Il commento
Benedetto XVI e Francesco: diversi, certo. Ma i Papi non fanno scismi
Le divisioni caotiche nella Chiesa d’oggi sono altre, tante e gravi. Non serve perseguirle dando credito ai pettegolezzi e disconoscendo l'analisi
Ma certo che erano diversi, forse anche opposti. Ma l’uno, Bergoglio, è il successore dell’altro, Ratzinger. Delle preghiere non so, non me ne intendo. Delle eccezioni canonistiche nemmeno, ho letto qualcosa di teologia ma non di canonistica. So però che non è con comportamenti abusivi che si può consacrare o sconsacrare un legame di evidente continuità e evidente rottura tra i due Papi. Nei nove anni dal suo ritiro Bergoglio ha dato a Ratzinger parecchi dispiaceri, e il domenicano biografo teologico di Ratzinger, Aidan Nichols, ha firmato l’accusa di eresia per il Papa regnante, un documento corposo e bene argomentato che i giornali curiali, quasi tutti, hanno debitamente trascurato (per ignoranza e pavidità). Ma la cosa finisce qui, altro che fase due, non ci sono verifiche in Vaticano.
Le basi parascismatiche delle divisioni caotiche nella Chiesa d’oggi sono nelle cose, anche nei pasticci di Casa di Santa Marta, in certe scelte piccine e trascurate, nel sorriso tirato e nelle interviste dell’uomo che si è detto alter Christus, col nome di Francesco, e che viene dall’Argentina dove si guarda bene dal rimettere piede, sono nel dilagare della politica delle conferenze episcopali, dannazione per Ratzinger, sinodalità per Bergoglio, non nella successione petrina e nell’emeritamento del Papa ora trapassato.
Benedetto voleva significare la sopravvivenza anche monasteriale dell’Europa e della cultura occidentale giudaica e cristiana, caritas di Dio, contraddizione al mondo. Francesco ha voluto dire amore umano generico o letizia per tutti, povertà evangelica, dialogo interreligioso spinto fino al silenzio sul Dio oggi odiato dalle giovani generazioni oppresse in suo nome in Iran, rigetto del giudizio, ridimensionamento del peccato sacramentale, predicazione interculturale gesuitica, adesione al mondo, ambiente, qualche banalità giornalistica di troppo, quella strana cosa che è la teologia del popolo.
Detto questo, Ratzinger era anche un mite osservante, il suo Dio era cattolico, non avrebbe mai disconosciuto il Conclave che elesse il suo successore, e delle sue dimissioni, ingravescente aetate, dal ministero e dal munus petrino avevamo scritto un anno prima, in una pagina disinformata ma verosimile, su questo giornale che non conosce pettegolezzi e non disconosce l’analisi. Bergoglio lo ha fatto lui, e se l’è bevuto come doveroso fino all’ultimo sorso.
Che in morte di Benedetto, questo sant’uomo elegante e gentile, questo intellettuale e pastore decisivo per la nostra epoca, si possa concepire un ulteriore indebolimento della Chiesa latina, dal lato cataclismatico del neoprotestantesimo tedesco o da quello di un tradizionalismo cupo e troppo ricco per essere credibile, va escluso. La Chiesa d’oggi è diventata, profeta il maggior cardinale degli ultimi decenni, Camillo Ruini, irrilevante e ciarliera; questo non significa che la sua dissoluzione o spaccatura, la sua divisione in sette, in arciconfraternite vaganti per il mondo moderno, sia uno scopo da perseguire per alcuno che abbia la testa sulle spalle e la mozzetta sulla testa.