Cosa possono fare le chiese ortodosse per la pace. Parla Bartolomeo Primo
Il Patriarca ecumenico della Chiesa ortodossa non ha mai avuto dubbi sulle responsabilità di Mosca. Ma bisogna fare ogni sforzo per giungere alla pace: “Tutte le Chiese, tutti i leader religiosi devono inviare messaggi per convincere le opinioni pubbliche ad una mobilitazione per la pace”
“Ortodossi contro ortodossi, cristiani contro cristiani. Questa è una guerra diabolica. Prego sempre affinché il Patriarca Cirillo si unisca a noi”. Bartolomeo I sintetizza così il suo pensiero sulla situazione in Ucraina e sulle divisioni che esistono nel mondo ortodosso. E’ stato lui, come guida morale e Patriarca ecumenico della Chiesa ortodossa, a concedere nel 2018 l’autocefalia (l’autogoverno) alla Chiesa ucraina provocando il risentimento di Cirillo Patriarca della Chiesa russa. Nella sede del Patriarcato ecumenico a Istanbul, dove incontro con una delegazione del Partito popolare europeo il vertice morale di 300 milioni di ortodossi, tutti sono convinti – a ragione – che la concessione dell’autocefalia alla Chiesa di Kyiv non ha nulla a che vedere con l’invasione russa. Ma certo è che, in ogni caso, la questione ortodossa e la divisione tra le diverse Chiese rappresenta un elemento fondamentale per cercare di perseguire la via della pace. Bartolomeo I si augura che i russi, alla fine, svelino la via indicata da Costantinopoli. Si tratta di una strada irta di ostacoli costruiti da divisioni antiche con alcune Chiese che la pensano in un modo, altre in un altro. I serbi, ad esempio, sono molto vicini alle posizioni dei russi.
Bartolomeo I non ha avuto dubbi sulle responsabilità di questa guerra “diabolica”: ricade sulle spalle di Mosca. Ma bisogna fare ogni sforzo per giungere alla pace: “Tutte le Chiese, tutti i leader religiosi devono inviare messaggi per convincere le opinioni pubbliche ad una mobilitazione per la pace”. Sa bene che anche la sua autorevolezza morale può dare un contributo a favore di una pace giusta che ponga fine “a questa carneficina di civili innocenti ed alla morte di migliaia e migliaia di giovani soldati ucraini e russi”. Si dice pronto ad accettare il nostro invito a parlare dal pulpito del Parlamento europeo per lanciare messaggi di pace, di difesa delle radici cristiane dell’Europa, di sostegno al dialogo interreligioso. Figura ieratica, dotata di un carisma naturalmente empatico, di tanto in tanto si esprime anche con un italiano perfetto imparato durante i suoi studi romani. Ti chiama per nome come un padre lo farebbe con un figlio. Dietro la barba bianca nasconde i suoi 82 anni ben portati e dedicati alla difesa dell’ortodossia ed il suo essere caratterizzata da un “senso profondo di continuità con la Chiesa cristiana dei primi secoli”. In ottimi rapporti con il Vaticano mi regala un libro scritto a quattro mani dal cattolico monsignor Coda e dal compianto metropolita ortodosso d’Italia Gennadios Zervos. E’ un modo per dimostrare la vicinanza tra Costantinopoli e Roma.
La visita al Patriarcato dove risalta lo splendore della chiesa di San Giorgio con le sue opere d’arte ci spinge a cercare di capire la spiritualità ortodossa, ma anche il ruolo più terreno che svolgono le Chiese autocefale nei Balcani, ma soprattutto in Russia. Troppo spesso una parte del clero ortodosso è direttamente coinvolto con il potere politico e fuori dai confini della Federazione russa diventa promotore degli interessi di Mosca fra i fedeli ortodossi dei diversi Paesi. Esempio lampante: i Balcani. Probabilmente questo è il frutto di un vecchio modo di convivere (anche per sopravvivere fisicamente) con il regime sovietico di tanti rappresentanti del clero ortodosso che finivano per servire contemporaneamente Dio e il Kgb. Nella importante sede di un Patriarcato l’ufficio dal Patriarca è allo stesso piano dove c’è un ufficio riservato al nuovo Zar. Chiese nazionali, si dirà. Ma qui c’è qualcosa di più. C’è un’altra ferita aperta nel cuore dei cristiani di Costantinopoli/Istanbul: la basilica di Santa Sofia tornata ad essere moschea nel 2020 per volontà di Erdogan. Patrimonio dell’Unesco, tra le più importanti basiliche della cristianità, che Atatürk volle trasformata in museo. Oggi vede i suoi straordinari mosaici bizantini coperti e, addirittura, un piano chiuso per non far vedere queste opere d’arte cristiana. Dal centro della Basilica guardo verso l’alto, verso quella Madonna con bambino coperta da due drappi di tela. Una sciocchezza, perché quell’immagine non offende nessuno e non profana la fede islamica. E’ solo un opera d’arte che predica pace. Da un luogo dedicato alla sapienza di Dio. Che è così lontana dalla ignoranza degli uomini.
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