L'Osservatore Romano: "Opinioni libere sulla guerra". Ma la Chiesa non dovrebbe proclamare la Verità?
E' corretto mettere sullo stesso piano la posizione degli aggressori con quella degli aggrediti? Perplessità e domande
Tra il condannare l’aggressore invocando per lui una Norimberga e dare spazio sull’Osservatore Romano a chi suggerisce agli aggrediti di smettere di resistere, ce ne passa
Roma. Sui servizi d’informazione d’oltretevere, dal portale Vatican News all’Osservatore Romano, si legge che “i media vaticani avviano una serie di approfondimenti sulle parole di Papa Francesco sulla guerra in Ucraina e sulle possibili soluzioni per un negoziato: gli intervistati esprimono le loro opinioni che non possono pertanto essere attribuite alla Santa Sede”. Precisazione quanto mai necessaria dopo l’exploit del gesuita Gaël Giraud, economista, che il 5 luglio proprio in un’intervista concessa a Vatican News invitava a riconoscere l’indipendenza del Donbas, a lasciare la Crimea ai russi (dopotutto c’è stato un referendum, e pazienza se il voto fosse stato una truffa), a impedire all’Ucraina l’ingresso nella Nato oggi e domani (e l’autodeterminazione degli stati?) e suggeriva di non provare a cacciare Vladimir Putin, perché poi sarebbe peggio. Insomma, chi dal Vaticano da quattro mesi spiega che la faccenda è molto complessa – in realtà è straordinariamente semplice: Putin dopo incontri e negoziati fasulli con tutti i principali leader occidentali ha invaso un paese libero e indipendente, autorizzando massacri sommari e radendo al suolo villaggi è città – chiarisce ora che ciò che gli intervistati dicono non può essere confuso con il pensiero e la linea della Santa Sede. Chiarimento opportuno.
Il punto, però, è un altro: è giusto, davanti a quel che è accaduto il 24 febbraio scorso, ascoltare tutte le campane? E’ opportuno e sensato mettere implicitamente sullo stesso piano le ragioni degli aggressori con quelle degli aggrediti? Qual è il senso di andare a cercare ragioni ancestrali e oscure per descrivere la cruda realtà dei fatti? Si dice che quando Mosca bussava docile alle porte d’Europa non otteneva risposte: è vero, fatto sta che mentre con una mano bussava a occidente, con l’altra, a oriente, si dilettava nel guerreggiare in Georgia e nell’appropriarsi della Crimea. Qual è l’utilità di proporre sulle colonne dell’Osservatore Romano il punto di vista di chi ammicca ai cattivi? Anche perché è arduo pensare che un negoziato – l’intento esplicito dell’operazione illustrata dal direttore Andrea Tornielli – si possa basare sull’agenda-Giraud, che prevede la resa incondizionata (e l’umiliazione) di Kyiv.
Non si chiede tanto una linea, anche perché s’è capito che non c’è: mentre una parte spiega che gli ucraini devono rassegnarsi a perdere una fetta del proprio territorio e a non entrare nell’orbita della Nato (il vero orco di tutta la faccenda), l’altra parte (si parla non di uno qualunque, ma del segretario per i Rapporti con gli stati, mons. Paul Richard Gallagher) sostiene che “dobbiamo resistere alla tentazione di accettare compromessi sull’integrità territoriale ucraina”. Dunque? Alla Chiesa non è richiesto fornire il ventaglio delle opinioni sul tavolo, i pro e i contro su un determinato tema, quasi si fosse in uno dei tanti talk-show televisivi. Le è richiesto, invece, almeno fino a prova contraria, di proclamare la Verità, scontrandosi e vincendo le ideologie. Non le si domanda di restare neutrale, bensì di giudicare. La storia e la diplomazia chiedono prudenza, certo: è sciocco chiedere che il Papa condanni Putin chiamandolo per nome, nessun Pontefice ha mai fatto ciò. Ma tra il condannare l’aggressore invocando per lui una Norimberga e dare spazio sull’Osservatore Romano a chi suggerisce agli aggrediti di smettere di resistere, ce ne passa.