Il ricordo
La buona battaglia del prof. Grygiel per la resurrezione della cultura europea
In memoria del grande allievo di Karol Wojtyla: un tramite per la conoscenza della storia e della cultura polacca. È stato un eccezionale sostenitore della Verità e del Bene che risplendono nella bellezza della vita e delle cose
Ho un debito di gratitudine immensa verso Stanislao Grygiel che ci ha lasciati in questi giorni, ma che certamente continua dal Cielo la sua opera per la Verità e la Carità nella Chiesa e nel mondo. L’ho conosciuto probabilmente agli inizi del 1980. Era venuto a Roma con la famiglia per una richiesta di Giovanni Paolo II. Stanislao formava con Ludmila una delle giovani famiglie che Wojtyla aveva radunato attorno a sé in un legame di amicizia, di insegnamento e di sostegno nella sua diocesi di Cracovia. Un gruppo di amici che hanno poi trasmesso per iscritto questa loro esperienza singolare. Stanislao, insegnante di filosofia, collaborava in Polonia al settimanale e al mensile diocesano.
Dal cardinale di Cracovia, lui pure insegnante di filosofia, di cui era stato allievo, aveva tratto il profondo radicamento nella metafisica classica, greca e medievale, che veniva letta attraverso le lenti della fenomenologia moderna e della filosofia relazionale a cui tanto si ispireranno i filosofi seguaci di Scheler e prima ancora di Buber e Marcel. Grygiel è stato un filosofo certamente mosso dal “maestro”, ma per nulla ripetitivo. Se noi oggi andiamo a rileggere i suoi scritti pubblicati in Italia troviamo le caratteristiche che sopra ho enunciato. La filosofia di Grygiel nasce dalla meditazione dei testi di Platone, in particolare del Convivio, dove egli scopre strettamente congiunti il tema della dialogicità dell’Essere come Amore, sviluppato anche come differenza sessuale alla luce dei primi capitoli della Genesi. Di essi Giovanni Paolo II avrebbe dato una magistrale lettura nella sua Teologia del corpo che avrebbe occupato le udienze dei primi anni di pontificato.
Stanislao Grygiel è stato un eccezionale sostenitore della Verità e del Bene che risplendono nella bellezza della vita e delle cose. Verità e Bene che non possono essere cancellati neppure dal potere più tirannico o dalla lontananza più estrema. Nell’insegnamento del filosofo polacco appare molto chiaro come l’offuscarsi della presenza di Dio nell’occidente di questi ultimi secoli abbia portato con sé il cancellarsi dell’esperienza dell’umano. Laddove l’uomo non si riconosce più come creatura, laddove non accetta la propria fragilità e si proclama Dio, inaugura una strada di infelicità. In realtà, questa divinizzazione di sé esiste soltanto per alcuni potenti della industria tecnologica, dell’economia e della comunicazione che schiavizzano i popoli e i singoli facendo loro credere di essere liberi.
Stanislao Grygiel deve essere ricordato anche come un tramite fondamentale per la conoscenza della storia e della cultura polacca presso noi italiani desiderosi di capire ciò che aveva originato la personalità di Karol Wojtyla. Di Giovanni Paolo II egli è stato un interprete discreto, tenendosi sempre in secondo piano senza pretendere e senza millantare nulla, in una fedeltà gratuita che lo faceva giganteggiare ai miei occhi.
Una seconda stagione della mia vicinanza a Grygiel è avvenuta nel periodo in cui, dal 1992 al 1996, sono stato insegnante e poi vicepreside dell’Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia. Di quell’Istituto, Grygiel assieme a Caffarra e Scola era uno dei fondatori. Fu un’esperienza estremamente singolare e feconda di scuola vera, di dialogo incessante tra la Verità, l’insegnamento e l’apprendimento, tra docenti e studenti a cui Grygiel ha dedicato tutte le sue energie intellettuali e morali. La sua opera di docente si è allargata ad altre attività come la cattedra Wojtyla. Il suo insegnamento di Antropologia teologica è stato forse l’opera più significativa della sua vita.
La sua era una riflessione che potrei definire amicale e conviviale. Nasceva dalla condivisione della vita, dal gusto per la bellezza disseminata da Dio a piene mani nel mondo, tra cui anche il trovarsi assieme attorno a una tavola per il pranzo o la cena. Quelle forme di bellezza e di comunione che sono l’anticipazione della vita definitiva. Ora Stanislao riposa nella sua terra polacca e certamente continuerà a lavorare per la vera resurrezione della cultura europea e per l’unità dei popoli del nostro continente per cui, assieme a san Giovanni Paolo II, ha così tanto pensato, lavorato, insegnato e combattuto.
Massimo Camisasca è vescovo emerito di Reggio Emilia-Guastalla
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