Il vescovo di Anversa contro Israele: "Usa la Bibbia per i suoi omicidi"
Lettera di mons. Johan Bonny "agli amici ebrei", che però se la prendono e non poco. Ulteriore problema sulla strada del dialogo interreligioso
Mons. Bonny lascia da parte la consueta prudenza diplomatica che contraddistingue di solito le esternazioni episcopali. Il problema è quel che dice dopo, perché il discorso finisce sul terreno – delicatissimo – della religione
“Il vescovo sta importando il conflitto mediorientale in Belgio”, ha scritto il Jüdische Allgemeine commentando la lettera che il titolare della diocesi di Anversa, mons. Johan Bonny, ha spedito “agli amici ebrei”. I quali amici, però, hanno tutt’altro che gradito. Il vescovo – considerato il più progressista del suo paese, aperto sull’eutanasia e protagonista al Sinodo sulla famiglia per aver sostenuto le tesi più riformiste – ha preso carta e penna e scritto che “sul giornale di questa mattina ho letto che quattromila bambini sono già morti a Gaza, circa quattrocento ogni giorno. ‘Gaza è diventato un cimitero per bambini’, ha detto il portavoce dell’Unicef James Elder. E per tutti gli altri è un inferno vivente. L’occidente reagisce in modo confuso e contraddittorio. Molti si comportano da ‘neutrali’. Nel frattempo, le più grandi potenze militari sostengono l’esercito israeliano. Perché ‘è tutto molto complesso!’. Oppure: ‘Dobbiamo comunque sostenere una democrazia occidentale come Israele!’. Sto zitto come vescovo? Per chi o cosa dovrei trattenermi? L’esplosione è arrivata. L’offensiva finale sembra essere iniziata. Nessuno che creda ancora in una coesistenza pacifica nell’ex territorio del mandato della Palestina. I bambini devono morire. I giovani devono andarsene. Il resto si radicalizzerà (cosa farebbero altrimenti?). E dopo Gaza seguirà la Cisgiordania. Dove sono i diritti umani e il diritto internazionale?”.
Fin qui, niente di diverso dai tanti commenti che si sono letti in questo mese e mezzo benché mons. Bonny lasci da parte anche la consueta prudenza diplomatica che contraddistingue di solito le esternazioni episcopali. Il problema è quel che dice dopo, perché il discorso finisce sul terreno – delicatissimo – della religione: “E’ irritante come alcuni leader politici e militari in Israele abusino di temi biblici per legittimare le loro azioni omicide. Danneggiano l’immagine della loro religione e di tutte le religioni del mondo. Pervertono il significato delle più belle espressioni bibliche come quelle dell’Elezione, dell’Alleanza, della Promessa, dell’Esodo, della Terra Promessa e persino della Gerusalemme dell’epoca finale. Rafforzano l’impressione che la religione abbia a che fare con il sangue, con la terra e con la violenza. Certo – prosegue mons. Bonny – lo dico come cristiano. E come cristiano, devo anche trattare con cautela il nostro passato”. Quindi, l’affondo finale, ricordando che “Gesù era un giovane palestinese messo in croce”.
La lettera non è passata inosservata, anche perché Anversa vanta una comunità di ventimila ebrei, la più numerosa di tutto il Belgio. Sul Jüdische Allgemeine è stato scritto che mons. Bonny ha “attaccato la religione ebraica”. Tre membri dell’Istituto di studi ebraici dell’Università di Anversa hanno scritto una lettera allo Standaard per dire che secondo il vescovo, “il conflitto tra israeliani e palestinesi è dovuto al giudaismo. Bonny non distingue tra ebrei e israeliani, insinua persino che gli ebrei siano così genocidari che stavano solo aspettando di torturare e uccidere. E’ difficile capire come qualcuno che pensa così degli ebrei voglia avere amici ebrei”. Davanti alle critiche, però, il vescovo non ha ritrattato. Tutt’altro. Intervenuto sul canale fiammingo Vrt, ha detto che l’obiettivo di Benjamin Netanyahu è “la distruzione assoluta” di Gaza “fino all’ultimo uomo”, il tutto aggravato da una “giustificazione religiosa”. Tempi cupi per il dialogo interreligioso: mai come oggi, Israele e Santa Sede, ebraismo e cattolicesimo, appaiono così distanti.
Natale giubilare
Basilica leggendaria. Il nuovo museo di Santa Maria Maggiore
La Storia non era finita