"La Chiesa ha bisogno di santi, non di riformatori"
Dalla grande lezione di Bernanos un'idea per il domani del cattolicesimo. Senza risposte preconfenzionate. Il nuovo libro di mons. Camisasca
“La Chiesa ha bisogno di concentrarsi sull’essenziale della sua missione, sull’evangelizzazione, ha bisogno di lasciar cadere, al centro come alla periferia, in Vaticano come nelle diocesi, tanti organismi e compiti secondari"
Scriveva Georges Bernanos che “la Chiesa non ha bisogno di riformatori, ma di santi. Non si riforma la Chiesa che soffrendo per essa, non si riforma la Chiesa visibile che soffrendo per quella invisibile”. E’ questo l’asse portante de La luce che attraversa il tempo. Contributo per una riforma nella Chiesa (San Paolo), libro frutto di una riflessione decennale scritto da mons. Massimo Camisasca, vescovo emerito di Reggio Emilia-Guastalla. Il tema è più che attuale, la riforma della Chiesa, anche se fin dall’Introduzione premette di non sapere quale sarà il volto della Chiesa di domani, interrogativo molto à la page. Siamo in piena èra sinodale, gli episcopati locali – chi più, chi meno – cercano soluzioni per rispondere alla secolarizzazione. Ci sono quelli che ne sono terrorizzati, vedendone tutti i pericoli, e ci sono quelli che la considerano un’opportunità. Opportunità per uscire dalle secche di riflessioni accademiche su cosa e come cambiare, quante strutture rinnovare, che ruolo dare al laicato (ammesso che ci si intenda su cosa sia, oggi, il laicato), come impostare la relazione con Roma. E’ sufficiente sfogliare qualche giornale specializzato o trascorrere un po’ di tempo online su siti ad hoc per rendersi conto di quanto il momento, ecclesiasticamente parlando, sia fluido.
Camisasca parte da una prospettiva totalmente diversa. Niente grandi processi di ascolto – che poi, chi è che vi partecipa, se non i soliti che già partecipano attivamente alla vita della Chiesa? –, niente studi di fattibilità su ristrutturazioni, accorpamenti, soppressioni che, benché ammantate di contorni teologici e pastorali, sono sempre fredde azioni decise a tavolino, con i vescovi che assomigliano più a geometri e ingegneri che a pastori d’anime. Progetti che, di solito, non riscaldano il cuore sempre più tiepido del fedele. Chiarimento previo: la riforma della Chiesa è una questione di assoluta rilevanza, e lo è anche per l’autore: “Fa parte delle esperienze più importanti della mia vita”. Cita a proposito gli anni di militanza laicale nell’Azione cattolica e in Gioventù studentesca, il sacerdozio vissuto come educatore di giovani in Comunione e liberazione, la fondazione della Fraternità San Carlo, l’episcopato in terra emiliana. Ed è proprio in questa esperienza di vita, in questo incontro con Dio – che è “l’unico e vero riformatore” – che si può comprendere come la riforma sia qualcosa che va ben oltre i reticoli accademici preimpostati. Via tutto il superfluo, “la Chiesa ha bisogno di concentrarsi sull’essenziale della sua missione, sull’evangelizzazione, ha bisogno di lasciar cadere, al centro come alla periferia, in Vaticano come nelle diocesi, tanti organismi e compiti secondari, ha bisogno di vescovi e preti che vivano in rapporto con il popolo, di laici testimoni della fede nella loro professione e nelle loro famiglie, di religiosi che ci richiamino alla bellezza di ciò che non passa”. Basta allora, con i piagnistei sul calo delle vocazioni, fatto che “chiama in causa la vita cristiana delle famiglie, delle comunità giovanili parrocchiali, delle associazioni e dei movimenti e il metodo della loro trasmissione della fede”. Non si può fare, insomma, un discorso meramente basato sui numeri: “La verità di una diocesi – scrive – non dipende dal numero dei suoi preti. Non dobbiamo lasciarci condizionare dal numero delle vocazioni, ma cercare coloro che vivono la forza della testimonianza”. Il vero rinnovamento è sempre una riscoperta delle proprie origini, “di ciò che è essenziale nella vita cristiana e nella vita consacrata in particolare”. Cita due donne, due sante del nostro tempo, Anna Maria Canopi e Cristiana Piccardo. Profili e temperamenti diversissimi, ma entrambe “grandi esempi di quella riforma ‘in avanti’ che serve alla Chiesa. E che non molti sembrano vedere con chiarezza e lucidità.