Abbagli
La ritrovata loquacità dei vescovi finisce per esaltare chi voleva punire la Chiesa
Il motore della costruzione europea è stato avviato da Konrad Adenauer, Robert Schuman e Alcide De Gasperi. Tre leader cattolici (uno, il francese, in odor di beatificazione) che tratteggiarono un'Europa “delle cattedrali” ben diversa da quella prospettata da Spinelli & Co
Dalla lotta per la salvaguardia della Costituzione al giubilo per il Manifesto di Ventotene. C'è un problema, ben più serio della presunta ingerenza
Roma. La Conferenza episcopale italiana è definitivamente uscita dal letargo. A pochi giorni dalle elezioni (le europee, in questo caso), i vescovi hanno recapitato messaggi chiarissimi a Palazzo Chigi: no al premierato e no all’autonomia differenziata. Se sul primo punto è stato il cardinale Matteo Zuppi a esprimere qualche dubbio nel corso di una conferenza stampa, sul secondo è stata diffusa addirittura un’inusuale Nota che dà conto delle preoccupazioni di popolo e clero sul provvedimento caro alla Lega. Il governo ha risposto con la premier Meloni, infastidita dalla ritrovata loquacità della Cei, anche perché – secondo quanto pubblicato dal Foglio nei giorni scorsi – all’origine dello scontro c’è la decisione del governo di aggiungere una voce all’otto per mille (il recupero dalle tossicodipendenze) che finirà per ridurre gli introiti alla Chiesa cattolica, per altro in calo già da un ventennio. I vescovi avevano auspicato un ravvedimento, ma il governo ha confermato la misura. Il giorno dopo è arrivata la Nota contro l’autonomia. Qualche vescovo italiano ha fatto presente il rischio di ingerenza in materie che poco o nulla hanno a che fare con la dottrina sociale della Chiesa, ma gli esponenti più in vista della Cei hanno conquistato la scena dettando l’agenda: difesa della Costituzione e dell’unità nazionale e rimbrotti alle reazioni della premier per quelli che vengono definiti “incomprensibili attacchi” all’episcopato. Dopo gli anni del disorientamento seguìto agli input dati dal Papa nel corso del primo incontro con i vescovi, nel 2013, la Cei torna a parlare come non faceva da tempo, dagli anni segnati dalla presidenza di Camillo Ruini: allora vi furono accuse di indebita ingerenza, si diceva che i vescovi si intromettevano negli affari dello stato, che auspicavano la vittoria di questa o di quella coalizione alle elezioni, che davano pareri sui referendum. No Vatican, no Taliban, urlavano i radicali.
I giornali mainstream chiedevano di rivedere il Concordato, prendevano a esempio la laicité francese (prima che questa si riducesse a vietare i presepi pubblici e a togliere le croci dagli stemmi cittadini se capaci di urtare qualche sensibilità), intervistavano imam contro il crocifisso nelle aule scolastiche, s’interrogavano sul senso dell’ora di religione da proporre agli alunni italiani. All’epoca l’ingerenza in questione riguardava la bioetica, dalla fecondazione assistita a – più tardi – il fine vita, con il caso simbolo di Eluana Englaro. Oggi il campo di battaglia è la difesa della Costituzione, il che è comprensibile considerato lo spostamento dell’episcopato italiano su linee più vicine al cattolicesimo democratico. Il problema è che si è andati oltre, quando il vicepresidente della Cei per il sud, mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio e lì promosso in sostituzione di mons. Nunzio Galantino, in un’intervista si è augurato “che l’Europa torni a essere coerente con lo spirito di Ventotene, che prevalgano i princìpi della solidarietà, della condivisione e della fraternità. Un’Europa dove non prevalgano le logiche identitarie che negano le aperture, un’Europa inclusiva. Vorrei che da queste elezioni venisse fuori un’Europa a due polmoni: la sovranità europea e la sovranità nazionale non in contrapposizione ma in un rapporto di reciprocità e corresponsabilità”. Problema serio. Perché quel Manifesto afferma tra i suoi princìpi che “il concordato con cui in Italia il Vaticano ha concluso l’alleanza col fascismo andrà senz’altro abolito per affermare il carattere puramente laico dello stato, e per fissare in modo inequivocabile la supremazia dello stato sulla vita civile. Tutte le credenze religiose dovranno essere egualmente rispettate, ma lo stato non dovrà più avere un bilancio dei culti”. Il vicepresidente della Cei intendeva questo? La Conferenza episcopale italiana dunque sogna “in modo inequivocabile la supremazia dello stato sulla vita civile?”. Forse mons. Savino, che è uno dei presuli più loquaci, si è fatto trascinare dalla moda del momento – Ventotene e Spinelli si citano sempre quando bisogna parlare di Europa facendo bella figura – ma di certo non può non sapere che il motore della costruzione europea è stato avviato da Konrad Adenauer, Robert Schuman e Alcide De Gasperi. Tre leader cattolici (uno, il francese, in odor di beatificazione) che tratteggiarono un’Europa “delle cattedrali” ben diversa da quella prospettata da Spinelli & Co. Al vescovo di Cassano all’Jonio e vicepresidente della Cei, forse, basterebbe rileggere quanto recita il decreto che proclama venerabile Schuman: “Fedele laico, uomo di governo al servizio di uno stato laico, rispettava pienamente la laicità dello Stato, ma non acconsentì mai ad agire contro coscienza, formata all’obbedienza dei comandamenti di Dio e delle leggi della Chiesa”. Strano che un vescovo non lo sappia.