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L'intervento.

Postille sul Sinodo, perché si ricordi di Gesù e realizzi l'unità della Chiesa

Peppino Zola

Domande, preoccupazioni e speranze: la lettera di un fedele laico di strada

Al direttore -  Mi complimento per il lungo articolo dedicato al Sinodo da Matteo Matzuzzi sabato scorso, che ha descritto la complessità di un evento dai contorni ancora molto confusi (e in casa cattolica molti bisbigliano che la confusione è grande, anche se poi non hanno l’ardire di dirlo pubblicamente). Da povero “fedele laico di strada” (non ci sono solo i “preti di strada”) penso di essere autorizzato dal battesimo e dalla lunga appartenenza al popolo cattolico (dopo una imprevedibile e graziosa conversione) di porre alcune domande e accennare a qualche osservazione e preoccupazione, tutte dettate dal profondo amore per Santa Madre Chiesa, voluta da Cristo per annunciare nei secoli il Vangelo. E nel totale rispetto della grande intenzione di rendere comprensibile l’annuncio cristiano agli uomini e alle donne di oggi.

1) Mi pare di constatare che nelle tante parole e nei tanti scritti dedicati al Sinodo il grande assente sia proprio Gesù. Vengono espresse tante preoccupazioni, della più svariata natura, ma tutte sono dirette a fissare nuove “regole” per la vita cristiana e non, innanzi tutto, a rinnovare l’affetto e il legame con la persona di Cristo. Se non si riparte da tale rapporto, penso che poco di veramente nuovo possa essere prodotto. E, soprattutto, la Chiesa difficilmente può dire cose nuove di sé senza annunciare, innanzi tutto, la bellezza e la straordinarietà della presenza di Dio tra di noi, la vera rivoluzione avvenuta nella storia. Forse tutto ciò viene dato per scontato, ma non si può dare nulla per scontato, se non altro perché tale presenza è tutti i giorni nuova e tale novità deve essere continuamente annunciata, come fosse la prima volta. Non sono nuove “regole” (la “legge” di cui scrive san Paolo) che garantiscono una vita nuova, ma la comunione personale e comunitaria con Gesù. Grave errore, penso, darlo per scontato.

 

2) Molte parole pronunciate in vario modo da  persone autorevoli e da partecipanti al Sinodo mi fanno sorgere una domanda: ma si tratta di un Sinodo o di un Concilio? Perché, se molti si pongono le stesse domande che tanti si ponevano prima che iniziasse il Concilio Vaticano II, questo dubbio mi pare legittimo. E non pochi fedeli laici hanno questo dubbio. So che la risposta è già stata autorevolmente data, nel senso che non si tratterà di un concilio, ma il comportamento di tanti (soprattutto di alcuni vescovi tedeschi) fa permanere la domanda. Spero, comunque, che il Sinodo rimanga rigorosamente dentro i suoi confini naturali e storici. Mi pare che il suo compito sia quello di indicare la strada attuale per vivere l’eterna verità di Cristo, non quello di cambiare, in qualche modo, la natura stessa della Chiesa. Pregherò per questo. 

3) Nella ricerca di essere adeguati ad annunciare la buona novella nei tempi presenti, perché non si guarda, innanzitutto, a tutti coloro (e sono tanti) che sicuramente sono stati mandati e assistiti dallo Spirito Santo, con i carismi gratuitamente loro donati? Mi riferisco ai santi contemporanei fioriti dentro la grande esperienza della Chiesa. Penso a Santa Teresa di Calcutta con la sua straordinaria testimonianza di come vivere la dimensione della carità; penso a San Paolo VI con la sua capacità di dialogare, anche drammaticamente, con il pensiero moderno; penso a San Giovanni Paolo II con il suo coraggio di annunciare apertamente Cristo agli uomini e alle donne di oggi ed alla sua straordinaria catechesi circa la corporeità con la quale ognuno di noi si pone in rapporto con Dio e con gli uomini; penso ai fondatori dei grandi movimenti ecclesiali (non ancora dichiarati santi, ma prima o poi lo saranno) che hanno parlato ai giovani e agli adulti dei nostri tempi, riuscendo ad aggregare un grande popolo proprio mentre sembrava che Cristo non interessasse più alla gente: e lo hanno fatto, trasmettendo, con il loro carisma, la passione e il fascino del rapporto con Cristo, da cui sono nate anche grandi opere, altrimenti impensabili. Perché non imparare da questi santi, che hanno risposto esistenzialmente alle domande di senso dell’uomo moderno, senza mai sognarsi di dovere aggiornare la dottrina e la verità proclamata nei secoli dalla Chiesa? Perché di loro si parla ufficialmente bene, ma poi non li si segue nelle varie pastorali dei singoli paesi? Penso che se lo Spirito ci ha mandato questi “santi” in un’epoca in cui sembra prevalere ogni sorta di ateismo (almeno in occidente), forse è perché abbiamo ad imparare da loro la strada da percorrere. Santi contemporanei per gli uomini contemporanei: e allora, perché non imparare da loro, che sono i nostri veri “facilitatori”? Sarebbe più semplice seguire questi che spaccare il capello in quattro per trovare nuove “regole”.

4) Almeno in Italia, si dice che, per la preparazione di questo Sinodo, è stato coinvolto il popolo cristiano. Quando partecipo alla messa feriale e a quella domenicale e guardo, con una certa tenerezza, al pio popolo presente (sempre più piccolo), ho l’impressione che “quel” popolo reale, quelle sante vecchiette e quei miti anziani non siano stati implicati in vista del Sinodo: sono stati sentiti, in realtà, i soliti noti. Come ha scritto Matzuzzi, “il coinvolgimento, tranne rare eccezioni, ha riguardato chi già s’impegna nella vita quotidiana della Chiesa”. Ma il vero popolo di Dio è ancora molto più vasto di chi “già s’impegna”! E il popolo più vasto, posso testimoniarlo, guarda con indifferenza (quando guarda) alle vicende del Sinodo; e chi non è indifferente guarda al Sinodo con preoccupazione, perché senza chiarezza non può che esserci preoccupazione.

5) Infine, la mia preoccupazione principale. Ed è la preoccupazione per l’unità della Chiesa. Nel capitolo XVII del suo Vangelo, San Giovanni ci riferisce che Gesù, prima di essere arrestato, ha pregato intensamente e per una sola cosa. Ha pregato perché i suoi amici e i suoi discepoli fossero uniti e che la loro unità fosse perfetta. Non ha pregato perché fossero bravi o onesti o quant’altro: ha pregato per la loro unità. Penso che tutti dobbiamo pregare intensamente (io senz’altro più intensamente di quanto non faccia di solito) perché da questo Sinodo esca una Chiesa più unita, unita “perché il mondo creda”. Preghiamo perché questa sia l’intenzione di tutti i partecipanti al Sinodo, affinché poi il Pontefice possa annunciare questa unità, come servizio al mondo intero.

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