la posizione del vaticano
Per il Papa l'ira di Putin è stata agevolata dalla Nato
Nell'intervista al Corriere il Pontefice ammette di aver chiesto a Putin un colloquio. L'attacco all'Alleanza atlantica che non doveva "abbaiare davanti alle porte della Russia". Salvini su Twitter lo appoggia
"Ho chiesto al cardinale Parolin, dopo venti giorni di guerra, di far arrivare il messaggio a Putin che io ero disposto ad andare a Mosca". Papa Francesco torna a parlare della guerra. E lo fa in un'intervista al Corriere della Sera, sottolineando la volontà di incontrare il capo del Cremlino ancora prima del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Richiesta a cui però Putin non ha ancora risposto. "Ma tutta questa brutalità come si fa a non fermarla? Venticinque anni fa con il Ruanda abbiamo vissuto la stessa cosa”: e qui il Pontefice si avventura in un paragone tra il genocidio in Ruanda e il massacro che si sta svolgendo sotto i nostri occhi. Cosa avrebbero in comune i due conflitti? Semplice, secondo questa teoria sarebbe anche colpa della negligenza della Nato: per Bergoglio non si doveva "abbaiare davanti alle porte della Russia", portando la Federazione a reagire negativamente e a inscenare questo conflitto. Una responsabilità condivisa, sembra dire il Papa allineandosi ai tanti critici, studiosi o personaggi che ultimamente popolano i talk show italiani.
I mesi difficili in cui ogni nazione segue con il fiato sospeso gli svolgimenti della guerra in Ucraina, e le sue conseguenze, hanno turbato profondamente anche il Pontefice, che nel corso del colloquio, dopo aver appurato il casus belli, esprime le sue perplessità sull'invio delle armi, ammettendo di essere lontano da questi temi per poterne parlane con le competenze richieste. "I russi adesso sanno che i carri armati servono a poco e stanno pensando ad altre cose. Le guerre si fanno per questo: per provare le armi che abbiamo prodotto”.
C'è bisogno di un maggiore contrasto verso questi commerci, ha sottolineato citando lo stop a Genova di un convoglio che portava armi nello Yemen e che i portuali scelsero “due o tre anni fa” di fermare. Ogni guerra è dettata da interessi internazionali: dalla Siria allo Yemen passando per le rivendicazioni russe in terra ucraina, Francesco constata che uno stato libero non può fare la guerra a un altro stato libero: la reazione ucraina nel Donbass è "cosa vecchia, parliamo di dieci anni fa. In Ucraina sembra che sono stati gli altri a creare il conflitto."
L'urgenza di doversi confrontare con Vladimir Putin è l'altro punto cruciale dell'intervista del Pontefice: ha rimarcato di voler incontrare il capo del Cremlino nell'immediato, ancora prima di recarsi a Kyiv. L'obiettivo di fermare l'escalation di violenza quindi passerebbe prima da un colloquio con Putin, "ma anche io sono un prete, faccio quello che posso. Se Putin aprisse la porta…”. E guarda ai passi compiuti dal collega ortodosso Kirill: con il patriarca di Mosca il Papa si è confrontato in un colloquio via zoom il 15 marzo scorso senza risolvere nulla in quanto le “giustificazioni” della guerra citate da Kirill non sono state accettate da Francesco. “Ho ascoltato e gli ho detto: di questo non capisco nulla. Fratello noi non siamo chierici di Stato, non possiamo utilizzare il linguaggio della politica, ma quello di Gesù. Siamo pastori dello stesso santo popolo di Dio. Per questo dobbiamo cercare via di pace, far cessare il fuoco delle armi. Il patriarca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin. Io avevo un incontro fissato con lui a Gerusalemme il 14 giugno. Sarebbe stato il nostro secondo faccia a faccia, niente a che vedere con la guerra. Ma adesso anche lui è d’accordo: fermiamoci, potrebbe essere un segnale ambiguo”. Niente Kirill e niente Zelensky: la via per la pace passa prima dal Cremlino.
Forse in pochi si sarebbero aspettati delle posizioni così "nè con Putin né con la Nato" da parte del capo della Chiesa: Francesco ha condannato l'uso delle armi, la violenza utilizzata ma ha chiaramente affermato che anche l'Alleanza atlantica deve ammettere alcune colpe, per aver generato un conflitto senza senso. In questo è sembrato sposare la visione di Matteo Salvini, che proprio nelle ultime ore aveva dichiarato di volersi recare da Putin, annunciando di aver richiesto anche il visto necessario: su Twitter si è congratulato con il Santo Padre, "l'unico a voler cercare la pace". Peccato che ci fosse già stato il dietrofont del ministro Giorgetti che al termine della conferenza stampa di lunedì sera ha risposto alla domanda del Foglio, rettificando quanto detto dal leader della Lega: "Non mi risulta che sia in programma un viaggio di questo tipo a Mosca. Credo che le azioni diplomatiche internazionali in una situazione come questa richiedano prudenza".
Salvini insomma alla fine non partirà ma ha già trovato una sponda del Pontefice. Che sulla conclusione della guerra si sbilancia: "Orbán quando l’ho incontrato mi ha detto che i russi hanno un piano, che il 9 maggio finirà tutto. Spero che sia così, così si capirebbe anche l’escalation di questi giorni. Perché adesso non è solo il Donbas, è la Crimea, è Odessa, è togliere all’Ucraina il porto del Mar Nero, è tutto. Io sono pessimista ma dobbiamo fare il possibile perché la guerra si fermi".
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