Il caso
La Chiesa beatifica una famiglia polacca trucidata dai nazisti. E un figlio non nato
Santo prima di nascere. La storia della famiglia Ulma, in otto (più uno). Cristiani, ebrei e la forza della fede
Santo prima di nascere. La chiesa beatifica una famiglia polacca trucidata dai nazisti. E un figlio non nato. Ecco perché: "Santi lo si è solo dopo”, scrisse molti anni fa il grande critico di cinema André Bazin. Parlava di una santa bambina portata sullo schermo, Maria Goretti, martire a soli undici anni all’alba di una rivoluzione dei costumi che ancora non s’intravedeva. Non aveva poi torto, il papà dei Cahiers du cinéma: “Prima” di essere andati in Paradiso santi non si è. Non aveva nemmeno ragione, però: tradito dalla sua amata fenomenologia (“Ci sono più cose in cielo e in terra che nella tua fenomenologia”), gli sfuggiva che la santità è un dono di Dio, non serve nient’altro. Tant’è vero che nel calendario della Chiesa ci sono anche tanti santi bambini, persino molto piccoli, e spesso sono martiri. Ma nemmeno l’acuto Bazin (nemmeno noi) poteva immaginare che un giorno ci sarebbe stato persino un santo – canonicamente per ora solo “beato” – mai nato. Un martire ucciso in odium fidei quando era ancora nel corpo di sua madre, uccisa a sua volta assieme al marito e agli altri sei figli dalla soldataglia nazista. Il “Battesimo del sangue” trasmesso in modo misterioso, eppure così evidente, dalla madre. Assieme a tutto il resto del bagaglio carnale.
Ieri il presidente Mattarella era in visita ad Auschwitz, nel giorno di Yom HaShoah che ricorda la rivolta del ghetto di Varsavia, così l’occasione è particolarmente propizia per raccontare una storia poco conosciuta di giustizia e condivisione del destino umano, ma anche di santità cristiana e, addirittura, di una inedita “santità prenatale”. Poco tempo fa la Chiesa ha annunciato che il prossimo 10 settembre nel piccolo paese contadino di Markowa, nel sud della Polonia, dove hanno vissuto e dove sono stati sepolti, saranno beatificati i membri di una famiglia trucidata per aver nascosto e protetto, tra il 1942 e il 1944, otto ebrei. Quando li scoprirono, i nazisti uccisero prima gli ebrei e poi tutta la famiglia cristiana che li aveva difesi: otto persone, più la nona che ancora non era nata.
La novità assoluta della decisione del dicastero delle Cause dei santi, confermata nel dicembre scorso da Papa Francesco, è la decisione di considerare beato anche il nascituro, assimilandolo nel martirio a sua mamma Wiktoria. La novità, giustamente sottolineata qualche giorno fa da Avvenire, porta con sé due aspetti sorprendenti, e illuminanti. Nelle parole del postulatore, don Witold Burda, si leggono parole esplicite: “La Chiesa è piena di argomenti teologici che ci hanno aiutato per dimostrare ai teologi del dicastero che anche quel bimbo non nato, senza battesimo né nome, può essere considerato martire per la fede di Cristo”.
Il sacerdote polacco ha ricordato come termine di paragone il martirio dei Santi Innocenti: “Un martirio che prosegue ancora oggi, con tanti bambini soprattutto non nati scartati dall’uomo”. Vi è dunque anche il riconoscimento esplicitato, come mai era stato fatto in passato fino a questa implicazione, del valore della vita non nata e del legame inscindibile tra la madre e il figlio, così potente da poter trasmettere addirittura la fede. E questo, oltre che essere un segno per tutti circa il valore della vita e della maternità, è un richiamo potente per la fede degli stessi cristiani, di cui spesso si lamenta la fragilità. A differenza di quel che pensava Bazin (e tutti i moderni con lui) la fede e la santità non sono frutto di costruzioni umane. E’ invece il riconoscimento di Dio che fa tutto. “Se non ritornerete come bambini non entrerete nel Regno dei cieli” è una delle frasi più trascurate, o fraintese, del Vangelo: non è questione di infantilismo di ritorno, ma lasciare operare Dio. Un Papa profetico come Pio X, consapevole della secolarizzazione che già corrodeva il cristianesimo, disse: “Ci saranno santi tra i bambini”. Ma, a onor del vero, la Chiesa non era mai giunta a spostare tanto all’indietro la data. Anzi, spesso sono stati messi ostacoli al percorso verso gli altari dei bambini. Forse qualcosa è cambiato.
Con la storia della famiglia Ulma accade qualcosa di grande in molte direzioni. I coniugi Jozef e Wiktoria, lui fruttivendolo e apicoltore, erano noti per la loro religiosità e pietas, nessuno dubitò mai del significato religioso del loro gesto. E per questo, probabilmente, furono trucidati. Ancora oggi sono ricordati in Polonia come “i samaritani di Markowa”. In una nazione, come è noto, in cui il problema della memoria della persecuzione e della inimicizia tra cristiani ed ebrei è tuttora aspro, la loro vicenda è rimasta viva. Tanto che a Markowa dal 2016 è stato creato il “Museo dei polacchi che salvarono gli ebrei” durante la Seconda guerra mondiale, intitolato agli Ulma. Per la prima volta nella storia della Chiesa sarà beatificata un’intera famiglia. Segni su segni.