Il regime cinese arresta e poi rilascia il cardinale Zen: un brutto segnale
Pechino manda un messaggio non solo a chi ancora spera di preservare un barlume di democrazia e libertà a Hong Kong, ma anche a Roma
Il porporato novantenne era stato arrestato a Hong Kong assieme all’avvocato Margaret Ng e all’attivista Denise Ho. I tre erano soci del 612 Humanitarian Relief Fund, impegnato nell’assistenza legale di migliaia di attivisti coinvolti nelle manifestazioni del 2019 organizzate per contrastare la legge sull’estradizione
Roma. E’ stato rilasciato su cauzione alle 23 ora locale di oggi, il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, novant’anni compiuti lo scorso gennaio. Era stato arrestato a Hong Kong assieme all’avvocato Margaret Ng e all’attivista Denise Ho. I tre erano soci del 612 Humanitarian Relief Fund, impegnato nell’assistenza legale di migliaia di attivisti coinvolti nelle manifestazioni del 2019 organizzate per contrastare la legge sull’estradizione, fortemente voluta dal governo cinese. Il 12 giugno di tre anni fa scesero in piazza due milioni di persone. Lo scorso ottobre, dopo l’approvazione della legge sulla sicurezza nazionale – assai cara al neoeletto governatore, John Lee – il “612 Humanitarian Relief Fund” era stato sciolto dalle autorità. Due giorni fa, era stato arrestato anche un altro membro dell’associazione, il professor Hui Po-keung. Cyd Ho Sau-lan, destinatario del medesimo provvedimento, si trovava già in carcere. Per tutti, l’accusa è la stessa: collusione con “forze straniere”. Stringato era stato il commento del Vaticano: “La Santa Sede ha appreso con preoccupazione la notizia dell’arresto del cardinale Zen e segue con estrema attenzione l’evolversi della situazione”.
Il cardinale Zen è da tempo nel mirino di Pechino: da sempre in prima fila contro la campagna antireligiosa del regime comunista – quello che non di rado ordina la distruzione delle chiese, l’abbattimento delle croci e l’arresto sine die di vescovi non allineati – da anni contesta pubblicamente l’avvicinamento della Santa Sede a Xi Jinping. Contrario all’accordo provvisorio (che dovrà essere rinnovato il prossimo autunno) relativo alla nomina dei vescovi, da Zen considerato nient’altro che un appeasement. Fecero il giro del mondo le immagini del settembre 2020, quando venne a Roma e non fu ricevuto dal Papa. Forse perché prima aveva criticato la realpolitik della Segreteria di stato nell’approcciarsi al gigante asiatico. Quanto accaduto ieri era prevedibile: due anni fa, in una lunga intervista al Foglio, disse che in Cina “non c’è libertà religiosa perché non c’è libertà. Noi, e lo ripeto, non dobbiamo aspettarci nulla. In Cina perseguitano le chiese perché non c’è libertà per nessuno. Purtroppo, sia a Hong Kong sia a Roma, si cerca di rabbonire Pechino, mostrandosi così arrendevoli”. L’arresto del cardinale è un segnale non solo a chi ancora spera di preservare un barlume di democrazia e libertà a Hong Kong, ma anche a Roma: non ci sono immunità né privilegi. Se qualcuno si frappone alla volontà di Xi, sarà punito. Senza eccezioni.
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