Più che un Sinodo, sembra un Vaticano III. Ma più confuso e retorico
Presentato l'Instrumentum laboris: c'è di tutto, dalla disabilità al clima, perfino una nota sui "matrimoni poligamici"
Il documento, molto ampio e articolato, rende ardita ogni supposizione su quel che realmente si discuterà in autunno nell’Aula Paolo VI. In due anni (e due sessioni) può succedere davvero di tutto
Il Sinodo sulla sinodalità (il titolo esatto è “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione) che vedrà confluire a Roma padri, madri ed esperti nel prossimo ottobre (poi si replicherà tutto dodici mesi dopo, quando saranno elaborate le “proposte concrete” da sottoporre al Papa), inizia a delinearsi. In Vaticano, infatti, è stato presentato oggi l’Instrumentum laboris, il documento di lavoro che funge da traccia per le discussioni. Ed è corposo, cinquanta pagine tra introduzioni, schede, disegni per chiarire meglio di che si parla. C’è di tutto, dentro, come previsto. Talmente ampio il tema scelto che nell’Aula Paolo VI (nuova location rispetto alle precedenti assemblee) potrà accadere di tutto. I tedeschi avranno modo di proporre le risultanze del loro Cammino sinodale, le Chiese d’Africa a buon diritto potranno di far emergere quelle che loro considerano le priorità, gli statunitensi pure, gli asiatici anche, i latinoamericani idem. Non hanno aiutato a fare chiarezza le relazioni dei massimi responsabili del processo, i cardinali Mario Grech e Jean-Claude Hollerich. Durante la conferenza stampa di presentazione, il primo ha chiarito che si tratta di un “processo di circolarità profonda tra profezia e discernimento” (con tutto quel che ciò possa voler dire), assicurando inoltre che “non troverete nel testo una sistematizzazione teorica della sinodalità, ma il frutto di una esperienza di Chiesa, di un cammino nel quale tutti abbiamo imparato di più, per il fatto di camminare insieme e interrogarci sul senso di questa esperienza”. Il cardinale Hollerich, in modo apprezzabile, ha riassunto i punti dell’Instrumentum, gli elementi-chiave cioè che si salvano dalla retorica che inonda il testo. Dentro, come detto, c’è spazio per ogni domanda, dubbio, curiosità. Si parla di “coloro che non si sentono accettati nella Chiesa, come i divorziati risposati le persone in matrimonio poligamico o le persone lgbtq+” (era necessario un Sinodo per capire la ragione per cui la Chiesa non è d’accordo con i matrimoni poligamici?), quindi ci si chiede se “è possibile, come propongono alcuni continenti, aprire una riflessione sulla possibilità di rivedere, almeno in alcune aree, la disciplina sull’accesso al presbiterato di uomini sposati”. E le donne? Spazio anche per loro, ovviamente, dato che “la maggior parte delle assemblee continentali e le sintesi di numerose conferenze episcopali chiedono di considerare nuovamente la questione dell’accesso delle donne al diaconato”. E poi, naturalmente, “tutte le assemblee continentali chiedono di affrontare la questione della partecipazione delle donne al governo, ai processi decisionali, alla missione e ai ministeri a tutti i livelli della Chiesa, con il sostegno di adeguate strutture in modo che questo non resti solo un’aspirazione generale”. Ancora, “in che modo può essere favorita la partecipazione di donne, giovani, minoranze, voci marginali nei processi di discernimento e decisione?”. Padri, madri, esperti, poi, rifletteranno anche sulla “pluralità di barriere, da quelle pratiche ai pregiudizi culturali” che generano “forme di esclusione delle persone con disabilità”.
Si pensava che l’elenco delle questioni all’ordine del giorno fosse ampio, ma non che i cahier de doléances sinodali arrivassero a contemplare uno spettro che va dagli abusi (morali e sessuali) al diaconato femminile passando per la crisi climatica. Come si farà a discutere di tutto e a fare sintesi per arrivare a proposte concrete? La metodologia indicata da padre Giacomo Costa non aiuta: “L’esperienza della fase della consultazione mostra come la conversazione nello Spirito apra ‘spazi’ in cui affrontare insieme anche tematiche controverse, su cui nella società e nella Chiesa è più frequente lo scontro, di persona o attraverso i social media, che il confronto. In altre parole, la conversazione nello Spirito ci offre una alternativa praticabile alle polarizzazioni”. Conversazione nello Spirito che però c’era anche nel doppio Sinodo sulla famiglia del 2014 e 2015, risolto con una drammatica conta all’ultimo voto sulla proposta di dare o no la comunione ai divorziati risposati. Padre Costa assicura che “l’Assemblea sinodale è chiamata a vivere un processo spirituale di ricerca della volontà di Dio e non il dinamismo degli organi parlamentari, in cui il confronto si conclude con un voto che divide maggioranza e minoranza. Offre un’occasione per ascoltare dei fratelli e delle sorelle in Cristo, e, attraverso a loro, lo Spirito, che, come ripete Papa Francesco è l’autentico protagonista. Chi non ne ha mai fatto esperienza, fatica a comprendere questo dinamismo, che è un punto qualificante della metodologia di lavoro”. Si vedrà, anche perché sarà rivelatrice la lista dei partecipanti, che in una quota tutt’altro che irrilevante, sarà di diretta nomina papale. Scontato, poi, il passaggio sulla necessità di aggiornare il linguaggio ai tempi correnti, “nella liturgia, nella predicazione nella catechesi, nell’arte sacra, così come in tutte le forme di comunicazione rivolte sia ai fedeli sia all’opinione pubblica più ampia anche attraverso vecchi e nuovi media”, così che tutta la ricchezza della Chiesa possa essere “accessibile e attraente per gli uomini e le donne del nostro tempo”.
Di certo, l’Instrumentum laboris rende ardita ogni supposizione su quel che realmente si discuterà in autunno nell’Aula Paolo VI. In due anni (e due sessioni) può succedere di tutto: sia che la “spinta tedesca” riesca a coagulare attorno a sé un consenso tale da imporre la propria rotta, sia che le posizioni si dimostrino talmente opposte da favorire un compromesso che rischia di scontentare tutti.
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