ a Roma. E’ stato il simbolo di un’accusa a tutto il clero. Il reato più ignobile, il malcostume trasformato in sistema. Una storia, la sua, che si è incrociata con quella di Giovanni Angelo Becciu, prima potentissimo sostituto della Segreteria di stato e poi prefetto della congregazione per le Cause dei santi. E poi il Papa. Per un’ingiustizia subita e riparata dopo un anno, ammesso che esista un condono davanti a simile pioggia di fango, c’è il filo dell’inchiesta sulle finanze vaticane. Un dossier che il cardinale conosce bene. “I miei ricordi da ministro delle Finanze? Erano tempi antichi, il mondo ormai è cambiato”, taglia corto.
Intanto però pende ancora la vicenda del celeberrimo palazzo diSloane Avenue, a Londra, finanziato con i fondi riservati della Segreteria di stato, dall’Apsa. Obolo e immobili. Il processo del secolo. La punta di un iceberg. Accuse sonanti: estorsione, peculato, truffa aggravata e autoriciclaggio.
Pell è sicuro che anche in questo caso si arriverà a una sentenza da cui sgorgheranno le acque fresche della verità, che non ci sarà un porto delle nebbie oltretevere. Ma nulla sembra riuscire a mutargli l’umore, soprattutto arrivato a questo punto della serata. Prima di andare a coricarsi dopo una cena in compagnia assicura, mentre tutti lo osservano in religioso silenzio, che “questa storia andrà avanti, lo vuole anche il Papa. O almeno credo, insomma: non sono un profeta, no?”.