il report
Nel mondo ci sono sempre più perseguitati a causa della fede
Presentato il rapporto di Aiuto alla Chiesa che soffre: la situazione peggiora ovunque, dall'Africa al Nicaragua
In 61 stati sui 196 sovrani si sono registrate forme gravi di violazione alla libertà religiosa. E’ un terzo del pianeta, ci vivono cinque miliardi di persone, il 62 per cento della popolazione mondiale
Roma. Il numero esatto è impossibile da calcolare, se non in limitati contesti geografici, ma le violazioni gravi alla libertà religiosa sono in aumento ovunque. Ci sono casi in cui è tremenda e visibile. E ci sono casi in cui è – per usare le parole del Papa – “educata”: c’è ma non si vede e pochi se ne accorgono. Il sedicesimo rapporto biennale sulla libertà religiosa nel mondo di Aiuto alla Chiesa che soffre presentato ieri a Roma – è l’unico report non governativo al mondo – delinea una situazione cupa. I numeri dicono molto, anche senza la necessità di scendere nei dettagli, che comunque ci sono e costituiscono un faldone lungo ottocento pagine. Il periodo di riferimento va dal gennaio del 2021 al dicembre del 2022 e “non vi è alcun elemento di conforto, anzi”, ha detto il direttore Alessandro Monteduro, sintetizzando il quadro.
La situazione è in peggioramento e i persecutori sono sempre più impuniti. In 61 stati sui 196 sovrani si sono registrate forme gravi di violazione alla libertà religiosa. E’ un terzo del pianeta, ci vivono cinque miliardi di persone, il 62 per cento della popolazione mondiale. In 49 paesi di questi 61 sono le autorità statali a perseguitare i cittadini per ragioni religiose, senza che la comunità internazionale faccia molto, anche perché spesso i regimi che più si danno da fare contro le minoranze sono quelli con cui l’occidente ha stretti legami (India, Cina, Pakistan, solo per citarne tre). Tra questi 62 paesi, in 28 si può parlare a pieno titolo di persecuzione: Afghanistan, Pakistan, Cina, Corea del nord, Nigeria, India, Burkina Faso, Mali, Ciad, Camerun e, tra gli altri, la “novità” Nicaragua. Nella seconda categoria, quella in cui si parla di “discriminazione”, rientrano 33 stati sovrani. In altri 43, la situazione è peggiorata rispetto al biennio precedente. Il rapporto evidenzia come le minoranze religiose si trovino in condizioni sempre più drammatiche: in qualche caso sono a rischio estinzione, il loro patrimonio culturale e religioso è ormai ridotto e gli ostacoli posti in essere dalle autorità fanno il resto: restrizioni finanziarie, modifiche alle leggi elettorali, proliferazione di norme anti conversione.
E’ comunque non del tutto esatto parlare di “minoranze perseguitate”, perché a esserlo oggi sono intere popolazioni. Si prenda il Nicaragua, ad esempio, dove la Chiesa è nel mirino di Daniel Ortega – il presidente brasiliano Lula gli chiederà di rilasciare il vescovo Rolando Alvarez, in galera da febbraio con una condanna a ventisei anni per disobbedienza e terrorismo – che ha vietato le processioni in strada e ha cacciato le missionarie di Madre Teresa. Quasi la metà dei paesi in cui la persecuzione è cruenta, però, è in Africa (tredici su ventotto) e in particolare nell’area del Sahel. Il Burkina Faso, nella sua parte settentrionale, è l’epicentro dei nuovi califfati, senza che il mondo lo sappia. Ancora, l’India: sui ventotto stati che compongono la federazione, in dodici sono in vigore leggi anti conversione. Se un induista vuole convertirsi al cristianesimo o all’islam, può essere condannato fino a dieci anni di carcere. Ma se un cristiano o un musulmano vuole diventare induista, viene premiato con prebende finanziarie.
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