Il capo dei vescovi tedeschi dà la caccia a Benedetto XVI: “Chieda scusa”

L'accusa di mons. Bätzing, numero uno della Conferenza episcopale di Germania, al Papa emerito: "Dica di aver commesso degli errori"

Matteo Matzuzzi

Ma quali bugie, la vicenda del prete pedofilo “coperto” nel 1980 è a pagina 1.051 della biografia di Ratzinger scritta da Peter Seewald

“Benedetto XVI deve pronunciarsi, non tener conto di quello che dicono i suoi consulenti. Deve dire la semplice frase ‘ho delle colpe, ho fatto degli errori, prego che chi è rimasto coinvolto di perdonarmi’”, ha detto nel corso di una trasmissione televisiva il presidente della Conferenza episcopale tedesca, mons Georg Bätzing. Sicuro di sé e della verità, il presule –  che negli ultimi anni si è fatto notare per le interviste in cui reclamava il via libera alle diaconesse, urgenza suprema della Chiesa – ha confermato in poche battute lo spirito che anima la caccia a Joseph Ratzinger, accusato da un rapporto commissionato dall’arcidiocesi di Monaco e Frisinga di aver coperto ben quattro chierici pedofili tra il 1977 e il 1982 (Mons. Bätzing si complimenta invece con il cardinale Reinhard Marx, che la diocesi di Monaco la guida oggi e non quattro decenni fa, ed è finito pure lui nel doloroso rapporto). Il punto dolens, che tanto ha agitato la stampa internazionale, è la vicenda di padre Peter Hullermann (abusatore seriale), spostato da Essen a Monaco nel 1980 per essere affidato a buoni psichiatri. Nella memoria difensiva consegnata allo studio legale che ha lavorato al dossier, Benedetto XVI negava di aver partecipato alla riunione in cui si discusse la vicenda, salvo poi – quando l’accusa giacobina d’aver scandalosamente mentito e per di più su un tema delicato come quello della pedofilia aveva valicato le Alpi – correggersi e ammettere che effettivamente aveva partecipato (quarantadue anni fa) a quell’incontro. Scuse su cui in Germania hanno sorvolato, a cominciare proprio da mons. Bätzing, che con tutta evidenza non ha letto la biografia del Papa emerito scritta da Peter Seewald. Perché lì è tutto documentato. Lo ha fatto notare, con tanto di foto postate online, il vescovo di Passau, mons. Stefan Oster, che fin dall’inizio  si era mostrato assai dubbioso sulle accuse rivolte a Ratzinger.

 

A pagina 1.051 dell’edizione italiana di Una vita (Garzanti), si legge infatti che “in veste di vescovo, durante una riunione del Consiglio dell’ordinariato nel 1980 aveva soltanto acconsentito ad accogliere il sacerdote in questione a Monaco affinché potesse sottoporsi a sedute di psicoterapia, ma il vicario generale Gerhard Gruber aveva autorizzato il sacerdote a prestare servizio in una parrocchia, contrariamente alla decisione di Ratzinger”. Insomma, Benedetto XVI non ha mai nascosto tale riunione, al punto da confermare i fatti nella sua biografia, scritta dal fidato Seewald. Non proprio lo stile di un McCarrick, tanto per fare il nome di un porporato che solo fino a pochi anni fa entrava in Vaticano alla stregua d’un faraone servito e riverito. Le parole del capo dei vescovi tedeschi sono gravi, non trattandosi in questo caso di articoli apparsi sui giornali bensì di un vescovo con incarichi di massima responsabilità in una Conferenza episcopale. Un’uscita improvvida tale da ritenere necessario un intervento delle alte gerarchie vaticane e non solo  un editoriale di Vatican News.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.