La riflessione
L'ateismo di Rovelli e la personalizzazione indebita di uno spirito superiore
Manifestando il suo ateismo Carlo Rovelli ha commesso un errore che tutti gli scienziati dovrebbero evitare: nominare Dio. Dio è una Entità non commensurabile, una parola terrorizzante la cui evocazione implica una personalizzazione ingiustificata
"Un disegno poco intelligente” è il titolo, davvero infelice (dovuto, si spera, a uno sbadato editor del giornale) del lungo articolo, uscito il 18 marzo sul Corriere della Sera, in cui il brillante Carlo Rovelli, confortato dal teologo Giuseppe Tanzella-Nitti, intende volonterosamente negare che la scienza moderna abbia a che fare con ogni prova della esistenza di una divinità creatrice operante nell’Universo. Questa confutazione manca tuttavia il bersaglio principale della assai complessa questione perché ruota attorno alle ambiguità intrinseche, e alle circolarità logiche, di aspetti che di quella sono sostanzialmente marginali: il “fine tuning” e il “principio antropico”. In parole povere, secondo quest’ultimo, le condizioni iniziali e le costanti fondamentali che presiedono la Dinamica dell’Universo sono “provvidenzialmente” tali da garantire la nostra vita e l’esistenza del mondo animato o inanimato che ci circonda. Se quelle condizioni iniziali e quelle costanti fossero diverse (citazione dall’articolo di Rovelli: “Se il nonno paterno e la nonna paterna di Carlo [Rovelli (?) non si fossero] visti per la prima volta in una festa di paese nelle Marche…”) noi e il mondo che ci circonda saremmo altri, diversi etc. etc. Quindi “… non implica in alcun modo cercare di capire perché le costanti dell’Universo abbiano quel valore e non altro non possa essere un progetto fruttuoso…”.
Tutto bene: la Scienza non c’entra, ciascuno la pensi come gli pare, ateo o credente. E se credente, è credente solo per un atto irrazionale di “Fede”: Amen.
Ma è tutto qui? Per rispondere e per evitare ripetizioni affidiamoci a una testimonianza di Albert Einstein, noto agnostico e nemico di ogni religione: “Chiunque sia seriamente impegnato nel progresso delle scienze diventa cosciente della presenza manifesta di uno spirito immensamente superiore a quello umano, di fronte al quale dobbiamo sentirci umili a causa delle nostre modeste capacità. È così che dedicarsi alla scienza porta a un sentimento religioso un po’ speciale…” (A. E., Lettre a un enfant) E ancora: “Penso che l’intelligenza dell’Universo sia un miracolo o un miracolo eterno […] qui sta il punto debole degli atei di professione, felici perché pensano di aver liberato l’Universo non solo da ogni componente divina ma da ogni componente miracolosa. Il fatto curioso è che dobbiamo rassegnarci a riconoscere il miracolo senza che vi sia una via legittima per andare oltre…” (A. E., Lettera a M. Solovine). E ancora: “Un contemporaneo ha detto, non senza ragione, che nella nostra epoca generalmente votata al materialismo, gli scienziati seri sono i soli uomini ad essere profondamente religiosi” (A. E., Come io vedo il mondo).
Il problema è che l’uomo di scienza, ed anche il non scienziato è inevitabilmente chiamato dalla sua stessa intelligenza, a meno di forzare artatamente la natura di quest’ultima, a porsi la domanda cruciale: quali sono le cause della esistenza della Vita, della Natura che lo circonda, della estrema regolarità delle leggi della Fisica, della Chimica, della Cosmologia, della Biologia? È possibile che tutte queste esistenze e regolarità non siano dovute a effetti casuali avvenuti durante la vita del nostro Universo (13,8 miliardi di anni)? La scienza nasce proprio per dare risposte a queste domande. E negli ultimi decenni le risposte non tardano ad arrivare. Per esempio, secondo il biochimico Harold Morowitz dell’Università di Yale la probabilità che la più semplice cellula vivente nasca per caso è esprimibile da un numero eguale a zero virgola (340.000 zeri). Robert Shapiro, professore di Biochimica all’Università di New York ha calcolato che la probabilità che 2000 tipi di proteine presenti in un semplice batterio si formino per caso è esprimibile dal numero zero virgola (40.000 zeri). Potremmo continuare, ma per finire, ecco quanto disse il cosmologo di Cambridge, Fred Hoyle, ateo per tanti anni e poi convertito alla negazione dell’ateismo: “La teoria che vuole che la vita sia stata creata da una intelligenza superiore è talmente ovvia che ci si chiede perché non sia comunemente accettata. Le ragioni sono di ordine psicologico anziché scientifico” (F. H., Evolution from Space, pag.14). Ecco il punto: “Le ragioni dell’ateismo sono di ordine psicologico anziché scientifico”.
Quando con sorpresa io sento Carlo Rovelli, brillante autore di tanti scritti divulgativi, ma anche seriamente impegnato nella ricerca sulla gravità quantistica (Loop Quantum Gravity è un testo importante) manifestare pubblicamente il suo ateismo non posso che pensare a un errore che tutti noi dovremmo rigorosamente evitare: NOMINARE DIO. Dio, una Entità da noi non commensurabile, è infatti una parola terrorizzante la cui evocazione implica una personalizzazione indebita. Sono sicuro che qui la psicologia gioca un ruolo importante: per molti atei, e forse anche per Carlo, la figura di Dio è rimasta dagli anni dell’infanzia quella del molto noioso vecchio con la fronte ampia e la lunga, molto lunga barba bianca…
Francesco De Martini, Accademia dei Lincei
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