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Il cardinale Marx si fa moderato: “La Chiesa è universale, non ci siamo solo noi”

Matteo Matzuzzi

"Il celibato e il diaconato femminile sono problemi importanti, ma non sono il nucleo centrale. La tradizione può essere di grande aiuto, ma quando diventa un guscio vuoto si sente che questo da solo non è sufficiente per le prossime generazioni". Manovre in vista del grande Sinodo

Un anno e mezzo fa, presentando al Papa le proprie dimissioni (subito respinte), il cardinale Reinhard Marx diceva che la Chiesa era arrivata “a un punto morto”. Le inchieste sugli abusi perpetrati negli ultimi sei-sette decenni si abbattevano sulle ricche diocesi tedesche, i fedeli in massa uscivano dalle chiese senza più rientrarci (smettendo dunque di versare la Kirchensteuer, la tassa dovuta), le ribellioni di preti e suore finivano sui giornali e sui social, dividendo i cattolici tra entusiasti e (per usare un eufemismo) perplessi. Il Cammino sinodale biennale andava avanti con le perentorie richieste di riforma, nonostante la celebre lettera del Papa al Popolo di Dio in Germania in cui sconsigliava paternamente di prendere decisioni avventate e gli avvertimenti dei dicasteri curiali. Qualcosa però ora sembra essere cambiato.

 

Sempre il cardinale Marx, in un’intervista concessa in patria, si fa più pragmatico e disponibile se non altro a negoziare. “Bisogna partire, Gesù ha proclamato che il Cielo può toccare la terra. Ora! E non solo quando saremo morti. Il celibato e il diaconato femminile sono problemi importanti, ma non sono il nucleo centrale. La tradizione può essere di grande aiuto, ma quando diventa un guscio vuoto si sente che questo da solo non è sufficiente per le prossime generazioni”. Si tratta insomma di individuare nuove strade ma i toni sono ben lontani da quel “non sarà Roma a dirci come dobbiamo comportarci qui” che pronunciò all’alba del Sinodo sulla famiglia, ormai sette anni fa. E quanto al Cammino sinodale tedesco, quello che secondo il cardinale Walter Kasper può far venire i dubbi sul fatto che sia del tutto cattolico, Marx chiarisce che “non tutti i problemi sono risolti”, e che in sostanza bisogna continuare a dialogare.

 

Sui punti qualificanti e più di rottura, come il celibato sacerdotale o le ordinazioni femminili, l’arcivescovo di Monaco e Frisinga manda messaggi di prudenza: “Abbiamo un problema che i tedeschi non sempre vedono nella sua interezza: la Chiesa è universale. Ci troviamo di fronte alla sfida di come unire l’unità e la diversità”. Tradotto: abbiamo le nostre richieste ma non possiamo fare come vogliamo anche se “c’è bisogno di più indipendenza per le chiese locali”. A conferma di ciò, le riunioni dello scorso novembre in Vaticano, con i vescovi locali chiamati a rapporto dai cardinali Marc Ouellet e Luis Ladaria, a certificare la delicatezza e l’importanza di quanto avviene oltralpe. La curia romana ha ribadito che non sono ammissibili fughe in solitaria, il Papa ha detto ai giornalisti che in Germania non vuole un’altra Chiesa protestante, ma preferisce tenersi quella cattolica. A sentire Marx, però, “in Vaticano non è questa l’unica atmosfera, non c’è un blocco monolitico. Il Papa è aperto alla prospettiva che il cammino continui. Ma il Papa, allo stesso tempo, deve tenere sott’occhio tutto e noi come vescovi vogliamo impegnarci per garantire che il collegamento con il Cammino della Chiesa sia reso più semplice e possibile”. Fra le poche concessioni ai settori liberal, l’arcivescovo bavarese fa sapere che non è più conservatore: “Spero di essermi evoluto. In ambito ecclesiastico ero prudentemente conservatore, soprattutto nella liturgia. Non mi è mai piaciuto quando si sperimentava, ma ho cambiato le mie opinioni negli ultimi quarant’anni”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.