(foto LaPresse)

Saverio ma giusto

“Frociaggine” è un vero segnale di integrazione capitolina del Papa

Saverio Raimondo

Una volta, in Vaticano, per fare fuori un Pontefice bastava un caffè, ora invece hanno acquistato anche loro su Amazon la macchina del fango, quella con le cialde di melma

Sono scandalizzato da quelli che si scandalizzano per il Papa. A parte il fatto che la notizia non è che Papa Francesco, in dei colloqui privati, a porte chiuse, abbia detto che nei seminari (o nella Chiesa cattolica in generale) “c’è già troppa frociaggine” e che “il chiacchiericcio è roba da donne”; semmai, la notizia è che certe cose ora escano dal contesto riservato nel quale vengono dette, per essere invece raccontate ai giornalisti. Una volta, in Vaticano, per fare fuori un pontefice bastava un caffè; ora invece hanno acquistato anche loro su Amazon la macchina del fango – quella con le cialde di melma. Ma voglio dire: o uno è un ignorante e non ha mai letto manco per sbaglio un libro di storia, nemmeno a scuola, e quindi non sa nulla di nulla delle Crociate, dei Borgia, di secoli di storia, o sappiamo tutti benissimo che dietro a quelle porte vaticane è stato detto – e fatto – ben di peggio di “frociaggine” e “roba da donne”. A parte il possibile bias linguistico di chi si esprime in una lingua non sua, né in quella ufficiale dello stato di cui è capo (come si dice “frociaggine” in latino?), vorrei far notare che da parte del Pontefice l’utilizzo di certe espressioni è segnale d’integrazione, specie nella città di Roma. “Frociaggine” infatti è un termine molto capitolino, che sta anche a intendere un certo eccesso kitsch, una “frociaggine” appunto – o “frociata”, o “froceria”. (Per altro, in tal senso, un giudizio che non mi sento nemmeno di biasimare: ma li avete visti i paramenti sacri in uso nella chiesa cattolica, e in generale il look sacerdotale?). Oltre tutto il Papa viene spesso criticato per esprimersi su argomenti che “non conosce” (la maternità, il sesso…); per una volta che dice la sua su ciò che conosce bene – cioè la Chiesa di Roma – forse tocca starci e considerarlo un commento pertinente e autorevole.

Ma a scandalizzarmi, più dei “progressisti” che si scandalizzano, sono i “reazionari” che hanno gongolato per le parole private del Papa, come a dire “ecco, visto che falso il vostro Papa?”. Come se non lo sapessero – o non lo sanno davvero? ma in tal caso, dove vivono? – che anche i progressisti dicono certe cose, a porte chiuse. Io stesso conosco almeno una decina di attivisti/e degli asterischi e delle schwa che in privato, fuori dai loro profili Instagram, parlano come parliamo tutti, vocali finali comprese; perché l’algoritmo è una cosa, la vita reale è e resta un’altra. Cinismo? Ipocrisia? Mi sembra molto più ipocrita far finta di non sapere che l’ipocrisia è parte essenziale della vita in società, e che la sua pratica (sempre discreta, mai apertamente ammessa, altrimenti che ipocrisia sarebbe?) è costruttiva e civile. In generale, non capisco lo scandalo come sentimento: nulla mi scandalizza né mi sorprende, l’essere umano è capace di tutto (entro le leggi della fisica, e alle volte persino oltre); di cosa ancora ci stupiamo? Dovremmo imparare, piuttosto, a giudicare meno la realtà, e a “surfarla” un po’ di più; stare al mondo, invece di condannarlo o promuoverlo a seconda. Per esempio, all’atto pratico (non c’entra niente con il resto del pezzo, ma la domanda mi tormenta da giorni, la devo fare): dopo quanto detto da Meloni a De Luca qualche giorno fa, se io domenica alle urne scrivo “stronza” sulla scheda elettorale, il voto va automaticamente a Giorgia Meloni “detta Giorgia” “detta stronza”? Chiedo.

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