Conversazioni sulla Chiesa. Appunti per il Sinodo
Secolarizzazione, scristianizzazione, domanda religiosa. La genialità teologico-culturale di Henri De Lubac e Hans Urs von Balthasar offre risposte illuminanti a problemi ancora oggi aperti
Pubblichiamo la prefazione di Angelo Scola, cardinale arcivescovo emerito di Milano, alla nuova edizione di “Conversazioni sulla Chiesa”, il volume edito da Itaca (208 pp., 18 euro) e curato da Jean-Robert Armogathe che ripropone le interviste che nel 1985 Scola fece a Henri De Lubac e Hans Urs von Balthasar.
Nella primavera dell’anno scorso ho ricevuto in omaggio dall’editore CERF di Parigi il volume in cui sono state raccolte le due interviste da me fatte nel 1985 rispettivamente al cardinal Henri De Lubac e al cardinale eletto Hans Urs von Balthasar.
L’idea nacque da me e dal giornalista di 30Giorni Alver Metalli in occasione del Sinodo dei Vescovi del 1985 indetto da San Giovanni Paolo II per il 20° anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II.
Io non sapevo nulla di questa riedizione dei due testi, il primo pubblicato nel 1985 in coedizione da France Catholique e CERF e ripubblicato da CERF nel 2007 (De Lubac) e il secondo pubblicato in tedesco nel 1986 da Schwabenverlag (Balthasar).
L’iniziativa di questa nuova edizione francese è stata di Jean-Robert Armogathe, professore emerito della Sorbona e coordinatore delle diverse pubblicazioni di Communio. Egli ha voluto dedicarla alla mia persona in occasione dell’80° compleanno. Oltre a ciò il professor Armogathe ha rivisto con attenzione i testi e li ha accuratamente annotati.
E’ importante anche precisare che sia De Lubac, sia von Balthasar avevano ampiamente rielaborato entrambi i loro testi iniziali sulla base del manoscritto in lingua italiana da me fornito loro.
Ora il dott. Eugenio Dal Pane, fondatore e direttore dell’editrice Itaca, ha preso l’iniziativa di pubblicare in italiano il volume edito da CERF.
Credo che sia normale interrogarsi sulla sua attualità. Ha veramente senso ripubblicare due testi che hanno ormai quasi quarant’anni di vita, stanti tutti gli eventi succedutisi in questi decenni nella Chiesa e nella società?
In una parola, queste due interviste, sia pur molto articolate, sono ancora in grado di suscitare l’interesse dei lettori di oggi? I mutamenti verificatisi nella Chiesa e nella società stessa, a cavallo dei due secoli XX e XXI, non sono di tale portata da vanificarne l’attualità? In occasione della scelta dell’editore italiano mi sono molto interrogato su come rispondere a queste domande. Alla fine mi sono convinto che la genialità teologico-culturale dei due autori ha offerto risposte illuminanti, ovviamente a diversi gradi di intensità, a problemi ancora oggi aperti.
Sarà utile in ogni caso soffermarci molto sinteticamente sull’evoluzione della realtà socio-culturale, e in particolare di quella cristiana, avvenuta in questi decenni.
Nel momento della definitiva revisione di questi testi da parte di De Lubac e di von Balthasar si stava attraversando quella che Charles Taylor, nel suo poderoso volume L’età secolare, aveva definito come la terza fase della secolarizzazione. E’ noto che il filosofo canadese formula una triplice articolazione, per certi versi corrispondente anche a una triplice fase, del fenomeno della secolarizzazione. “Il primo livello registra il fatto che le società moderne, a differenza delle precedenti, non si considerano più legate nelle loro istituzioni (dallo Stato in giù) a qualche devozione o fede in Dio. Le Chiese sono ormai separate dalle strutture politiche e la religione tende a ridursi a una questione privata”. Su questo primo livello si innesta la “secolarizzazione 2” che mostra una diminuzione della credenza e della pratica religiosa. Per Taylor tuttavia il nucleo della secolarizzazione delle odierne società euroatlantiche va ricercato più in profondità. Egli parla di una “secolarizzazione 3” che include la fase 2 e non è slegata dalla 1. Essa consiste nel considerare la fede in Dio come un’opzione tra le altre. “Siamo passati da una società nella quale era virtualmente impossibile non credere in Dio ad una in cui, anche per il credente più devoto, questa è solo una possibilità tra le altre”.
Senza entrare in un’articolata valutazione dell’analisi di Taylor, le oppongo due dati: anzitutto la domanda sul senso del vivere è inevitabile, se la pongono tutti, indipendentemente dalla risposta. E non è necessario giungere all’età avanzata per prenderla in considerazione. Certo, da giovani si può eluderla in mille modi, ma non sradicarla dal proprio cuore.
Parlando di umanesimo esclusivo per descrivere lo stato delle cose, come fa Taylor, non si va al nocciolo del problema
Inoltre, ed è il secondo dato, la domanda ultima è per sua natura non solo filosofica, ma è domanda religiosa. La riprova sta nel fatto che il senso religioso è inestirpabile. Lo si può seppellire sotto mucchi di detriti ma, come i fili d’erba a primavera, ritornerà a spuntare.
Parlare quindi di umanesimo esclusivo per descrivere lo stato attuale delle cose, come fa Taylor, può al massimo individuare una categoria sociologica di qualche utilità, ma non va al nocciolo del problema.
Il cuore dell’uomo non può rassegnarsi al divieto ultimamente nichilista rinunciando all’ipotesi che ogni possibile – tutto il possibile – sia realmente possibile. Lo suggerisce un’osservazione memorabile del profondo, quanto bizzarro, pensatore apolide George Steiner: “Per me esiste la pressione assolutamente innegabile di una Presenza”. I fini trascendenti rinascono immancabilmente dalle loro stesse ceneri.
Forse un po’ rapidamente possiamo affermare che la domanda religiosa è ben presente nella vita degli uomini di oggi e si fa sentire nella loro quotidiana esperienza, al di là della consapevolezza che riescono ad averne e indipendentemente dal modo con cui provano a comunicarla.
In ogni caso chi gode dell’incontro con Cristo, non può rinunciare a comunicare la sempre nuova e sorprendente bellezza del Vangelo. Come potremmo altrimenti spiegare l’esistenza dei tantissimi martiri di questi nostri tempi, unico argine al “male ingiustificabile” (Nabert) del terrorismo e delle varie forme di guerra? Come interpretare l’“incredibile” disponibilità a donare la vita dei martiri di Tibhirine e delle sorelle di Madre Teresa nello Yemen? Non si può negare che queste, insieme a numerose altre figure di santi attuali, continuino ad essere oggetto di ammirazione anche da parte dei giovani. La questione della meta nel suo significato religioso ultimo, si ripresenta, inesorabile.
Inoltre conviene riconoscere che oggi, all’alba del Terzo Millennio, la situazione è mutata. Come mostrano i più acuti studi attuali sul tema, il processo di secolarizzazione ha concluso la sua parabola originata dalla critica radicale circa la possibilità che Gesù Cristo, realtà singolare e storicamente situata, potesse rappresentare una chiave interpretativa dell’universale. Il processo di secolarizzazione ha attraversato diverse fasi fino all’epoca contemporanea in cui da Hume, Kant, Hegel fino ai tre maestri del sospetto – Marx, Nietzsche e Freud – si sono cercate alternative a Gesù Cristo come chiave interpretativa. L’intenzione era appunto quella di rinvenire la possibilità di un universale singolare capace di spiegare il tutto. Di fatto però questo sforzo si è esaurito ed è sfociato in diverse forme di nichilismo. “La crisi dell’universale in Occidente è anzitutto crisi della religione, anzi più precisamente di una religione ben precisa… è la crisi della cristianità sacrale che dopo la Riforma si divide in due opposti schieramenti, impegnati a combattersi in una serie di guerre devastanti per il continente. I primi passi della filosofia moderna possono essere letti, tra l’altro, anche come il tentativo di preservare l’universale del cristianesimo senza il cristianesimo. Il risultato fu una radicale messa in discussione del valore universale della singolarità cristiana. Mentre la fede veniva ridotta a una questione privata, facevano la loro comparsa altri universali secolarizzati: la Scienza, la Ragione, il Diritto, la Storia, poi più rozzamente la Razza, la Classe o il Mercato”.
Con questo giudizio sulla fine della secolarizzazione vogliamo limitarci a far emergere la necessità di una lettura contemporanea della situazione con la formula felice utilizzata da Papa Francesco per definire l’epoca presente; “Quella che stiamo vivendo non è solo un’epoca di cambiamenti ma un cambiamento d’epoca”.
Significativo in proposito il giudizio dello studioso delle religioni Jean-François Colosimo il quale prevede che già fra dieci anni in Europa e in America alla domanda circa la religione di appartenenza la maggioranza relativa risponderà “nessuna” superando il gruppo dei cattolici e dei protestanti. Ad aggravare la sua “profezia” Colosimo aggiunge che il progredire di tale scristianizzazione arriva non dall’esterno ma dall’interno della vita della Chiesa stessa.
Francesco Botturi nel suo volume Universale, plurale, comune descrive sinteticamente la storia paradigmatica della secolarizzazione marcando soprattutto “gli atteggiamenti dottrinali più significativi nei confronti dell’umanesimo cristiano e della sua universalità” per giungere alla conclusione che “il tentativo speculativamente più elevato che la secolarizzazione ha prodotto è stato quello della ricomprensione della religione e del cristianesimo come parti della più vasta totalità razionale”.
Le riduzioni del fatto cristiano a etica o a forma mistico-religiosa hanno condotto ad un vicolo cieco
Le progressive riduzioni del fatto cristiano a etica o a forma mistico-religiosa della coscienza metafisica dell’umanità hanno condotto ad un vicolo cieco descritto da Barth con queste parole: “L’uomo è rimasto solo nel gioco, in quanto egli solo è divenuto soggetto mentre Cristo è divenuto il suo predicato”. Da qui il passo all’ateismo e poi al nichilismo che porterà alla crisi radicale è tracciato.
Tornando alle due interviste mi sembra di poter dire che molti sono i segni e gli argomenti che possono aiutarci, anche oggi, a illuminare meglio l’attuale situazione della Chiesa nelle società opulente del Nord Occidente del pianeta.
Anzitutto ci aiutano a capire che il processo di scristianizzazione non si è fermato con la fine della secolarizzazione. In che modo? Per spiegarmi meglio si rende necessaria una precisazione. De Lubac e Balthasar affrontano problemi e sollevano questioni che lasciano intravvedere la natura del cambiamento in atto almeno mostrandone le radici. Gli autori inoltre si spingono fino a mostrare come i tratti dell’avvenimento di Cristo e della communio ecclesiale che ne consegue mantengano una sorprendente attualità.
E’ nota l’affermazione di Balthasar che suona all’incirca così: “Se viene meno il cristianesimo, non si torna al Primo Testamento, ma a un neo paganesimo”. De Lubac parlava in proposito della tendenza alla mondanità spirituale. Papa Francesco ha ripreso più volte l’espressione delubachiana per mostrare che questa tentazione è in fondo un male interpretato adattamento della verità, della bontà e della bellezza dell’avvenimento di Gesù Cristo alla cultura dominante.
Sinteticamente si può indicare il centro di questo assai insidioso atteggiamento nella radicale rottura tra l’io e il noi che sta sempre più investendo le nostre società. Non è questa la sede per indagarne le cause. Si può però dire che esse sono correlate all’inevitabile ricerca del senso della vita, del perché, ma ancor più del per chi io vivo: nessun uomo può vivere, ne sia cosciente o meno, senza avere un’idea del significato e della direzione del suo esistere.
Mi sembra utile indicare quelli che sono possibili titoli dei temi trattati dai due autori per facilitare la lettura non sempre immediata del genere intervista.
Quanto a De Lubac sarà utile per il lettore attento il riferimento al volume in cui Balthasar, al compimento dei 90 anni di De Lubac, presenta una lettura sintetica ma efficace di tutte le sue opere: H.U. von Balthasar, Il padre Henri De Lubac, La tradizione fonte di rinnovamento, Jaca Book Milano 1986, I ristampa. Il testo è introdotto da una profonda e delicata lettera di augurio. In ogni caso i temi maggiori dell’intervista a De Lubac ruotano intorno all’avvenimento del Concilio Vaticano II a cui egli partecipò e alle vicende del cosiddetto post Concilio. Ampio spazio viene dedicato ad un pronunciamento sui vari documenti che il Concilio ha prodotto in particolare sulle quattro Costituzioni. Non mancano significativi elementi autobiografici, anche legati alla prova quasi decennale del silenzio che De Lubac dovette mantenere in seguito alle polemiche suscitate dalla pubblicazione del Surnaturel (1946). Il suo percorso si snoda, secondo la presente pubblicazione degli Entretiens, in dieci tappe: 1) Prologo su un tempo lontano; 2) Il Vaticano II e il Soprannaturale; 3) Sommovimenti intorno al Concilio; 4) Le Costituzioni conciliari; 5) Il Capitolo III di Lumen gentium; 6) Modernità, secolarismo, gnosi; 7) Esegesi e teologia; 8) Il mito di Fourvière; 9) La Chiesa e l’avvenire; 10) Giovanni Paolo II e Joseph Ratzinger.
Più facile è indicare il percorso seguito dal cardinale eletto von Balthasar nell’intervista.
Dopo una breve premessa, egli sviluppa in sostanza i seguenti temi: 1) Chiesa nel mondo di oggi; 2) Illuminismo, Ebraismo; 3) Sulla teologia della Liberazione; 4) Esiste una cultura cristiana?; 5) Il complesso antiromano; 6) Chiesa, carismi e movimenti; 7) A proposito di sessualità e di speranza.
Per concludere, non mi resta che elogiare il coraggio dell’Editore italiano per essersi gettato in questa ardimentosa impresa. Auguro al lettore, come è avvenuto per me nel riprendere in mano questi testi, di trarne sorprendente giovamento.