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La voce di don Giussani ci interroga tutti sulle questioni più vere

Maurizio Crippa

In un podcast le lezioni del fondatore di Comunione e liberazione su “il senso religioso”

"Professore, mi scusi, è perfettamente inutile che lei entri in classe per insegnare religione, perché fede e ragione non sono compatibili e dunque non se ne può parlare. Lui appoggiò la borsa sulla cattedra, e con calma rispose soltanto: “Ma che cos’è la fede? Cos’è, la ragione?”. Per tutta la vita, ogni volta che riprendeva dall’inizio il problema della razionalità del cristianesimo, don Luigi Giussani ricordava quel primo dialogo all’inizio di quella prima ora di lezione al liceo Berchet, nel 1954, il liceo dei rampolli della borghesia laica milanese. E ricordava l’effetto di quella sua contro-domanda: “Silenzio, nessuna risposta”. Per definire la fede, per definire la ragione, occorre possedere un metodo e delle categorie per riconoscerne l’essenza, aggiungeva. Ma il più delle volte chi parla di questi temi, magari soltanto per liquidarli in fretta, quel metodo non lo possiede. Contrariamente all’opinione di quel primo studente, il tema di cosa sia il cristianesimo, che cosa siano ragione e fede divenne il più affascinante e discusso non solo in quella classe, ma presto in tutte quelle in cui don Giussani entrava per il suo incarico di “scuola di religione”, come l’ha sempre chiamata. E presto l’argomento avrebbe  animato dibattiti anche fuori dalle aule. Era iniziato un dialogo con i giovani, innanzitutto. Un dialogo che era per prima cosa un rapporto umano, basato sull’evidenza di domande e ragioni “umane”, non su astratte “opinioni”. Un dialogo serrato, che quella sua voce forte e profonda, roca ma piena d’impeto rendeva coinvolgente, attrattivo. Non una fredda lezione ex cathedra sui massimi sistemi.

 

Ora quella voce, la voce del don Gius, fondatore di Comunione e liberazione di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita, torna udibile, incontratile, anche (soprattutto) per chi l’ha mai sentita. Attraverso il più contemporaneo dei modi della comunicazione digitale: un podcast. Da ieri sono disponibili – su Spotify e su tutte le principali piattaforme – le tredici puntate del podcast di Giussani “Il senso religioso”. Che ripropone le sue lezioni – prima al liceo Berchet, e poi per molti anni nel corso tenuto all’Università Cattolica e replicato con accesso libero per gli studenti di altri atenei – dedicate appunto alla “sintesi dello Spirito”, come lo definiva allora il futuro Paolo VI. Per la prima volta si può riascoltare il contenuto di quel suo argomentare serrato e cordiale direttamente dalla sua viva voce. Le tredici puntate sono le registrazioni quasi integrali, tranne minimi interventi di editing e la voce narrante che le introduce, delle lezioni tenute a Milano per gli studenti universitari tra il 1978 e il 1985. E’ un podcast della Fraternità di Comunione e Liberazione curato da Roberto Fontolan e Michele Borghi, e la produzione e distribuzione è stata curata da Chora Media.

 

Prima lezione, prima premessa. “Il mio scopo in queste conversazioni non è far passare in voi un mio convincimento, o di far passare in voi le mie idee. Ma quello che io mi prefiggo con questa fatica è di insegnarvi un metodo. Un metodo per affrontare questi problemi”. I “problemi”, oggetto e contenuto di quello che in modo affascinante – anche per molti intellettuali e artisti laici che negli anni col suo pensiero si sono misurati – Giussani definisce “senso religioso”, sono quelli essenziali di ognuno: che senso hanno le cose che vediamo succedere? Quante volte abbiamo provato un bisogno di verità, di giustizia, di amore, di felicità, che niente sembra placare? Qual è il significato ultimo di ciò che siamo? “E siccome questi sono problemi, a cui comunque se ne dia risposta, decisivi per la vita  –  proseguiva –  il mio scopo è insegnarvi, comunicarvi un metodo importante per la vostra vita”. Per decenni Giussani ha proposto ai suoi interlocutori non una risposta dottrinale precostituita, ma un metodo (“cioè una strada”, specificava sempre) per affrontare quelle domande. Riempiendo le sue lezioni di episodi di vita, stringenti argomentazioni sostenute con brillanti esempi, e soprattutto di molte citazioni di grandi autori, primo fra tutti il suo amato Leopardi. Fin dall’inizio, quelle lezioni generarono fermento, dialoghi e confronti ben al di là del perimetro scolastico. Quel “percorso” è stato riproposto dall’autore per decenni ed è divenuto la base del suo libro più celebre: Il senso religioso (Rizzoli), oggi un longseller tradotto in più di venti lingue. In tredici puntate pulsanti di passione e ragione, ora chi vuole può rifare l’esperienza fatta da migliaia di studenti, non solo milanesi. All’inizio della prima lezione, le prime parole spiegano perché il suo corso fosse tanto affascinante: “Col reale si vive, con l’ideale si esiste”, dice. “Volete sapere che differenza c’è? Gli animali vivono, l’uomo solo esiste, dove la parola esistenza dice di una dignità per cui il vivere diventa cosciente e cosciente di uno scopo, vale a dire di un senso. Ci interessiamo al senso religioso perché ci permette di vivere, non solo di esistere”.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"