(foto Ansa)

in vaticano

Un mondo in coda per dire addio a Papa Ratzinger

Matteo Matzuzzi

Giovani festanti, suore rumorose, famiglie e preti. Tutti in fila all’alba per l’ultimo omaggio a Benedetto XVI deposto davanti al Baldacchino del Bernini, tra volute d’incenso e antiche litanie

Impressiona il numero dei giovani, tanti e da ogni parte del mondo, che dalle prime ore del mattino, quando Roma era ancora immersa nel buio, si mettevano in fila per salutare Benedetto XVI. Da Porta Sant’Anna marciavano spediti ascoltando canti religiosi sudamericani, cantavano e facevano il giro del Colonnato, portandosi fin quasi al portone del Sant’Uffizio. Festanti, come se non fosse imminente l’ingresso in una camera ardente, seppure maestosa come quella allestita in San Pietro. Insieme a loro, suore chiassose che intervallavano rosari recitati in lingue sconosciute a rapidi dialoghi incomprensibili. Famiglie con bimbi addormentati, preti in talare con camice e cingolo in mano, turisti che si sono trovati a Roma per il Capodanno e hanno deciso di omaggiare il Papa emerito prima di ripartire.

Qualcuno, ad esempio i soliti intellettuali cattolici che sabato e domenica si preoccupavano di controllare che la salma di Ratzinger non fosse rivestita dei paramenti “papali” – Ha il pallio? E le scarpe sono rosse o nere? –, si domandava se si sarebbe vista gente all’esposizione pubblica del già Pontefice massimo. Si ironizzava sulle stime, saranno trenta o quarantamila al giorno? O forse di più?, perché nella loro logica schematica il teologo bavarese non poteva avere neanche da morto l’appeal del predecessore Giovanni Paolo II e del successore Francesco. Previsioni smentite, come del resto era facile prevedere. A fine giornata, la Gendarmeria faceva sapere che l’afflusso era pari a 65 mila ingressi. Una, due, tre file concentriche in piazza. Nell’attesa si scattano selfie, si mandano messaggi. Qualcuno legge pure i giornali sullo smartphone. Si controllano gli orologi, sperando che le nove, l’orario dell’apertura della basilica, arrivino presto. C’è chi sottolinea che le campane non battono le ore, altri rispondono che se è per questo le campane in piazza non sono state suonate neanche per annunciare la morte del Pontefice emerito. Cavillosità burocratica, probabilmente: le campane, da che mondo è mondo, suonano per segnare il trapasso di chiunque, anche di chi non è mai stato “emerito” di nulla. Si chiacchiera fino a quando dal fondo s’intravede il baldacchino del Bernini. Basta un’occhiata e tutti ammutoliscono. Mariti e mogli si sussurrano indicazioni su dove mettersi per seguire meglio la fila, una ragazza recita a voce alta in spagnolo il rosario. La gente guarda in alto e verso la cupola, prima di arrivare davanti al catafalco su cui è stato posto Benedetto XVI. Sembra piccolo, tra le due guardie svizzere poste l’una alla sua destra e l’altra alla sinistra. Sotto la schiena un cuscino cremisi, per celare un po’ i segni dell’agonia che l’aveva consumato. Il cero è acceso così come le candele sull’altare della Confessione. Qualcuno scatta foto, tanti si inginocchiano e si fanno un segno di croce. Altri mandano baci. A rompere il silenzio ci sono solo i garbati inviti a non fermarsi, in modo da non bloccare la fila. Suore, prelati e penitenzieri sono accomodati ai lati del catafalco, mons. Georg Gänswein stringe mani e saluta.

 

Il momento più duro e forse emozionante è già passato. Alle sette del mattino, mentre si componeva la lunga fila all’esterno della basilica, nella cappella del  monastero Mater Ecclesiae era il tempo del commiato. La famiglia che visse con Joseph Ratzinger fin dal 2005 recitava le preghiere prima che iniziasse la traslazione. Niente a che vedere con la solennità dei tempi giovanpaolini, quando le litanie dei santi scortarono l’ultima marcia del Papa polacco sul sagrato, scortato da candele e cardinali e preceduto dal camerlengo in piviale. Stavolta è diverso: siccome è tempo di “sobrietà” e il Papa dopotutto è ex, si è preferito caricare la salma di Ratzinger su un furgone grigio che, a passo d’uomo, l’ha portato fin alle porte laterali della basilica. Qui è stato preso in spalla dai sediari che l’hanno condotto all’interno di San Pietro, passando sotto al sepolcro di Alessandro VII, quello dello scheletro che tiene in mano la clessidra, il tempo che scorre inesorabile.

 

Le litanie sono state intonate anche per Benedetto XVI, il coro della Cappella Sistina era presente e la piccola folla rispondeva come da secoli accade, con l’invocazione ai santi orate pro eo, pregate per lui. Quindi le preghiere del cardinale arciprete, Mauro Gambetti, la benedizione con l’acqua e poi l’incenso. Infine, l’apertura alle visite. I primi ad arrivare sono stati il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e la premier Giorgia Meloni. Un momento di raccoglimento cui è seguita la teoria dei semplici fedeli. Più tardi, il Vaticano ha confermato che Ratzinger sarà sepolto nelle Grotte, nel posto che fu di Giovanni Paolo II, “l’amato predecessore”, prima di essere beatificato nel 2011.

Ora la camera ardente, poco distante dalla tomba del Principe degli apostoli, resterà aperta fino a mercoledì sera alle 19. Poi sarà il momento, giovedì mattina alle 9.30, dei funerali presieduti dal Papa regnante, Francesco. Nelle diocesi di tutto il mondo, intanto, si celebrano messe di suffragio e si aprono libri per le condoglianze. I vescovi, anche quelli della Germania che non poco fecero penare Benedetto XVI pure da emerito, si sono fatti fotografare mentre apponevano la firma sullo speciale registro. Il presidente della Conferenza episcopale tedesca, mons. Georg Bätzing, ha espresso pubblicamente il dolore di tutta la Chiesa da lui rappresentata. Il cardinale Reinhard Marx, che Ratzinger scelse come suo secondo successore sulla cattedra di Monaco e Frisinga, sabato ha fatto suonare tutte le campane del duomo: la Baviera piange il suo Papa. A Marktl, dove il 16 aprile del 1927 nacque il futuro Pontefice, è iniziato un pellegrinaggio verso la casa natale dei Ratzinger. Il custode osservava che è il segno di una Chiesa che vuole resistere all’ondata della secolarizzazione che anche lì monta inesorabilmente. Una minoranza, piccola ma creativa, ha scelto di portare il suo saluto a Benedetto XVI.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.