Il disarmo progressivo della Chiesa e il peggio che potremmo vedere
Tutti impegnati a dimostrare la connaturalità di cura delle anime e pedofilia criminale. E con il processo alla Chiesa italiana, la campagna degli abusi sta per entrare in una fase ulteriore e ulteriormente devastante
Fede e profezia sono cose serie, e nel convento del suo ritiro al Mater Ecclesiae il venerando Ratzinger ha spesso confidato ai suoi interlocutori che esse sono il suo vero ancoraggio spirituale, ma per chi lo osservi senza questi strumenti o vocazioni a disposizione, il disarmo progressivo della Chiesa cattolica di rito latino è un fenomeno impressionante. Il nazismo profetico del Terzo Reich è durato dodici anni. Il comunismo profetico dell’Unione sovietica più o meno settant’anni. L’Italia unita ha poco più di centocinquant’anni. A fine Settecento, con la rivoluzione industriale inglese il capitalismo entra nella sua fase di trasformazione accelerata dei costumi e della storia umana, e sono due secoli e spicci. La Chiesa di Roma dura da un paio di millenni, innestata dal Vangelo, con le Lettere paoline, sul troncone gerosolimitano. Quarantacinque anni fa venne eletto un polacco, il Papa straniero, una primizia nei secoli. Si era a un anno dall’ascesa imminente della Thatcher a Londra, di Reagan a Washington.
Cristo era rimasto alla destra del Padre, il Messia si fa attendere, non è il postino che suona sempre due volte, e però il cristianesimo era ridisceso in terra come strumento di discernimento tra bene e male e come fattore di trasformazione della condizione umana. In undici anni crollò il Muro di Berlino, poi l’impero sovietico, furono liberate e rivoluzionate l’Europa centrale e orientale, si faceva largo una specie di giovinezza del mondo, un orizzonte nuovo di zecca faceva da sfondo al pop della istituzione antica che contraddiceva con il suo gran teatro le ideologie concentrazionarie e i totalitarismi dei fatti e delle idee. Chiesa e papato erano al centro di questo processo, sfolgoravano di formule felici, benedivano tutti e rampognavano il modernismo relativista in nome dello splendore della verità, il muscolo di fede e profezia del cuore occidentale brillava coperto di olio santo. Alla luce di quanto sta repentinamente accadendo, attraverso e dopo la Renuntiatio di Benedetto XVI, a una Chiesa disarmata che adotta il linguaggio degli scristianizzatori, dei persecutori in giudizio del clero ordinato, dei sociologi, sondaggisti, giuristi, psicologi impegnati senza contrasto e resistenza e difesa a dimostrare la connaturalità di cura delle anime e pedofilia criminale, in nome della giustizia delle vittime, quel canto era il canto del Cigno.
Nove anni fa, con un gesto impressionante di resa e di resistenza insieme, paradossi e ossimori propri della grande scena ecclesiastica, il teologo bavarese Ratzinger aveva suonato l’allarme con l’abbandono e il ritiro, lasciando la parola ai signori cardinali. Da nove anni in qua il pastore argentino fatto Papa senza numero di riferimento nella tradizione, misteriosamente assente dal ritorno nel suo paese d’origine, il primo pontefice gesuita, ha mutuato dal mondo il processo alla Chiesa ultramondana e, per parafrasare Matteo, la pietra petrina si mostra friabile e nessuno è in grado di escludere che portas inferi praevalebunt adversus eam. Con il processo alla Chiesa italiana, la campagna degli abusi sta per entrare in una fase ulteriore e ulteriormente devastante, e dopo l’espugnazione dell’ultima rocca il cambiamento rischia di non essere più nella natura della tradizione ma di natura e specie. Ne abbiamo viste tante, questa è la maggiore.