Il Papa non si è iscritto a Fratelli d'Italia, ma il feeling con Meloni c'è
Le parole di Francesco sulla tragedia di Cutro hanno mandato in tilt mezza Cei, che non si aspettava solo la condanna degli scafisti
Il segretario di stato Parolin: "Su quello che ha detto il Papa, e cioè fermare i trafficanti, credo che siamo tutti d’accordo. Le persone che hanno un pochino di buon senso e di buona volontà convergono su questo richiamo"
Roma. Il Papa non si è iscritto a Fratelli d’Italia né si aspetta di finire nel pantheon del partito di Giorgia Meloni. Però le parole pronunciate domenica al termine dell’Angelus, commentando il naufragio dell’imbarcazione al largo delle coste crotonesi, non sono dispiaciute al governo. Francesco avrebbe potuto rifarsi alle Note della Conferenza episcopale italiana, accennare all’azione dei preti locali, che hanno organizzato Vie crucis sulla spiaggia di Cutro per sensibilizzare la cittadinanza distratta. Invece, il Pontefice – che ieri ha auspicato “un rinnovato impegno nel favorire lo spirito dell’accoglienza e della solidarietà” in un messaggio inviato al percorso formativo “Cattedra dell’accoglienza” – ha scelto un altro registro: “Prego per le numerose vittime del naufragio, per i loro famigliari e per quanti sono sopravvissuti. Manifesto il mio apprezzamento e la mia gratitudine alla popolazione locale e alle istituzioni per la solidarietà e l’accoglienza verso questi nostri fratelli e sorelle e rinnovo a tutti il mio appello affinché non si ripetano simili tragedie. I trafficanti di esseri umani siano fermati, non continuino a disporre della vita di tanti innocenti! I viaggi della speranza non si trasformino mai più in viaggi della morte! Le limpide acque del Mediterraneo non siano più insanguinate da tali drammatici incidenti! Che il Signore ci dia la forza di capire e di piangere”.
Da destra, scontata, s’è levata la ola di giubilo: il Papa la pensa come noi. Da sinistra, silenzio imbarazzato. Motivato anche dalla constatazione di una sintonia tra Francesco e la premier, che non a caso lunedì presenterà insieme al segretario di stato, il cardinale Pietro Parolin, il nuovo libro di Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, L’atlante di Francesco. Vaticano e politica internazionale (Marsilio) Proprio Parolin, ieri, ha sottolineato che “su quello che ha detto il Papa, e cioè fermare i trafficanti, credo che siamo tutti d’accordo visto che c’è stato un commento anche da parte del presidente del Consiglio, si è detta molto d’accordo col Papa, le persone che hanno un pochino di buon senso e di buona volontà convergono su questo richiamo. Credo che le soluzioni vanno trovate a livello politico e sopratutto attraverso la collaborazione tra tutti gli stati europei”.
Le parole di Francesco hanno valore perché lui, più di tutti, insiste sul dramma delle migrazioni e sul Mediterraneo trasformato in un cimitero. Il suo primo viaggio da Pontefice fu a Lampedusa. Poi andò a Lesbo, visitando e pregando nei campi profughi. Richiamò all’ordine le autorità europee e i governi, ma sempre con una posizione chiara: è doveroso accogliere chi scappa da guerra e fame e ogni stato deve darsi da fare. Ma con raziocinio. Tornando da Ginevra, cinque anni fa, disse ai giornalisti: “Io ho parlato tanto sui rifugiati. I criteri sono in quello che ho detto: accogliere, accompagnare, promuovere, integrare. Mi sono riferito a tutti i rifugiati. Poi ho detto che ogni paese deve fare questo con la virtù del governo che è la prudenza, deve accogliere quanti può, quanti può integrarne, dare lavoro”. Tra il Vaticano e Palazzo Chigi c’è un filo diretto che va oltre il colore politico del governo pro tempore: al Papa non piaceva la politica di Marco Minniti quand’era al Viminale così come non faceva mistero di non gradire il modus operandi di Matteo Salvini (mai ricevuto ai tempi del governo gialloverde), nonostante lo sventolio di rosari e di croci francescane. Il low profile meloniano, almeno per ora, pare aver fatto breccia nel pragmatico Francesco.
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