La Cei bacchetta Meloni sull'accordo con l'Albania sui migranti. Fine della benevolenza
Il cardinale Zuppi: "È un'ammissione di non essere in grado". Un campanello d’allarme che Palazzo Chigi non può trascurare, perché è la prima volta che esplicitamente la Cei contesta una misura del governo
Roma. La più chiara bocciatura dell’accordo siglato fra l’Italia e l’Albania sui migranti arriva dalla Conferenza episcopale italiana. Il suo presidente, il cardinale Matteo Maria Zuppi, intervenendo alla presentazione del rapporto Migrantes ha detto che “di per sé è un’ammissione di non essere in grado. Non si capisce perché non venga sistemata meglio l’accoglienza qui. Non c’è dubbio”. Inoltre, ha aggiunto, “mi sembra che ci siano anche delle discussioni all’interno della maggioranza, quello che sicuramente è importante è avere un sistema di accoglienza che dia sicurezza a tutti, a chi è accolto e a chi accoglie”. Un campanello d’allarme che Palazzo Chigi non può trascurare, perché è la prima volta che esplicitamente la Cei – che da lunedì si riunirà in assemblea ad Assisi – contesta una misura del governo guidato da Giorgia Meloni.
Fino a oggi, infatti, vigeva una sorta di generale benevolenza, senza attriti evidenti anche quando dichiarazioni e proposte di alcuni membri dell’attuale maggioranza non apparivano in sintonia con i programmi e i desiderata della Cei. E non essendo più l’episcopato della stagione ruiniana, non sarebbero mancate le occasioni per incidenti o tensioni palesi. Invece, niente di tutto questo. Anzi, dal quartier generale sull’Aurelia si è sempre sottolineato apprezzamento per le “capacità” della premier, così come attenzione e sostegno circa i progetti volti a contrastare il declino demografico. Anche sul capitolo migranti, il cui massimo referente in Italia è l’arcivescovo di Ferrara mons. Gian Carlo Perego – la cui convivenza con il sindaco leghista Alan Fabbri non è tranquilla – le prese di posizione dei vescovi sono state molto soft. Niente barricate insomma, ma dialogo. Stavolta, però, Zuppi non solo dice che trasferendo in Albania i migranti si ammette di non “essere in grado” di gestirli in Italia, ma rileva addirittura contrasti interni alla maggioranza. La questione si fa politica. E se per mesi da Palazzo Chigi si è sottolineata la sintonia con Papa Francesco – che pure aveva lanciato chiari segnali sul fronte migratorio a Marsiglia, lo scorso settembre – ora che i vescovi iniziano a mostrare insofferenza potrebbe venir meno l’ombrello “protettivo” sull’azione del governo.
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