Il Papa parla di Iran e del “totalitarismo ideologico” delle organizzazioni internazionali
Intervenendo davanti al Corpo diplomatico, Francesco ha rivendicato anche il diritto alla libertà religiosa, "che non è mera libertà di culto"
Il Pontefice ha parlato anche di diritto alla vita, "un bene che oggi è messo a repentaglio non solo da conflitti, fame e malattie, ma fin troppo spesso addirittura dal grembo materno, affermando un presunto diritto all’aborto"
Roma. “Il diritto alla vita è minacciato anche laddove si continua a praticare la pena di morte, come sta accadendo in questi giorni in Iran, in seguito alle recenti manifestazioni, che chiedono maggiore rispetto per la dignità delle donne. La pena di morte non può essere utilizzata per una presunta giustizia di stato, poiché essa non costituisce un deterrente, né offre giustizia alle vittime, ma alimenta solamente la sete di vendetta”. A dirlo, nel corso del discorso d’inizio anno al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, è stato il Papa, che dunque per la prima volta ha fatto menzione delle violenze che da mesi si vedono nel paese mediorientale. Da più parti, nelle settimane scorse, s’era invocato un intervento papale, chi sperando di ottenere una “condanna” vaticana del regime degli ayatollah, chi una manifestazione di partecipazione alle sofferenze del popolo che da mesi scende in piazza sfidando i pasdaran e la forca sventolata dai chierici sciiti. Francesco non si spinge oltre, la realpolitik esige prudenza, ma è significativo che nel più importante discorso di politica estera dell’anno abbia voluto far sapere al mondo che la Santa Sede segue quel che accade a Teheran. Il Pontefice, che ha citato in abbondanza l’enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII, è partito dalla situazione in Ucraina, teatro principale della “terza guerra mondiale di un mondo globalizzato dove i conflitti interessano direttamente solo alcune aree del pianeta, ma nella sostanza coinvolgono tutti”. Bergoglio ha ricordato quel che accade nel paese invaso dalla Russia quasi undici mesi fa, con tutte le conseguenze del caso: “il suo strascico di morte e distruzione”, “gli attacchi alle infrastrutture civili che portano le persone a perdere la vita non solo a causa degli ordigni e delle violenze, ma anche di fame e di freddo”. Per far sapere come la pensa, il Papa ha citato la costituzione conciliare Gaudium et spes, quando afferma che “ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e va condannato con fermezza e senza esitazione”. Fra i tanti teatri di guerra citati, Francesco si è soffermato sulla Siria, “terra martoriata” la cui rinascita “deve passare attraverso le necessarie riforme, anche costituzionali, nel tentativo di dare speranza al popolo siriano, afflitto da una povertà sempre crescente, evitando che le sanzioni internazionali abbiano riflessi sulla vita quotidiana di una popolazione che ha già sofferto tanto”.
La pace, ha detto poi, “esige che sia riconosciuta universalmente la libertà religiosa. E’ preoccupante che ci siano persone che vengono perseguitate solo perché professano pubblicamente la loro fede e sono molti i paesi in cui la libertà religiosa è limitata”. Il Papa fornisce i numeri quando dice che “circa un terzo della popolazione mondiale vive in questa condizione” e “insieme alla mancanza di libertà religiosa, vi è anche la persecuzione per motivi religiosi. Non posso non menzionare, come alcune statistiche dimostrano, che un cristiano ogni sette viene perseguitato”.
Però, ed è una sottolineatura di rilievo, “è bene non dimenticare che la violenza e le discriminazioni contro i cristiani aumentano anche in paesi dove questi non sono una minoranza. La libertà religiosa è messa in pericolo anche laddove i credenti vedono ridotta la possibilità di esprimere le proprie convinzioni nell’ambito della vita sociale, in nome di un malinteso concetto di inclusione. La libertà religiosa, che non può ridursi alla mera libertà di culto, è uno dei requisiti minimi necessari per vivere in modo dignitoso e i governi hanno il dovere di proteggerla e di garantire a ogni persona, compatibilmente con il bene comune, l’opportunità di agire secondo la propria coscienza anche nell’ambito della vita pubblica e nell’esercizio della propria professione”.
Non poco Francesco si è soffermato sulla “crisi del sistema multilaterale” che necessita di un non più prorogabile processo di riforma per rispondere “alle sfide del nostro tempo”. Bergoglio dice che “non si tratta di costruire blocchi di alleanze, ma di creare opportunità perché tutti possano dialogare”. E qui viene il punto. “Tanto bene si può fare insieme – osserva il Pontefice – basti pensare alle lodevoli iniziative destinate a ridurre la povertà, ad aiutare i migranti, a contrastare i cambiamenti climatici, a favorire il disarmo nucleare e a offrire aiuto umanitario. Tuttavia, in tempi recenti, i vari fori internazionali sono stati contraddistinti da crescenti polarizzazioni e da tentativi di imporre un pensiero unico, che impedisce il dialogo e marginalizza coloro che la pensano diversamente. C’è il rischio di una deriva, che assume sempre più il volto di un totalitarismo ideologico, che promuove l’intolleranza nei confronti di chi non aderisce a pretese posizioni di ‘progresso’, le quali in realtà sembrano portare piuttosto a un generale regresso dell’umanità, con violazione della libertà di pensiero e di coscienza”. Tutto questo, insomma, “ha affaticato il dibattito interno alle organizzazioni internazionali, precludendo scambi fruttuosi e aprendo spesso alla tentazione di affrontare le questioni in modo autonomo e, conseguentemente, sulla base di rapporti di forza”.
Francesco ha poi ribadito il no alla “cultura dello scarto”: “La pace esige anzitutto che si difenda la vita, un bene che oggi è messo a repentaglio non solo da conflitti, fame e malattie, ma fin troppo spesso addirittura dal grembo materno, affermando un presunto ‘diritto all’aborto’. Nessuno può vantare però diritti sulla vita di un altro essere umano, specialmente se è inerme e dunque privo di ogni possibilità di difesa”. Un pensiero anche per l’Italia, la cui premier Giorgia Meloni sarà ricevuta martedì 10 gennaio in udienza alle 10 al Palazzo apostolico. “Purtroppo – ha detto il Papa – appare emergere sempre più una ‘paura’ della vita, che si traduce in molti luoghi nel timore dell’avvenire e nella difficoltà a formare una famiglia e mettere al mondo dei figli. In alcuni contesti, penso ad esempio all’Italia, è in atto un pericoloso calo della natalità, un vero e proprio inverno demografico, che mette in pericolo il futuro stesso della società”.
Prima del discorso al Corpo diplomatico, il Papa ha ricevuto in udienza – non programmata – il prefetto della Casa pontificia, mons. Georg Gänswein. L’udienza, assai breve, è giunta dopo la pubblicazione da parte dei giornali di molti stralci del libro del segretario del Papa emerito in cui – tra le altre cose – si metteva in risalto un rapporto non proprio facile con Francesco.
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