diplomazia vaticana
Il Papa in aereo annuncia una missione per la pace. Risultato? Si arrabbiano tutti
La missione segreta rivelata davanti a decine di giornalisti. Non proprio una genialata diplomatica
Hilarion, Peskov, funzionari vicini a Zelensky: un coro di smentite irritate all'uscita di Francesco in aereo. E la mediazione di Roma si allontana
Agli studenti di materie diplomatiche s’insegna fin dalle prime lezioni che per far fallire una trattativa riservata il modo migliore è far sapere in giro che quella trattativa riservata esiste. Chissà dunque cosa avranno pensato in Segreteria di stato ascoltando le rivelazioni del Papa, in aereo davanti ai giornalisti, sul fatto che è in corso una “missione, ma ancora non è pubblica” di cui però non si può parlare: “Quando sarà pubblica ne parlerò”. Subito, com’era immaginabile, la notizia ha fatto il giro del mondo anche se con il passare delle ore è apparso chiaro che trattasi – appunto – di “missione” e non dell’elaborazione di un articolato piano di pace che possa in qualche modo affiancarsi a quelli di Xi Jinping e Lula. Il Papa si è impegnato fin dal principio della guerra nel cercare di avvicinare le Parti, proponendo la Santa Sede come istituzione in grado di facilitare una mediazione. Ma ogni tentativo è andato a vuoto e gli incidenti non sono stati pochi, tant’è che anziché rafforzare la propria posizione del tutto super partes, Francesco è stato preso di mira sia dai russi (“il chierichetto Kirill”, le frasi sulla crudeltà di ceceni e buriati che hanno fatto infuriare il Cremlino, con il ministro Lavrov che definì le parole di Bergoglio “non cristiane”), sia dagli ucraini (la Via Crucis del 2022 al Colosseo con aggrediti e aggressori messi sotto la stessa croce non è stata ancora metabolizzata. A terra, intanto, ci si affannava a smentire.
Il primo (prima ancora del portavoce Peskov) è stato Hilarion, già “ministro degli Esteri” del Patriarcato moscovita e poi esiliato a Budapest perché non del tutto in sintonia con la chiamata putiniana alla guerra santa contro Kyiv. Francesco, sabato, l’ha incontrato e ai giornalisti ha poi detto: “In questo incontro non abbiamo parlato solo di Cappuccetto Rosso, abbiamo parlato di tutte queste cose. Si parla di questo perché a tutti interessa la strada della pace. Io sono disposto, sono disposto a fare tutto quello che si deve fare”. Lasciando insomma intendere che il colloquio aveva toccato anche la questione della guerra. Hilarion, con un video pubblicato sul sito del Patriarcato, ha però smentito ciò, dando una lettura diversa del colloquio: “Sulla stampa sono apparse insinuazioni secondo le quali avrei incontrato Papa Francesco per dargli delle informazioni allo scopo di raggiungere alcuni accordi segreti oppure per altri scopi politici. Rispondo per chi è interessato: non c’è stato nulla che riguardi i rapporti bilaterali tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa russa. Non si è discusso su nessuna questione politica. L’incontro era di natura personale tra due vecchi amici”. Anche perché oggi appare improbabile che l’esiliato Hilarion, che non gode più della capacità di manovra diplomatica che aveva fino a un anno fa, possa trattare per conto di Kirill con il Papa di Roma. Ma l’irritazione maggiore è del fronte ucraino, che già da tempo poco tollera quella che considera la “terzietà” di Francesco sul tema. Un funzionario vicino al presidente Volodymyr Zelensky ha infatti detto alla Cnn che Kyiv “non è a conoscenza” di una missione di pace che coinvolga il Vaticano per risolvere la guerra con la Russia: “Il presidente Zelensky non ha acconsentito a tali discussioni per conto dell’Ucraina. Se stanno avvenendo dei colloqui, questi avvengono senza che noi ne siamo a conoscenza e senza la nostra benedizione”. Più che la frenata di Hilarion – che può essere tattica e “diplomatica” – la smentita della fonte vicina alla presidenza ucraina è invece netta e assai irritata. Il che rende arduo ritenere che una mediazione di Roma possa essere in campo e, se sì, avere successo. Di certo, stavolta Francesco non ha scelto il metodo usato per raggiungere lo storico accordo con la Cina relativo alla nomina dei vescovi, nel 2018: anni di negoziati segreti e poi, di colpo, l’annuncio delle firme.