L'editoria religiosa in crisi
Il cristianesimo nel dibattito pubblico. Tentativi di ripartenza
La cultura cattolica non si è estinta: per questo si cerca una nuova primavera a Torino, prossima ad ospitare il salone internazionale del libro
Dio è morto, Marx pure e anche il libro religioso non se la passa bene. Sembrerebbe. Il calo della partecipazione religiosa, la secolarizzazione galoppante, il Covid e la flessione della presenza nelle chiese, tutto questo farebbe pensare che il segno “meno” debba riguardare anche il pensiero cattolico messo su carta.
Insomma, per usare un termine utilizzato da Giuliano Vigini, grande esperto di editoria, quella cattolica apparirebbe “in disarmo”: librerie che chiudono (l’ultima, quella delle Paoline di Perugia che serra i battenti a metà giugno), marchi in seria difficoltà, un mercato che si restringe. Epperò qualche segnale in controtendenza s’avanza. Il 2021 si è chiuso, per l’editoria religiosa, con un +13 per cento rispetto al lugubre 2020 del Covid. Avevano fatto fragore, l’ottobre scorso, i libri in tribunale dell’Editrice Dehoniana di Bologna, un colosso (nei tempi d’oro) dell’editoria cattolica: tutti i preti italiani hanno studiato sui testi stampati in quel di Bologna, la nouvelle théologie che si vergava in Francia e che aveva segnato il Concilio Vaticano II passava da lì, perfino la miglior Bibbia in circolazione (quella di Gerusalemme, curata dai frati domenicani dell’École Biblique di Gerusalemme) aveva il marchio Edb. Ora dalla città falsinea giungono voci di un rilancio, il sessantesimo anniversario della casa editrice si profila all’orizzonte e (si legge in un comunicato della casa editrice) si palesano “non nascoste aspettative di rinnovamento dell’azienda nelle mani di una nuova proprietà”.
E proprio se guardiamo al programma del Salone di Torino ormai alle porte, lì si nota una qual voglia cattolica di dire la propria e provare a lasciare il segno. Uelci, l’associazione che mette in rete 53 marchi editoriali e 69 librerie, oltre a uno stand collettivo che raduna vari editori e un ricco programma di presentazioni, ha voluto offrire al pubblico del Lingotto 3 occasioni per conoscere più da vicino altrettante figure di cristiani e cristiane del Novecento che sono stati, a loro modo, “cuori selvaggi” (titolo della trentaquattresima edizione dell’evento torinese), ovvero espressioni di un’audacia che trovava nel Vangelo la propria ragione d’essere.
Tre incontri, sei personaggi, tre testimoni. Si parte con Dietrich Bonhoeffer, teologo evangelico ucciso per ordine diretto di Hitler, capace di pensare Dio in un mondo post religioso: il suo Resistenza e resa è uno dei testi più alti della teologia del Novecento: anche Benedetto XVI ne citò il bellissimo Sequela, e Francesco l’ha additato più volte come “grande teologo”. Su Bonhoeffer intervengono giovedì il cardinale di Bologna Matteo Zuppi e il teologo Vito Mancuso, che proprio sul Foglio iniziò a scrivere i suoi contributi giornalistici.
Si cambia scenario e si passa in America latina: Oscar Romero è stato per Bergoglio, che l’ha fatto santo, l’esempio sommo di “pastore con l’odore delle pecore”, capace di sfidare la giunta militare in nome dei campesinos ammazzati per furia ideologica. Luigi Ciotti e Vincenzo Paglia, che è stato colui che ha favorito la canonizzazione di Romero, lo presentano al Lingotto venerdì. Infine, si torna dalle parti del nazismo, o meglio delle posizioni anti Hitler, con la splendida figura di Sophie Scholl, una dei ragazzi della Rosa Bianca, il gruppo di studenti e giovani universitari che sfidarono il regime nazista a colpi di volantini nella Monaco della guerra. Lucia Vantini, coordinatrice delle teologhe italiane, e Davide Prosperi, presidente di Comunione e liberazione (il Meeting di Rimini aveva dedicato alla Rosa Bianca qualche anno fa una splendida mostra), indagheranno il perché alcuni giovani inermi spaventarono il più sanguinario regime della storia umana.
Insomma, anche i cattolici ci provano. E tentano di fuggire quella deriva “bolsa” nel far libri di fede che Alberto Dal Maso, caporedattore di Queriniana (il marchio cattolico di maggior qualità, oggi, in Italia, per i libri che parlano di Dio e dintorni, secondo vari osservatori), denunciava anni fa come il male attuale dell’editoria religiosa, almeno in Italia. Dove forse la lontananza della teologia dal dibattito pubblico e la distanza tra pensiero “laico” e cattolico, nonostante i tanti tentativi fatti di rappacificazione, hanno generato un’afasia che il tempo presente chiede di interrompere. Non in un nome di una rilevanza che poi si conta politicamente, bensì nella consapevolezza che il punto di vista religioso sui fatti del mondo è una prospettiva “altra” perché Alta. Chi scrive si sentì dire, anni fa, da quel gran genio dell’editoria che fu Cesare De Michelis: “Vede, i preti vivono fuori dal mondo. E forse ogni tanto vedere le cose dal di fuori ci fa scoprire aspetti che noi forse non vediamo”.
Certo, non bastano eventi spot per risalire la china. Servono idee, fondi, persone e cuori oltre gli ostacoli. Perché un paese senza una cultura religiosa finisce poi per trovarsi in università studenti come quelli raccontati da Massimo Cacciari: “Gesù? Non è quel tizio che ha scritto il Vangelo?”.
Lorenzo Fazzini è vicepresidente Uelci, Unione editori e librai cattolici