L'estratto
“La Chiesa non ha più l'audacia di sfidare il relativismo dominante”
Il Cattolicesimo è parzialmente responsabile della sua marginalizzazione: sulle questioni che costituiscono il cuore della sua missione è calato un silenzio quasi totale. Il nuovo libro del cardinale Robert Sarah
Pubblichiamo uno stralcio di “Catechismo della vita spirituale”, il nuovo libro del cardinale Robert Sarah, prefetto emerito del dicastero per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti. Il volume, edito da Cantagalli (336 pp., 25 euro) è in libreria dal 27 gennaio
Un onesto esame di coscienza dovrebbe portarci a riconoscere che la stessa nostra religione è parzialmente responsabile della sua marginalizzazione. È diventata un po’ dappertutto insipida e tiepida, senza convinzione e priva di chiarezza nel suo linguaggio diventato confuso e ambiguo. Se, oltre a ciò, la Chiesa investe tutte le proprie energie in questioni mondane per le quali non possiede particolari competenze; se i cristiani elaborano, ciascuno, la propria dottrina e il proprio piccolo magistero; e se, scontrandosi inevitabilmente gli uni contro gli altri, iniziano a odiarsi e a insultarsi volgarmente, offrendo uno spettacolo di odio, risentimento, menzogna, rifiuto, disprezzo e di reciproche umiliazioni, come potrebbero ricondurre il mondo a Dio e proporre il Vangelo come stile di vita e libertà, così che il Verbo di Dio possa costituire una diga, “il rifugio dell’uomo davanti all’onda di piena del male che cresce nel mondo”, secondo l’espressione di Papa Francesco?
Purtroppo, la Chiesa è diventata quasi del tutto silente in merito alle questioni che costituiscono il cuore della sua missione: l’annuncio della Buona Novella, l’insegnamento in materia di fede e di morale, la difesa della dignità della persona umana dal concepimento alla morte naturale, l’amministrazione dei misteri che nutrono l’anima per la vita eterna e risvegliano alla spiritualità e alla trascendenza. La credibilità del proprio insegnamento e della propria autorità morale è stata drammaticamente indebolita da una minoranza di sacerdoti che l’hanno profanata e disonorata con l’orribile pratica della pedofilia.
Durante la pandemia di coronavirus, anche se molti sacerdoti hanno assistito con coraggio i malati, la maggior parte del clero si è isolata, limitandosi a sostenere i fedeli attraverso l’impiego delle nuove tecnologie di comunicazione. Dando spesso l’impressione di strizzare l’occhio al pensiero globalista, la Chiesa viene vista come un’organizzazione filantropica impegnata tra le altre cose nel servizio dei poveri, nelle questioni sociopolitiche, ambientali, nell’immigrazione, ecc., più di quanto appaia come depositaria delle parole di Colui che ha detto: “Io sono la Via, la Verità e la Vita” (Gv 14,6). Il suo volto scompare dietro alla noiosa facciata di un’opprimente burocrazia, con le sue assemblee votanti, anche in materia dottrinale, i suoi innumerevoli gruppi e commissioni, i suoi funzionari stipendiati, le sue difficoltà amministrative e finanziarie, in mezzo alle quali essa sembra aver smarrito il senso della sua missione. Dov’è andato a finire il suo desiderio ardente di portare in tutto il mondo il Vangelo e il solo “nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati” (At 4,12), cioè quello di Gesù Cristo?
La Chiesa cattolica ha scelto quella che si pretende essere la via dell’umiltà: traumatizzata dal timore del trionfalismo, non rivendica più alcuna specificità tra le religioni del mondo, accettando di fatto di essere semplicemente considerata come una delle tre “religioni del Libro”, senza più l’audacia di sfidare il relativismo e l’indifferentismo religioso dominanti, rivendicando il possesso della piena verità su Dio e sull’uomo. Conseguentemente, all’interno della Chiesa stessa, le distinzioni e la gerarchia stabilite da Cristo e dagli Apostoli si dissolvono: i sacerdoti vestono come i fedeli, mentre i laici, e le donne in primis, invadono il presbiterio e reclamano le funzioni presso l’altare. (…) Questo stato irriconoscibile del volto della Chiesa al servizio del pacifismo, dell’ecologia e dell’egualitarismo religioso promossi da organismi internazionali era stato come profetizzato più di un secolo fa da Vladimir Soloviev ne I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo. Egli preannunciava che sarebbe venuto il giorno in cui il cristianesimo avrebbe avuto la tendenza a ridurre il fatto salvifico – che può essere accolto solo con un atto di fede, difficile e coraggioso –, a una serie di “valori” facili da smerciare sul mercato del mondo.
Un cristianesimo che parlasse di “valori” ampiamente condivisi risulterebbe certamente più accettabile nei salotti delle élite al potere, nelle manifestazioni sociali e politiche, nei programmi televisivi; ma può la Chiesa rinunciare al cristianesimo di Gesù Cristo, che nasce dallo scandalo della Croce e dalla sconvolgente realtà della Risurrezione del Signore? Ci sono valori assoluti, quelli che i filosofi chiamano trascendentali: l’uno, il vero, il buono, il bello. Chi li percepisce, li onora e li ama, percepisce, onora e ama Gesù Cristo, anche se non lo sa, anche se si crede ateo, perché, in realtà, Cristo è la verità, la giustizia, la bellezza stessa. Ci sono, però, anche valori relativi come la solidarietà, la pace, il rispetto per la natura, il dialogo, che richiedono un certo discernimento per evitare insidie e ambiguità: ci sono, infatti, anche solidarietà cattive, paci ingannevoli, un culto della natura autodistruttivo e dialoghi sterili.
Vangelo a portata di mano